L'uomo senza qualità

L'assente


  
Quando comparve, semplicemente, spalancò la porta. Non una parola. E si prese quello che, senza saperlo, era suo da sempre. Non c'era nulla che la potesse veramente fermare. Non io, né gli anni in cui l'avevo immaginata. Aspettandola. La prima volta indugiò qualche attimo sull'entrata, graffiando le pareti con uno sguardo. Poi, immobilizzò la luce con gli occhi e la scagliò tutt'intorno, rovesciando tavoli e sedie. Non toccò nessuno di quelli che stavano a guardarla, non quel giorno almeno, ma confuse i libri, le foto, i ricordi, lasciandoli all'apparenza intatti e irriconoscibili. Ad ogni suo ritorno si muoveva più sicura, passo dopo passo, a calpestare il grigio freddo dei corridoi, ed il legno stanco e rigato delle camere, cambiandone il disegno e la disposizione. E a poco a poco non ci furono che spazi per lei. Per lei sola. L'aria, al suo spostarsi, sollevava la polvere degli anni, in nuvole sottili e vorticose, che trovarono riposo in altri luoghi; e molti oggetti rividero la luce, e di molti altri, ne persi il contorno. Senza un grido cambiò i rumori, e li sommerse con un sordo brusio fatto di aspettative e incertezze. Poi rovistò nei cassetti, e senza saperlo lasciò cadere cose preziose a coprire quelle grigie di tutti i giorni, che avevo tenuto via con cura, conservate e custodite come antidoto alla passione. Spostò mobili, quadri, finestre, senza neppure toccarli, ma solo cambiando il mio modo di vederli. Di viverli. Niente fu più al suo posto. Se non io, dentro di lei. E lei avvolta a me. Chi visse tutto questo da fuori, non vide altro che il mio cambiare e pensò : " ... nessuna cosa buona " . E io. Io persi solo i miei quasi sessant'anni. Potendo così viverne, per due volte, trenta. P., Trasversland, 2013