diamante tra le mani

Voluttà


Indosso la cuffietta, rimproverandomi che sono sempre la solita folle. Quando infilo pure il casco, penso che si va di male in peggio, visto che ci ballo dentro. Mi accomodo sul sedile, sia davanti che dietro di me ci sono dei perfetti sconosciuti. Magari me li hanno presentati pochi minuti prima, ma chi se li ricorda. Mi sento sempre più fuori luogo, eppure non mi schiodo di lì. C’è qualcosa che mi ha spinta ad esserci, qualcosa di più forte delle perplessità mie e altrui, della paura di farmi male proprio la settimana della sala, della soggezione di essere l’unica donna in pista (e non tra mammolette… militari dai trenta in su!).Parte il giro di ricognizione. E quel qualcosa prende di colpo forma. Un brivido, un calore che parte dal petto e risale fin dietro la nuca, un’esplosione di eccitazione e piacere che quasi mi destabilizza. Sono lì nel presente che l’assaporo, ma nel contempo torno indietro di dieci anni, all’età dell’oro, e di altri dieci, all’età dei giochi. Tre Michi in pista, e tutte e tre che godono come ricci (per citare il Bokka) tra cordoli aggrediti e chicane in controsterzo. Sono arrivata ultima, doppiata da metà dei partecipanti, ben due volte dai primi due classificati. E stranamente, la sconfitta mi sta bene. Non l’ho mai pensato nella vita, ma ‘sto giro decisamente l’importante era partecipare.