Un mondo nuovo

Una delle personalità


Liu Xiaobo è considerato dal regime comunista cinese il nemico pubblico numero uno. Il giorno di Natale del 2009 è stato condannato ingiustamente per «incitamento alla sovversione del potere statale» a 11 anni di carcere.Liu Xiaobo, 61 anni, è una delle personalità più significative della cultura cinese contemporanea. Di famiglia cristiana, dopo aver ottenuto due lauree e un dottorato in Cina, è stato chiamato da diverse università americane e norvegesi a insegnare. Rientrato a Pechino nel 1989 per partecipare alle proteste di Piazza Tiananmen come uno dei leader, riuscì a convincere molti degli studenti a lasciare la piazza per evitare un massacro dopo la decisione del governo di reprimere la protesta nel sangue con l’esercito. Arrestato ripetutamente per il suo attivismo, per i suoi scritti e per le sue esplicite richieste al governo di concedere libertà di pensiero ed espressione al popolo, nel 2000 ha aiutato Ding Zilin a fondare il movimento delle Madri di Piazza Tiananmen. Nel 2008 ha scritto insieme ad altri intellettuali e attivisti Charta 08, il manifesto sulla democrazia in Cina. Il testo, ispirato alla famosa Charta 77 redatta dai dissidenti cecoslovacchi guidati da Vaclav Havel (che lo candidò al Nobel), chiede il rispetto della «libertà, che è al cuore dei valori umani universali», dei «diritti umani», dell’uguaglianza, di un sistema repubblicano, dello stato di diritto e della Costituzione, che Liu e gli altri hanno sempre chiesto di riscrivere per porre fine «alla farsa comunista». Mentre Liu Xiaobo sta per morire a causa della politica repressiva e criminale del partito, sorvegliato dalla polizia in un ospedale di Shenyang, dove solo alla moglie è permesso visitarlo, il segretario del partito comunista e presidente della Cina Xi Jinping mostra la sua faccia sorridente e benevola al G20 di Amburgo, stringendo la mano di Angela Merkel, firmando ricchi contratti economici e facendosi portavoce della globalizzazione come se niente fosse. Sembrerebbe l’immagine perfetta della sconfitta di Liu e della vittoria del regime. Ma non è così. L’attivismo di Liu è sempre stato caratterizzato dalla lotta non violenta, che lui descriveva così: «La grandezza della resistenza non violenta consiste nel fatto che, anche quando un uomo si trova davanti alla tirannia e alle sofferenze che ne derivano, la vittima risponde all’amore con l’odio, al pregiudizio con la tolleranza, all’arroganza con l’umiltà, all’umiliazione con la dignità e alla violenza con la ragione». È diventata famosa la frase, spesso male interpretata come resa, che ha pronunciato davanti ai giudici che lo stavano condannando ingiustamente a 11 anni di carcere: «Io non ho nemici». Le foto che lo ritraggono smagrito e inerme, mentre si fa imboccare dalla moglie, sono la dimostrazione fisica di come Liu abbia accettato di farsi consumare da questa lotta. Eppure il partito comunista è terrorizzato da quest’uomo così debole, tanto che impedisce agli amici di andarlo a trovare e non gli permette di curarsi in modo adeguato. Lasciandolo morire con accanimento feroce il partito comunista crede di sbarazzarsi finalmente del suo nemico più pericoloso. Ancora non si rende conto che dalla feconda e generosa testimonianza di Liu nasceranno dieci, cento, mille personalità come lui. Gli esempi coraggiosi di Chen GuangchengGao ZhishengHu Jia lo dimostrano. Pechino ha trasformato Liu Xiaobo in un eroe e un martire della libertà di coscienza, l’ennesimo, e questo non farà altro che accelerare la caduta del regime. (Tempi.it, 8 luglio 2017)