trilogia mentale

IL VATICANO ALLA SBARRA


Lunedì 16 maggio c.a. sarà resa pubblica la lettera a firma della Congregazione per la dottrina della fede (l'ex Sant'uffizio)contenente le indicazioni alle quali dovranno attenersi le Conferenze episcopali di tutto il mondo per frenare la diffusione della pedofilia nella Chiesa. Non è però ancora chiaro se il documento costituirà l'occasione per sollecitare in maniera esplicita i vescovi a collaborare con le autorità civili e a denunciare non solo alla Congregazione eventuali abusi compiuti da loro dipendenti.
Intanto per la prima volta il Vaticano dovrà fornire documenti interni alla giustizia degli Stati Uniti, che sta facendo luce sulla natura del rapporto di "lavoro" tra preti pedofili e la Santa Sede.Tutto ha inizio negli anni Sessanta, con una serie di trasferimenti dall'Irlanda a Chicago e poi a Portland approvati dalla Santa Sede per coprire Andrew Ronan, sacerdote pedofilo. Una delle vittime, avvalendosi dell'ottima difesa dell'avvocato Jeff Anderson ha accusato il Vaticano di non aver costretto il sacerdote a lasciare l'abito talare e di non averlo punito dopo le prime aggressioni, rendendosi in questo modo corresponsabile dei suoi crimini. Questo il motivo per il quale Jeff Anderson nel 2010 ha citato in giudizio il Vaticano presso il tribunale di Portland nell'Oregon. Il giudice a cui è stato affidato il caso ha stabilito che la Santa Sede deve essere considerata responsabile, in qualità di "datore di lavoro", per il trasferimento del sacerdote, deciso dalla diocesi. Il Vaticano ha presentato appello alla Corte Suprema contro questa decisione, quest'ultima pur non essendosi espressa sull'istanza e rimettendo la palla in mano al tribunale di Portland, non ha però riconosciuto l'immunità diplomatica del Vaticano dando il nulla osta all'eventualità di un processo contro la Santa Sede. In forza del pronunciamento della Corte suprema, il giudice Michael Mosman ha chiesto alla Santa Sede di produrre entro il 20 giugno un certo numero di documenti sulle regole interne della Chiesa relative alla gestione del clero, la loro nomina, i loro trasferimenti, le loro responsabilità, le loro scomuniche in caso di denunce per violenze sessuali. Non è questo l'unico caso di spicco che oppone il Vaticano ad Anderson (che a gennaio ha aperto anche uno studio a Londra per tutelare le vittime britanniche). Nei giorni scorsi, il testo di una denuncia contro papa Benedetto XVI e i cardinali Angelo Sodano e Tarcisio Bertone, a nome di un uomo che dice di essere stato vittima di un altro prete pedofilo, è stato consegnato al Vaticano attraverso i canali diplomatici ufficiali. L'uomo che ha sporto denuncia, Terry Kohut, di Chicago, è una delle vittime in Wisconsin di padre Lawrence Murphy, reo confesso di oltre 200 crimini pedofili in un collegio per sordomuti di Milwaukee negli anni Settanta. Anderson sostiene che Joseph Ratzinger e i cardinali Sodano e Bertone (all'epoca ai vertici della Congregazione per la dottrina della fede), devono essere considerati legalmente responsabili per le molestie, poiché il Vaticano non prese a suo tempo le misure necessarie per neutralizzare i preti pedofili.Il problema nasce dal fatto che la Chiesa cattolica, ponendosi al di sopra delle leggi degli Stati, considera ancora oggi la pedofilia un peccato e non un crimine. Questo spiega perché a fronte della tanto propagandata "tolleranza zero" di Benedetto XVI, si contino sulle dita di una mano i vescovi che nel mondo hanno denunciato all'autorità giudiziaria "civile" un pastore di anime sospettato di abusi.Quando un prete finisce alla sbarra è solo perché una vittima o i suoi familiari sono riusciti a fare breccia nell'impenetrabile cortina che le gerarchie ecclesiastiche e le leggi vaticane alzano intorno al pedofilo. Se lo scudo protettivo cade, oltre alla mostruosità del fatto non di rado emerge la serialità con cui è stato compiuto il crimine. Esempio lampante di quanto sopra riportato è dato dal caso italiano di don Pierangelo Bertagna l'ex parroco dell'abazia di Farneta (nel comune di Cortona in Toscana) reo confesso di abusi su 38 vittime, alcune delle quali non avevano nemmeno 10 anni.Il caso dell'ex abate è scoppiato nell'estate del 2005, quando i genitori di un tredicenne lo denunciarono ai carabinieri. Dopo una prima ribellione da parte della comunità locale che considerava l'abate un santo, l'apertura delle indagini produsse in poco tempo una sorta di effetto domino, con una catena di esposti presentati dalle famiglie di altri 15 bambini tutti appartenenti alla stessa parrocchia di Farneta, a lui affidati a vario titolo. Le indagini, condotte dal pm di Arezzo Ersilia Spena, portarono quindi all'arresto del religioso che nel corso dei diversi interrogatori arrivò a confessare altri 22 abusi compiuti prima di diventare sacerdote all'età di 39 anni. Crimini, questi, avvenuti in seminario, e presso le comunità che aveva frequentato nel nord Italia. Un violentatore seriale che, si legge nella sentenza di primo grado, "non cercava mai rapporti paritetici, ma si approcciava sempre a soggetti in stato di inferiorità (fisica, di età, di condizione) cercando di possedere e dominare l'oggetto" delle sue "attenzioni". Occasioni che Bertagna, oggi cinquantenne, si procurava con "lucidità", "creando le situazioni in cui rimaneva solo con i minori, in genere a lui affidati da ignari genitori". "In definitiva - cita ancora il testo - è risultato essere sempre lucidissimo nell'esecuzione dei crimini, dimostrando con ciò di saper bene controllare i suoi impulsi parafilici quando le circostanze sconsigliavano di agire. E tale lucidità è comprovata da diversi episodi". C'è poco altro da aggiungere, se non che in seguito alla sospensione a divinis avvenuta nel 2006 dopo le prime confessioni, era stato annunciato nei confronti di Bertagna anche il processo penale amministrativo "secondo le disposizione ecclesiastiche". Ma questo è decaduto dopo la concessione della dispensa dal sacerdozio ottenuta da Benedetto XVI. Dove sia oggi Pierangelo Bertagna non è certo. "Voci" non verificate lo davano agli arresti domiciliari in un convento o in un'abbazia del centro Italia, a meditare in vista della sentenza definitiva prevista l'11 maggio appena trascorso.Commento personale:La pedofilia non deve e non può essere definita un "peccato" e basta, perché un peccato può restare nascosto nel segreto del sacramento della confessione, un crimine invece va denunciato e punito e soprattutto l'attenzione alle vittime di abusi, al loro grido e alla loro sofferenza è a dimostrazione di una piena solidarietà nei loro riguardi. Note: Parte di quanto riportato è stato tratto da "Chiesa e Pedofilia" di Federico Tulli.