Un mondo nuovo

Cacciatori di eurofurfanti


2017, Avvenire 17 ott – LUSSEMBURGO. Il cacciatore di eurofurfanti una speranza per il Continente. Questo cacciatore di eurofurfanti non c'è ancora in carne e ossa, neppure in scrivanie e computer. Ma ci sarà, se la vecchia Unione Europea saprà resistere per i prossimi due-tre anni alle spinte disgregatrici. Sarà infatti verso la fine del 2020 che comincerà ad operare concretamente l'EPPO, immancabile acronimo inglese dell'"European Public Prosecutor's Office", che in italiano si può rendere come Superprocura europea antifrode. Intanto il dado politico e giuridico è tratto, perché il Parlamento di Strasburgo l'ha lanciato definitivamente il 5 ottobre, approvando con 456 sì, 115 no e 60 astensioni la risoluzione che l'istituisce. La novità è rilevante, verrebbe da dire clamorosa per il segnale in controtendenza che lancia: un magistrato penale, con il potere di inquisire direttamente, anche di arrestare, i sospettati di crimini nell'uso dei fondi comunitari, colpendo frodi, corruzione e imbrogli transfrontalieri sull'Iva. Poteri esercitabili in tutti gli Stati aderenti all'iniziativa di "cooperazione rafforzata". Tra questi: l'Italia, all'inizio tentennante perché sperava di più, assieme a Germania, Francia, Spagna e Belgio. Mentre sono ancora "fuori" l'Olanda, la Polonia, l'Ungheria e l'Irlanda. Ma secondo le regole di Nizza, potranno sempre unirsi al gruppo. Finora tutto questo non era giuridicamente possibile e il pur efficace lavoro investigativo dell'Olaf (l'Ufficio della Commissione di Bruxelles diretto da Giovanni Kessler) doveva sempre fare i conti con le singole competenze territoriali. Accanto al Procuratore Capo "centrale" incaricato del coordinamento, nell'EPPO agiranno inquirenti delegati, uno per ciascun Paese, che manteranno il ruolo di magistrati nazionali, ma nella loro veste comunitaria saranno svincolati dalle singole gerarchie giudiziarie statuali. Sarà insomma una squadra di "eurotoghe" in piena regola, strettamente collegate tra loro e in grado di affrontare la sfida di reati che non conoscono frontiere. La posta in gioco è economicamente cospicua (le frondi ai danni dei fondi Ue negli ultimi anni sono state calcolate in non meno di mezzo miliardo di euro), ma è giusto sottolineare soprattutto la portata simbolica di un primo esempio di giustizia esercitata "in nome del popolo europeo".