Post N° 17

Post n°17 pubblicato il 12 Gennaio 2009 da martin1972
Foto di martin1972

Durante l'udienza concessa questo lunedì ai membri dell'Amministrazione della Regione Lazio, della città e della provincia di Roma per il tradizionale incontro di inizio anno, Benedetto XVI ha sottolineato che per affrontare l'attuale crisi mondiale è necessaria una “formazione ai valori”, soprattutto per i giovani.

La crisi economica che sta colpendo la comunità mondiale, ha affermato, “è connessa a quella strutturale, culturale e di valori”.Questa crisi di valori, spiega, è evidente principalmente tra i giovani, in cui si affievoliscono “i valori naturali e cristiani che danno significato al vivere quotidiano e formano ad una visione della vita aperta alla speranza” ed “emergono invece desideri effimeri e attese non durature, che alla fine generano noia e fallimenti”.

Il Papa ha lamentato le notizie sulla violenza giovanile e la morte in incidenti, e ha spiegato che esiste un'“emergenza educativa” alla quale anche la Chiesa deve rispondere.

L'attuale “nichilismo”, ha osservato, ha come conseguenza la tendenza “a banalizzare il valore della stessa vita per rifugiarsi nella trasgressione, nella droga e nell’alcool, diventati per taluni rito abitudinario del fine settimana”. “Persino l’amore rischia di ridursi ad una semplice cosa che si può comprare e vendere e anzi l’uomo stesso diventa merce”.

In questo contesto, il Pontefice ha invitato i poteri pubblici a “dedicarsi seriamente ai giovani, a non lasciarli in balìa di se stessi ed esposti alla scuola di 'cattivi maestri', ma ad impegnarli in iniziative serie, che permettano loro di comprendere il valore della vita in una stabile famiglia fondata sul matrimonio”.

La Chiesa, ha sottolineato, “con un’intuizione che vorrei dire profetica”, “da anni concentra i suoi sforzi sul tema dell’educazione”.

Nel campo dell'istruzione, ha constatato, “è chiamata a dare il suo apporto stimolando la riflessione e formando le coscienze dei fedeli e di tutti i cittadini di buona volontà”.

E' inoltre una “priorità inderogabile” “la formazione al rispetto delle norme, all’assunzione delle proprie responsabilità, a una impostazione di vita che riduca l’individualismo e la difesa degli interessi di parte per tendere insieme al bene di tutti, avendo particolarmente a cuore le attese dei soggetti più deboli della popolazione, non considerati un peso, bensì una risorsa da valorizzare”.

“Forse mai come oggi la società civile comprende che soltanto con stili di vita ispirati alla sobrietà, alla solidarietà ed alla responsabilità, è possibile costruire una società più giusta e un futuro migliore per tutti”, ha riconosciuto il Vescovo di Roma.

Collaborazione della Chiesa di fronte alla crisi

Nella situazione attuale, il Papa ha invitato i pubblici poteri ad avere una volontà concorde “di reagire, superando le divisioni e concertando strategie che, se da una parte affrontano le emergenze di oggi, dall’altra mirano a disegnare un organico progetto strategico per gli anni futuri”.

In questo senso, ha riconosciuto l'opera che le istituzioni cattoliche, soprattutto le Caritas diocesane, stanno svolgendo nella regione, e ha chiesto “una sinergia fra tutte le Istituzioni per offrire risposte concrete alle crescenti necessità della gente”.

Allo stesso modo, ha incoraggiato una maggiore collaborazione tra Chiesa e poteri pubblici, “nel rispetto delle reciproche competenze”, in tutti i campi, incluso quello sanitario.

La Chiesa, ha ribadito, “non chiede né vanta privilegi, ma desidera che la propria missione spirituale e sociale continui a trovare apprezzamento e cooperazione”.





