Unione Pescatori

Il futuro della pesca è visione e progetto


Caro giornale, Leggo con molta attenzione e con vivo interesse gli articoli che da un po' di tempo a questa parte vedono rappresentati come centro d'interesse il tema della pesca. In molti casi questi articoli, pur fondati su basi di ragionamento interessanti, non forniscono una rappresentazione compiuta dei problemi, ma si apprestano a descrivere una situazione di contesto parziale e multiforme. Con la presente intendo dire due cose in più sul problema, senza fermarmi alla mera denuncia dello stesso, perché sono abbastanza sicuro che in passato tutti possiate aver letto qualcosa a riguardo.Dobbiamo ora sviluppare un'analisi più profonda, più meticolosa e sotto certi aspetti propositiva.Da molti anni Il settore ittico italiano vive di svariate problematiche di tipo macroeconomico, sulle quali è difficile incidere a livello locale, come ad esempio fattori di ordine strutturale,  ovvero: caro gasolio, apertura dei mercati nazionali ai prodotti provenienti da paesi comunitari e non, e depauperamento della risorsa.Dando per certo questo stato di cose, e non potendo portare ulteriori rilievi rispetto alla risoluzione degli stessi, ora aggiungiamo un nuovo elemento. Un fattore poco noto, del quale non si sprecano molte colonne sui giornali, e per il quale pochi hanno veramente contezza, è la commercializzazione del prodotto. Il caso:Immaginate di vedere la pesca locale come un'azienda, una grossa azienda, forse la più grossa che il nostro territorio può vantare. Cominciate a scorporare le attività in: 1) la produzione, la cui manifestazione si ha nell'operatività del pescatore 2) l'acquacoltura 3) la miticoltura, 4) la commercializzazione, con 2-3 commercianti di ragguardevoli dimensioni (definiti tradizionalmente iaddcher). Una vera e propria catena produttiva, capace di fornire un valore a ogni passaggio, quindi di creare ricchezza. Analisi del prodotto:"L'azienda Pesca", oggi, sviluppa un unico prodotto: "pescato in giornata", il cui valore è potenzialmente molto redditizio perché opera nel settore del fresco nazionale, ma che per logiche di mercato perverse e per inefficiente organizzazione di filiera, passa per troppe mani, determinandone un valore alla produzione troppo basso. E le brutte notizie non finiscono quì, perché il suddetto prodotto, possiamo classificarlo come in fase di declino verso i mercati dei consumatori finali. In particolare negli anni, abbiamo assistito a una contrazione importante della quota di mercato del fresco a vantaggio di prodotti importanti, quindi sostituti perfetti, operanti sul mercato nazionale attraverso la logica della grande distribuzione organizzata. Un prodotto, inoltre, che a dispetto della nuova visione di tutela delle produzioni nazionali, attraverso marchi di origine o di qualità, non ne possiede alcuno, entrando in concorrenza ad esempio con qualsiasi "prodotto X" derivante da un "paese Y", senza che si possa fare nulla per fermare questo meccanismo.Opportunità: "L'azienda pesca", così come pensata, commette un errore grossolano perché  non considera i bisogni di un'altra fetta importante di mercato: "i consumatori dei centri metropolitani", che non vogliono rinunciare alla qualità ma che preferiscono soluzioni commerciali più pratiche, spostando le loro preferenze verso il congelato, o meglio sarebbe precotto. Avere chiare queste assunzioni di base, appoggiate da una solida capacità manageriale, ci consente di intavolare discorsi ben più ampi, anticipando in maniera pronta e puntuale gli scenari di mercato, senza che questi possano trovarci impreparati.La realtà e le debolezze:C'è da dire che le sfide sono ardue perché il settore del fresco nazionale è un terreno dove sono presenti innumerevoli competitors diffusi più o meno in maniera omogenea su tutta la penisola, pronti a fornire, a pochi passi dalla zona di produzione, le stesse qualità di prodotto, vanificando in questo modo km di strada gommata (che costituiscono la nostra debolezza in termini di costo); senza parlare poi delle continue campagne di comunicazione che invitano, giustamente, al consumo del pesce locale, attraverso la logica del km 0. La visione:Allora, se tutte queste "cosette" che sto raccontando possono corrispondere a verità, anche solo velatamente, abbiamo il dovere di piazzare un prodotto valorizzato, che possa essere collocato nel posto e nel momento desiderato, senza dover essere ostaggio di logiche distributive strane."L'azienda pesca", allora, dovrebbe arricchirsi di disponibilità strumentali, prodotti innovativi, ma anche di imprenditori operanti nel settore della trasformazione industriale, che abbiano le capacità per sviluppare un prodotto innovativo rispecchiante gusti e preferenze delle nuove fette di mercato. Le nostre imprese (pescatori, iaddcher e tutto il modo che gira intorno), quindi, hanno necessità di compiere un salto qualitativo verso la produttività ragionata, un salto che prima ancora di essere produttivo, ahimè, deve essere culturale, nella direzione di un lavoro finalizzato alla creazione di strutture di pensiero condivise e a passo con i tempi.Tradotto in termini pratici, visione che più mi affascina: dobbiamo progettare in modo minuzioso prodotti, sviluppando analisi sui bisogni, sui modi di  produzione, trasformazione, logistica, trasporto, e arrivo nei mercati di destinazione, il tutto nella logica di integrazione delle parti, come se avessimo a che fare con una "grande famiglia allargata" i cui componenti devono unire le forze per superare le difficoltà.E allora vedremo che la chiave più logica per mettere su tutti questi propositi, sarà necessariamente la forma d'imprese distrettuale, la stessa che negli anni 80 ha modificato il contesto competitivo italiano di molte regioni del centro-nord, la stessa nella quale una moltitudine di imprese ittiche del Veneto hanno costituito formalmente sotto la denominazione di " distretto ittico della provincia di Rovigo" una grande realtà produttiva ecosostenibile e integrata, capace di lasciare sul proprio territorio 27 miliardi di euro e oltre 3500 posti di lavoro.Le competenze:Uno dei tratti più sconvolgenti che la nostra cultura produce è un generale sistema di persone "falsamente saccenti", che non permettono l'emersione delle idee, anzi deprivano e mortificano coloro che lavorano sulle aggregazioni sociali di base, a favore della distruzione di qualsiasi iniziativa lodevole.Dobbiamo essere consapevoli di ragionare negli anni della globalizzazione e dei consumi di massa; anni nei quali la gestione degli affari deve essere necessariamente affidata a persone che abbiano un profilo rispondente verso l'interpretazione dei problemi, nella logica aziendale di pensiero: "l'uomo giusto al posto giusto" e non il "prepotente giusto al posto sbagliato", perché non possiamo vivere più di espedienti; o si capisce questo, oppure il settore riceverà nei prossimi anni ulteriori stangate pronte a far assottigliare ancora il mercato locale, portando come conseguenza al ribasso i volumi di vendita e l'occupazione.Unione Pescatori ManfredoniaMatteo Conoscitore (u feggje d Crescion)3494380004 - matteosospiri@hotmail.it