L'uomo senza qualità

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  A volte una sola immagine incide i solchi del ricordo. E stando in luoghi simili si vede passare la medesima figura, illudendosi che prima o poi essa diventerà reale.Ma nel presente è altrove. Nel quadro immenso di un nevoso pomeriggio, che vive oltre le finestre, sotto i cieli di tutte le stagioni. In fondo non resta che questa capacità radioattiva di seguire vecchi percorsi, quelli logorati dai troppi ritorni.Certi giorni l’aspettavo alla stazione di Alcantara-Mar. Mi faceva stare seduto su una panchina a guardare la gente che saliva e scendeva dai treni grigi. E' così che ho imparato ad amarli, e a credere di aver appuntamento con loro, con quell'odore di catrame che sprigionavano a ogni fermata.Lei all'ora stabilita non c'era mai. L'aspettavo paziente, guardando passare i grandi treni, cercando di indovinare i volti dei passeggeri . Avevo imparato a memoria i nomi di tutte le stazioni dal Cais do Sodre a Cascais, e sì che lei saliva a Oeiras e io potevo benissimo fare a meno di almeno metà di quelle parole. Facevo sempre più del necessario, per lei.Le sillabe di certi luoghi andavo ripetendomele in testa come se fossero versi di una poesia. Evocavano una tristezza esasperante. Io sentivo un rapido salto del respiro: l'avvio della malinconia, il senso di quei brevi binari.Cercavo di spiegarle il mio amore per le parole, ci ho provato tante volte, ma lei pareva più divertita che toccata. Inventavo per lei i paragoni più incredibili, li andavo scovando in preda a un disperato desiderio di raggiungerla e di condurla sino a me. Non ce la facevo mai.In quei momenti avrei voluto essere ad Alcantara-Mar, dove prima o poi lei arrivava sempre. E scendeva lì per me.Ricordo un giorno in cui pioveva e l'attesa si faceva lunga, scandita dal suono della pioggia che cadeva precisa sulla pensilina. Sentivo l'inquietudine che accompagna sempre i cieli grigi: temevo non arrivasse mai.Invece era su un treno della tarda sera, bussò contro il vetro per attirare la mia attenzione, mi fece segno di salire. Quando entrai nel vagone mi resi conto di non avere il biglietto. La guardai, e lei ne estrasse due dalla borsetta. Chissà perché non so dare voce a quell'istante.Sento soltanto la pioggia e rivedo la sua mano che mi mostra due biglietti. Credo di averla baciata, quella mano.Con un rumore d'acqua la portai sino alle mie labbra, l'accostai piano e la solcai lentamente. Sapevo che lo avrebbe definito un gesto sconsideratamente drammatico.Ma io lo feci perché lei in quel momento non era null'altro, per me.Non aveva più occhi, né sorriso, né vestiti da indossare. Non era che quella mano, e il nome che io stavo per darle.  Lisbona, 1998  II ... ristampa