EFFETTI PERSONALI

"AUTUNNO NEL CUORE"


 E siamo ancora in autunno! 
Amo le stagioni cosiddette, di transito. Una volta si chiamavano 'mezze stagioni'; oggi, in un' epoca in cui non ci sono neanche più quelle 'intere', le definiamo di 'transito'. Le amo, perché sono quei periodi dell'anno in cui ci si aspetta di tutto e il contrario di tutto: un'indecifrabile incognita! L'autunno, in linea di massima, coincide sempre con l'inizio della scuola, delle attività sportive e di qualunque altra cosa abbia una pausa durante i mesi estivi. E le vacanze estive per eccellenza, le più gradite, (le ferie dal lavoro seguono a ruota... ), da sempre, sono le vacanze scolastiche.
Gli anni delle medie, sono quelli che ricordo con maggior nostalgia; quelli furono gli anni in cui strinsi amicizie  che mi sarei portata appresso tutta la vita. Alcune nel quotidiano, altre, per vari motivi,  solo nel cuore. In quegli anni, abitavo in una piccola casa in periferia; alle sue  spalle, c'era la chiesa del quartiere. Proprio nel mezzo, una stradina, poco più di un sentiero, conduceva, in pochissimi minuti, a un delizioso boschetto.  Il boschetto, altro non era che un fazzoletto di terra, ricco, però, di una varietà incredibile di alberi e cespugli, tipici della vegetazione mediterranea. In tempi passati, probabilmente, era stato un vero e proprio, grande bosco, proprietà di qualche signorotto locale, arricchitosi ancora di più, per aver ceduto il suolo edificabile a palazzinari, che, in pochi anni, lo avrebbero trasformato in un popoloso quartiere. Durante i mesi estivi, noi ragazzini, ne avevamo fatto una specie di quartier generale; era lì che ci si dava un tacito appuntamento: se volevamo incontrarci, giocare, chiacchierare o decidere cosa fare, era quello il posto da raggiungere. In quel piccolo bosco, c'era una costruzione tipica del luogo, un trullo. Semi diroccato, sembrava più un cumulo di pietre che un'abitazione; e forse, non lo era mai stata, un'abitazione. Da queste parti, in passato, il trullo, specie se isolato, spesso, era adibito a capanno di caccia o ad altri usi. Nessuno di noi aveva mai avuto il coraggio di entrarci: il tetto, quel che restava, era visibilmente pericolante, e questo ci teneva alla larga, conferendogli un indiscutibile fascino. Nella piccola radura antistante il rudere, all'imbrunire, ci si sedeva a raccontarsi di tutto. Nelle ore più calde, o quelle rare volte in cui pioveva, riparavamo in  una zona  in cui la vegetazione era così fitta, da non lasciare passare nemmeno la luce del sole. Ricordo il frinire delle cicale, nei giorni di canicola, o il delizioso odore che scaturiva dopo l'acquazzone; a quei tempi l'inquinamento, specie in una piccola cittadina come la mia, era quasi zero, anche se già si udiva parlare di 'targhe alterne' e 'austerity'. Ma erano cose che, per noi ragazzini, non avevano importanza alcuna..... (segue...)
Amistad