Un mondo nuovo

L'Amore di Gesù per la Natura


L’Amore di Gesù per la NaturaIl tema ritorna spesso, specialmente nelle parabole, accanto alle esperienze della vita domestica e  gli sociale. Anche per questo egli appare alle folle come un predicatore affascinante. ‹‹Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro›› (Matteo 6,28-29). Gesù è un predicatore affascinante (‹‹Mai un uomo ha parlato come quest’uomo!›› confessano le guardie inviate ad arrestarlo, Giovanni 7,46) perché la sua è una parola che parte dalla concretezza quotidiana. È un mondo di contadini, pastori e pescatori, di semi, di terreni aridi, erbacce, messi, vigne, fichi, pecore, cagnolini, uccelli, pesci, serpi, scorpioni, avvoltoi, persino di tarli e dei chicchi microscopici di senapa.C’è nei suoi discorsi anche la meteorologia con i venti di scirocco e tramontana, i lampi balenanti, le piogge e le siccità, il giorno e la notte. E naturalmente è coinvolta tutta l’umanità con le sue figure tipiche nel lavoro, nella famiglia, nella politica e nella società. Cervantes nel suo celebre romanzo Don Chisciotte riesce a ricordarci con una pennellata lo stile ‹‹ecologico›› della predicazione di Gesù, evocando anche due passi del Discorso della montagna: ‹‹Dio non abbandona né i moscerini, né i vermiciattoli della Terra, né gli animaluzzi delle acque; ed è tanto pietoso che fa sorgere il sole sui buoni e sui cattivi e piovere sopra i giusti e gli ingiusti›› (si veda Matteo 6,26 e 5,45).Nulla è insignificante davanti a Dio: ‹‹Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio›› (Luca 12,6).Naturalmente Dio non ignora la sua creatura più amata, l’uomo, e a segue fin nei particolari fisici: ‹‹Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate paura: voi valete più di molti passeri›› (12,7). A rivelare questo amore di Cristo per la Natura sono soprattutto le parabole, il genere letterario da lui più usato per rappresentare il Regno di Dio, ossia quel progetto universale di verità, pace e giustizia che siamo invitati a realizzare nella storia insieme al Creatore.Ora, nei racconti parabolici – variamente computati dagli studiosi, da almeno 35 fino a oltre 70, secondo le classificazioni che inglobano talora anche i paragoni più ampi o le metafore espanse – ritorna spesso, accanto alle esperienze della vita domestica e sociale, la Natura. C’è il seminatore che getta il seme nei terreni molto diversificati della regione palestinese; c’è l’attenzione al seme che spunta nella notte, anche quando il contadino dorme; c’è il citato chicco di senapa, sul quale ritorneremo in futuro; c’è l’incubo della zizzania che inquina il campo di grano.C’è il lievito impastato nella farina dalla casalinga, così pure un deposito di monete d’oro celato in un terreno campestre; c’è la rete colma di pesci non tutti commestibili perché alcuni di essi non corrispondono alle regole di ‹‹purità›› sancite dalla Bibbia, così come si fa riferimento alla perla, frutto dell’ostrica; c’è la pecora riottosa che si perde negli anfratti rocciosi; ci sono le vigne coltivate da operai precari, oppure da vignaioli cupidi e criminali.Entra in scena anche il fico senza frutti, così come gli squilibri del benessere, con il ricco che banchetta fino all’eccesso lasciando al povero le briciole (l’‹‹inequità›› di cui parla spesso papa Francesco) , e con il capitalista che accumula derrate nei suoi granai, ignorando che su di lui incombe la spada della morte. Gesù è, quindi, un predicatore che non vaga nell’astratto, ma che percorre con il suo uditorio le strade polverose della vita e del mondo (Gianfranco Ravasi, FC n. 40 del 4 ottobre 2020).