...RIFLESSI DI VITA

Il caso Tortora


“Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche. Una me la consentirete: molta gente ha vissuto con me, ha sofferto con me questi terribili anni. Molta gente mi ha offerto quello che poteva, per esempio ha pregato per me, e io questo non lo dimenticherò mai. E questo "grazie" a questa cara, buona gente, dovete consentirmi di dirlo. L'ho detto, e un'altra cosa aggiungo: io sono qui anche per parlare per conto di quelli che parlare non possono, e sono molti, e sono troppi. Sarò qui, resterò qui, anche per loro. Ed ora cominciamo, come facevamo esattamente una volta »Enzo Tortora, 20 febbraio 1987.La fiction, mandata in onda da Rai1 domenica 30 settembre e lunedì 1 ottobre, “Il caso Tortora – Dove eravamo rimasti ?”, ha riportato alla memoria una delle pagine più nere e inaudite del sistema giudiziario italiano.Ma come è possibile che un uomo onesto possa essere giudicato colpevole senza alcun riscontro oggettivo ma solo perché un’orda di malavitosi lo indica come presunto camorrista e spacciatore di sostanza stupefacenti?E’ VERGOGNOSO!!!La vicenda giudiziaria, durata più di tre anni, è stata caratterizzata da falsità e calunnie. Senza a stare qui a ripercorrerla tutta voglio riportare  unicamente l’intervista  concessa al programma “La Storia siamo noi” dal  giudice Michele Morello nella quale racconta il suo lavoro d'indagine che ha portato all'assoluzione del popolare conduttore televisivo:« Per capire bene come era andata la faccenda, ricostruimmo il processo in ordine cronologico: partimmo dalla prima dichiarazione fino all'ultima e ci rendemmo conto che queste dichiarazioni arrivavano in maniera un po' sospetta. In base a ciò che aveva detto quello di prima, si accodava poi la dichiarazione dell'altro, che stava assieme alla caserma di Napoli. Andammo a caccia di altri riscontri in Appello, facemmo circa un centinaio di accertamenti: di alcuni non trovammo riscontri, di altri trovammo addirittura riscontri a favore dell'imputato. Anche i giudici, del resto, soffrono di simpatie e antipatie... E Tortora, in aula, fece di tutto per dimostrarsi antipatico, ricusando i giudici napoletani perché non si fidava di loro e concludendo la sua difesa con una frase pungente: «Io grido: “Sono innocente”. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi.» »Enzo Claudio Marcello Tortora - Genova, 30 novembre 1928Milano, 18 maggio 1988