Un mondo nuovo

Siamo il frutto


“Siamo il frutto dei nostri viaggi, siamo quello che siamo diventati grazie alle migrazioni che, fin dall’antichità, abbiamo compiuto. Viaggio è una parola nobile e antica. L’umanità si è sempre messa in viaggio per necessità. Il viaggio è una condizione naturale che oggi si vuole ridurre a casi giudiziari di violazioni di domicilio, del territorio altrui. Così si agisce contro natura e contro la specie umana. Il viaggio è tale se prevede un biglietto di sola andata, è quello dei nostri antenati, che andavano incontro all’ignoto. Viaggio è la nostra condizione di sparpagliamento, che non può essere negata da nessuna barriera. Noi che abitiamo il Mediterraneo, poi, siamo il miscuglio di peregrinazioni millenarie, il risultato di una civiltà che non abbiamo prodotto, ma ricevuto. Oggi, al contrario, il flusso dei migranti provoca una “distorsione della geografia”, nel senso che il mare viene considerato uno sbarramento, mentre è la più antica via di comunicazione. Lo stesso vale per le montagne, che vengono viste come una muraglia naturale, mentre sono un ventaglio di valichi non sigillabile. Quando scalo una montagna, conta il percorso che faccio, la cima è semplicemente il punto dal quale dovrò allontanarmi di nuovo. Il traguardo è sempre tornare al punto di partenza. Così è anche per il viaggio autentico: quando i navigatori esploravano il mare, la loro meta era il viaggio in sé, che trovassero o no nuove terre. Il percorso è così importante perché si allargano tutte le percezioni dell’uomo, dovute alla necessità di adattamento. La nostra supremazia su questo pianeta non dipende dalla nostra forza o dalle nostre abilità, che sono limitate, ma dalla nostra capacità di adattamento. Tale capacità si sviluppa in particolare nel corso del viaggio, perché pone imprevisti e favorisce un affinamento delle nostre capacità di percezione. L’istinto di esplorare il pianeta ci ha arricchito: tutta la storia sacra è una storia di spostamenti che arricchiscono. Gli ebrei quando entrano in Egitto lo fanno prosperare… E nelle Scritture non esiste la parola “clandestino”, bensì la parola “straniero”, regolarmente associato all’orfano e alla vedova nel sistema di protezione e tutela…” (Erri De Luca, FC n. 20 del 20 maggio 2018).