 
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Post n°16 pubblicato il 28 Dicembre 2008 da martin1972

 
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Natale 2008

Post n°15 pubblicato il 26 Dicembre 2008 da martin1972

 

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città.
Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta.
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».
E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
(dal Vangelo di Luca 2,1-14)

 
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Post N° 14

Post n°14 pubblicato il 26 Dicembre 2008 da martin1972
 

 
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Domenica 21 dicembre 2008 Quarta domenica di Avvento

Post n°13 pubblicato il 20 Dicembre 2008 da martin1972
Foto di martin1972

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.
(dal Vangelo di Luca 1,26-38)

Mi domando: ma c’era proprio bisogno dell’annunciazione a Maria dentro la storia di Gesù?
Se al centro del racconto del Vangelo c’è il Figlio di Dio fatto uomo, perché “perdere tempo” a raccontare anche questo episodio che riguarda sua madre? Dove sta la “buona notizia” di questo piccolo racconto?
Forse è inserito nel vangelo per mostrarci il buon esempio di Maria che è capace di accettare con generosità e coraggio questo grande e difficile incarico che le è stato affidato. E potrebbe anche farci fare un buon esame di coscienza sulla nostra poca capacità di ascoltare il Signore, dato che siamo sempre così presi ad ascoltare le tante voci del mondo, dei mass media, delle chiacchiere inutili che ci distraggono dalle parole più importanti di Dio, al contrario di Maria subito attenta alle parole dell’angelo.
Una tale interpretazione di questo episodio dell’annunciazione non risponde però alla domanda di fondo: in che modo questa storia è “vangelo”, cioè “buona notizia”? E’ solo una delle tante storie edificanti con morale finale?
L’annunciazione è “Vangelo” proprio perché ci racconta di Dio che sceglie di passare attraverso la “strettoia” di una vita umana piccola e normale per entrare nella storia del mondo con il suo dono di Salvezza che è Gesù.
Non sappiamo nulla della vita di Maria, nulla di eroico o particolare che possa mettere questa giovane al di sopra di altre ragazze donne del suo tempo. Non è una regina, una condottiera, figlia di qualche potente o personaggio famoso. Penso che se si volesse fare un film sulla vita di questa giovane donna di Nazareth ci si dovrebbe davvero inventare qualcosa di diverso e finto per poterla rendere davvero accattivante per il pubblico e non annoiarlo. Nei racconti degli evangelisti è la storia di suo figlio ad emergere, mentre lei appare pochissime volte e senza particolari clamori.
E’ questo, secondo me, che rende Maria “simpatica”, proprio perché è una di noi. Dio la sceglie nella sua normalità per un compito straordinariamente grande. Sta qui la “buona notizia” per me che leggo oggi la sua storia. E la leggo non per trovarvi insegnamenti morali o esami di coscienza, ma prima di tutto un annuncio che vuole ridarmi speranza: nessuna storia è esclusa dal piano di Dio, e l’Onnipotente si manifesta davvero nella normalità della vita. E proprio come l’angelo dice a Maria:“nulla è impossibile a Dio”, anche dentro le mie limitate possibilità e capacità. Non bisogna apparire in TV o farsi eleggere presidenti degli Stati Uniti per fare qualcosa di importante che incida nella storia. Se credo a quello che è capitato a Maria allora anche io so che attraverso i miei piccoli “si” quotidiani lascio entrare Dio nella storia del mondo.

Se c’è un insegnamento morale da sottolineare in questo racconto, questo sta nell’assumere un atteggiamento più positivo nei confronti della propria vita, un atteggiamento meno ripiegato su se stessi e sui propri problemi.
E nasce anche un compito da questo racconto, ed è quello di diventare dispensatori di speranza, dicendo a chi ci sta vicino, specialmente se triste e schiacciato dai pesi della vita, che proprio li dove sta vivendo, proprio li dove sente che la sua vita e quel che fa hanno poco sento, Dio è presente. La presenza di Dio, prima ancora che esser un giudizio, è una proposta e incoraggiamento, proprio come per Maria.
L’angelo (che è la voce di Dio) appena entra in scena si rivolge a lei con parole positive (“Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te”).
Sarebbe bello che le prime parole che ci rivolgiamo, ogni volta che ci incontriamo, non siano mai parole di immediata accusa, di giudizio definitivo o di comando perentorio, ma siano sempre parole (e anche atteggiamenti) con le quali ci comunichiamo l’un l’altro gioia e speranza.
Questo fa si che anche le nostre vive normalissime diventino come quelle della normalissima (ma per questo grandissima) Maria…
Giovanni don

 
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