“Oltre ai convenevoli protocollari, una tensione iniziale scioltasi al termine di un colloquio di mezz’ora in un clima più familiare è quanto si è visto dell’atteso incontro tra Donald J. Trump e papa Francesco. «Non dimenticherò quello che ha detto il Papa», firma il presidente degli Stati Uniti d’America al termine dell’incontro. Le chiavi e i criteri anche di questo vis-à-vis, Francesco li aveva del resto apertis verbis già espressi a chi sul volo di ritorno da Fatima gli chiedeva cosa si aspettasse da un incontro con un capo di Stato che sembra pensare e agire esattamente al contrario rispetto a lui. E la risposta è stata eloquente: «Io mai faccio un giudizio su una persona senza ascoltarla. Credo che io non debba farlo. Nel parlare tra noi usciranno le cose: io dirò cosa penso, lui dirà quello che pensa. Ma io mai, mai ho voluto fare un giudizio senza sentire la persona...». E vale la pena di riportarlo ancora: «Ci sono sempre delle porte che non sono chiuse. Bisogna cercare le porte che almeno sono un po’ aperte, per entrare e parlare sulle cose comuni e andare avanti. Passo passo. La pace è artigianale: si fa ogni giorno. Anche l’amicizia fra le persone, la conoscenza mutua, la stima è artigianale: si fa tutti i giorni. Il rispetto dell’altro, dire quello che si pensa, ma con rispetto, essere molto sinceri in quello che ognuno pensa». C’è stato uno scambio di vedute su alcune questioni attinenti all’attualità internazionale e alla promozione della pace nel mondo tramite il negoziato politico e il dialogo interreligioso, con particolare riferimento alla situazione in Medio Oriente e alla tutela delle comunità cristiane. E anche la simbolicità dei doni presentati al termine dal Papa – come il Messaggio per la pace con la sua firma autografa – dicono ancora di una delicatezza esercitata senza che tuttavia questa nasconda i temi e le questioni di scottante interesse” (Stefania Falasca, Avvenire, giovedì 25 maggio 2017).
Cercare le porte un po' aperte
“Oltre ai convenevoli protocollari, una tensione iniziale scioltasi al termine di un colloquio di mezz’ora in un clima più familiare è quanto si è visto dell’atteso incontro tra Donald J. Trump e papa Francesco. «Non dimenticherò quello che ha detto il Papa», firma il presidente degli Stati Uniti d’America al termine dell’incontro. Le chiavi e i criteri anche di questo vis-à-vis, Francesco li aveva del resto apertis verbis già espressi a chi sul volo di ritorno da Fatima gli chiedeva cosa si aspettasse da un incontro con un capo di Stato che sembra pensare e agire esattamente al contrario rispetto a lui. E la risposta è stata eloquente: «Io mai faccio un giudizio su una persona senza ascoltarla. Credo che io non debba farlo. Nel parlare tra noi usciranno le cose: io dirò cosa penso, lui dirà quello che pensa. Ma io mai, mai ho voluto fare un giudizio senza sentire la persona...». E vale la pena di riportarlo ancora: «Ci sono sempre delle porte che non sono chiuse. Bisogna cercare le porte che almeno sono un po’ aperte, per entrare e parlare sulle cose comuni e andare avanti. Passo passo. La pace è artigianale: si fa ogni giorno. Anche l’amicizia fra le persone, la conoscenza mutua, la stima è artigianale: si fa tutti i giorni. Il rispetto dell’altro, dire quello che si pensa, ma con rispetto, essere molto sinceri in quello che ognuno pensa». C’è stato uno scambio di vedute su alcune questioni attinenti all’attualità internazionale e alla promozione della pace nel mondo tramite il negoziato politico e il dialogo interreligioso, con particolare riferimento alla situazione in Medio Oriente e alla tutela delle comunità cristiane. E anche la simbolicità dei doni presentati al termine dal Papa – come il Messaggio per la pace con la sua firma autografa – dicono ancora di una delicatezza esercitata senza che tuttavia questa nasconda i temi e le questioni di scottante interesse” (Stefania Falasca, Avvenire, giovedì 25 maggio 2017).