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La balena bianca

“Si narra che nel 1819 la baleniera Essex, salpata dalla costa atlantica deli Usa, navigò verso sud, fino allo Stretto di Magellano, passaggio dall’Atlantico al Pacifico. Un giorno del 1820, al largo di una terra apparentemente desolata, i balenieri avvistarono un gigantesco capodoglio albino. L’animale si scagliò con violenza contro la nave, di fronte all’Isola Mocha. La baleniera andò in frantumi e quasi tutti i marinai morirono nelle acque del Pacifico. I pochi sopravvissuti raccontarono in seguito la storia, e il capodoglio venne ribattezzato Mocha Dick. Da quella vicenda, Herman Melville trasse l’ispirazione per scrivere il suo famoso romanzo Moby Dick. ‹‹Mi sono posto una domanda››, spiega Luis Sepúlveda, ‹‹perché Moby Dick, la balena bianca di Melville, si comportò come viene narrato? E quando ho scoperto che nell’800 era davvero esistito un capodoglio chiamato Mocha Dick, allora mi sono reso conto che c’era una storia che aspettava solo di essere raccontata››.

Nasce così l’ultimo racconto del famoso scrittore cileno: Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa (edito da Guanda, in libreria dal 15 nov. 2018). Una storia pensata per ragazzi e adulti, n cui il famoso scrittore e attivista cileno, 69 anni, torna con il suo coinvolgente stile narrativo a riflettere sui temi a lui più cari e urgenti: la devastazione della natura perpetrata dall’uomo, la scarsa coscienza ecologica, i diritti continuamente calpestati delle popolazioni indigene in Sudamerica, costrette ad abbandonare le loro attività di sostentamento tradizionali dall’egoismo dei grandi gruppi economici e industriali avidi di terre, dediti allo sfruttamento delle risorse del mare… Sepúlveda ha navigato come attivista sulle navi di Greenpeace. ‹‹I grandi problemi dell’ambiente››, dice ‹‹sono sempre gli stessi, quasi inalterati. E sebbene in grandi settori delle società mondiali esista consapevolezza della gravità dei problemi, certamente il mondo è governato da interessi meschini, da multinazionali che agiscono senza rispondere delle proprie azioni davanti ad alcun paese, governo e tribunale. Viviamo immersi in un’idea di progresso irrazionale che mette in pericolo tutto il Pianeta. Niente è cambiato››. Scrive del Lafkenche, la “gente del mare”, un gruppo indigeno che fa parte dell’etnia Mapuche, che lotta per i suoi diritti territoriali, sociali, economici, per la sua cultura. ‹‹La loro lotta per riavere indietro le terre che sono state loro rubate a partire dall’indipendenza del Cile continua immutata e le loro richieste continuano a non ricevere risposte da parte dello Stato. I Lafkenche reclamano questo habitat necessario per la loro vita e sviluppo sociale, economico e culturale, per preservare le loro tradizioni. A oggi, l’unica risposta dello Stato cileno è stata disprezzo e repressione. L’unica regione del Cile dove si applicano odiose leggi “antiterrorismo” è proprio la regione dove sopravvivono i Mapuche, i Lafkenche, i Pewenche e altri gruppi della stessa etnia. I Lafkenche non possono più vivere della pesca artigianale. In Cile il mare è stato privatizzato, la costa è stata consegnata in maniera perpetua a sette grandi gruppi economici, sette famiglie. L’applicazione a oltranza del modello economico neoliberista imposto dalla dittatura di Pinochet ha significato la morten della pesca artigianale, dei collettivi dei piccoli pescatori, della cultura legata al mare››. Oggi la situazione dei Mapuche ‹‹È drammatica. All’usurpazione sistematica delle loro terre si aggiunge la negazione della loro cultura, spiritualità, cosmogonia. In Cile, lo Stato permette la presenza formale di certe manifestazioni indigene, che però non hanno alcuna rappresentanza nelle istituzioni. Nella regione della Araucanía, dove i Mapuche vivono in spazi sempre più esigui, non è stata concessa nemmeno l’educazione bilingue. E se questa va avanti è solo grazie alla buona volontà di professori mapuche che insegnano in spagnolo e mapudungún in forma volontaria››.

In tutta l’America latina i gruppi indigeni, così come le alte minoranze come gli afrodiscendenti, sono minacciati: in Brasile è stato eletto un presidente, Jair Bolsonaro, che ha dischiarato di non voler lasciare neppure un centimetro di terra agli indios. ‹‹Sta accadendo una pericolosa involuzione della società. Sta rinascendo un neofascismo basato su un discorso semplicistico, che nega la complessità di una società in continuo movimento, e su un sistema economico, quello neoliberista, in costante crisi. La ricetta di Bolsonaro è molto semplice: c’è un colpevole di tutto e questo colpevole è l’altro, ovvero l’afrodiscendente, il nero, l’indio, in definitiva i poveri. E a questi colpevoli si aggiungono gli ecologisti, i giornalisti non allineati, il femminismo, la diversità sessuale. Da una parte, il sistema economico neoliberista chiede d’eliminazione dello Stato nell’economia, nel controllo dell’ambiente, nell’istruzione e nella conservazione dei diritti; dall’altra, la negligenza della parte più progressista della società che ha dimenticato di difendere la parte più sana dello Stato, come garante di tutte le libertà. Questa negligenza nel difendere la laicità dello Stato ha reso possibile che le sette evangeliche arrivate dagli Usa, che nulla hanno a che fare con il cattolicesimo e il protestantesimo, siano entrate nel discorso politico della destra. E questo sta succedendo in molti paesi dell’America latina. Il fondamentalismo pseudoreligioso è la base delle idee contro i neri, gli indios, i poveri››. Donald Trump ‹‹È l’opposto di tutto ciò che significa evoluzione. Con lui stiamo vivendo una regressione alla Guerra fredda››. ‹‹La storia dell’umanità è la storia dei grandi movimenti migratori. Manca la memoria del passato recente degli europei come migranti e come potenze coloniali in Africa. E soprattutto manca la generosità per capire che il fenomeno migratorio, lungi dall’essere un problema, è un dramma umano. E noi dobbiamo affrontare questo dramma dalla prospettiva dell’umanità››”, conclude Luis Sepúlveda (FC n. 46 del 18 nov. 2018)

 
 
 
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