So che dovrei fare un guizzo, poche decine di passi per raggiungere ciò che mi ha preceduto, per ricongiungermi a chi ha già solcato queste terre, ma ho quasi un presagio circa la mia inadeguatezza per ciò che troverò, laggiù.Come suona vano, sprecato l’invito della poca ombra degli alberi, le radici alla terra calda del loro campo di stoppie, eppure la mia attenzione resta altissima e trillante, frinisce come le cicale di desiderio di eternità, di voglia di sfidare il sole, se non fosse che il sole mi scioglie come le ali di Icaro. Sono qui davanti alla storia con il mio amore impotente, con l’istinto di trapassare i secoli e di essere tutt’uno con le fatiche di tutti, nei secoli dei secoli, di essere quella sospirata cosa sola, non questo alveare che sono, mille voci ronzanti che mi frastornano, sole negli occhi, impressione di non farcela. Mi piacerebbe aver e qualcuno vicino, qualcuno che se ne stesse in silenzio a fare le sue cose, con cui aver e insieme fame e sonno e voglia di tornare a casa. Sto qui da poco, in un mondo nuovo, vorrei che sotto la finestra ci fosse il mare per buttarmici tutte le volte che vado a fuoco, e incontrare il suo abbraccio fresco. Si può lavorare lavorare, ma poi basta, un po’ di orizzonte per favore.