CarolinaCarolina inforca la bici, e parte per il giro quotidiano. Contromano in piazza della chiesa, ma vabbe’. I vigili la conoscono, sanno che è un po’ particolare. Particolare, e a suo modo intraprendente: pure troppo. Con frequenza regolare fa arrabbiare gli operai del Comune, perché raduna attorno ai cestini i rifiuti sparsi lungo le strade del paese, creando cumuli che provocano le rimostranze dei residenti. Ma Carolina ha la fissa della pulizia. E non può fare a meno di raccattare. L’opera che svolge non è del tutto corretta, in termini di smaltimento, ma serve a rimuovere il frutto dell’inciviltà dei tanti che se ne fregano, del decoro e dell’igiene pubblica. Carolina sarà singolare: ma il suo senso civico non si discute.Purtroppo, una tale reiterata dimostrazione di responsabilità non le è valsa, finora, un’occupazione stabile. Conto in banca risicato, fallimento coniugale alle spalle, Carolina è una cliente periodica dell’assistente sociale. Che qualche opportunità di lavoro in passato gliel’ha trovata. Ma sempre tirocini, situazioni passeggere. Adesso, però, terminato il lockdown, è tempo di grandi pulizie. Detergere, sterilizzare, sanificare: il nuovo podio degli imperativi categorici, giustificata benché a tratti paranoica grande fissa universale. Che qualcuno, poi, deve pur tradurre in operatività: spazzolone, stracci, panni, spruzzini, detersivi, soluzioni idroalcoliche… E tanto olio di gomito. E così, Carolina da fine giugno ha un contratto. Assunta a tempo determinato da una cooperativa sociale. Come lei, diversi altri soggetti fragili, svantaggiati, da tempo disoccupati. L’assistente sociale ne ha piazzati ben quattro. E la cooperativa – incaricata dai Comuni – li fa lavorare nei centri estivi, nei parchi gioco, nelle arene degli spettacoli all’aperto. Ovunque ci siano bagni (anzitutto), ma anche pavimenti, tavoli, sedie, giochi, attrezzature da pulire, dopo ogni uso, dopo ogni gruppo che si alterna, prima che mani e corpi diversi si posino sulle medesime superfici. Esagerare in igiene, di questi tempi, è più consigliabile che rischiare anche un solo nuovo caso di Covid-positività. Per Carolina, e per tanti come lei, l’estate della pandemia ha dunque il volto di un’opportunità insperata. Che promette di protrarsi all’autunno e all’inverno. Perché bisognerà riaprire anche sale e palestre e auditorium, e intensificare i turni di pulizia. Gli addetti ordinari non basteranno. E committenti pubblici e privati continueranno a richiedere manodopera. D’altro canto, per una o cento Caroline che hanno trovato un contratto, e un piccolo stipendio finché dura, ci sono, soprattutto nel cuore delle metropoli, nei quartieri dei servizi finanziari, bancari, assicurativi, del terziaro avanzato, ma anche in certi distretti industriali, i tanti Ruben, o Rosa, o Felipe che si occupavano di tener lindi e ordinati uffici desertificati dallo smart o homeworking che dir si voglia, e che oggi si ritrovano disperatamente disoccupati. Nessuno è ancora in grado di quantificare gli effetti della pandemia nel settore delle pulizie: saldo occupazionale ed esistenziale appeso a un virus. La vita per tutti è un ottovolante: per chi abita i piani bassi, lo è violentemente di più (Paolo Brivio, 53 anni, giornalista, Scarp de’ tenis, agosto-settembre 2020)
Carolina
CarolinaCarolina inforca la bici, e parte per il giro quotidiano. Contromano in piazza della chiesa, ma vabbe’. I vigili la conoscono, sanno che è un po’ particolare. Particolare, e a suo modo intraprendente: pure troppo. Con frequenza regolare fa arrabbiare gli operai del Comune, perché raduna attorno ai cestini i rifiuti sparsi lungo le strade del paese, creando cumuli che provocano le rimostranze dei residenti. Ma Carolina ha la fissa della pulizia. E non può fare a meno di raccattare. L’opera che svolge non è del tutto corretta, in termini di smaltimento, ma serve a rimuovere il frutto dell’inciviltà dei tanti che se ne fregano, del decoro e dell’igiene pubblica. Carolina sarà singolare: ma il suo senso civico non si discute.Purtroppo, una tale reiterata dimostrazione di responsabilità non le è valsa, finora, un’occupazione stabile. Conto in banca risicato, fallimento coniugale alle spalle, Carolina è una cliente periodica dell’assistente sociale. Che qualche opportunità di lavoro in passato gliel’ha trovata. Ma sempre tirocini, situazioni passeggere. Adesso, però, terminato il lockdown, è tempo di grandi pulizie. Detergere, sterilizzare, sanificare: il nuovo podio degli imperativi categorici, giustificata benché a tratti paranoica grande fissa universale. Che qualcuno, poi, deve pur tradurre in operatività: spazzolone, stracci, panni, spruzzini, detersivi, soluzioni idroalcoliche… E tanto olio di gomito. E così, Carolina da fine giugno ha un contratto. Assunta a tempo determinato da una cooperativa sociale. Come lei, diversi altri soggetti fragili, svantaggiati, da tempo disoccupati. L’assistente sociale ne ha piazzati ben quattro. E la cooperativa – incaricata dai Comuni – li fa lavorare nei centri estivi, nei parchi gioco, nelle arene degli spettacoli all’aperto. Ovunque ci siano bagni (anzitutto), ma anche pavimenti, tavoli, sedie, giochi, attrezzature da pulire, dopo ogni uso, dopo ogni gruppo che si alterna, prima che mani e corpi diversi si posino sulle medesime superfici. Esagerare in igiene, di questi tempi, è più consigliabile che rischiare anche un solo nuovo caso di Covid-positività. Per Carolina, e per tanti come lei, l’estate della pandemia ha dunque il volto di un’opportunità insperata. Che promette di protrarsi all’autunno e all’inverno. Perché bisognerà riaprire anche sale e palestre e auditorium, e intensificare i turni di pulizia. Gli addetti ordinari non basteranno. E committenti pubblici e privati continueranno a richiedere manodopera. D’altro canto, per una o cento Caroline che hanno trovato un contratto, e un piccolo stipendio finché dura, ci sono, soprattutto nel cuore delle metropoli, nei quartieri dei servizi finanziari, bancari, assicurativi, del terziaro avanzato, ma anche in certi distretti industriali, i tanti Ruben, o Rosa, o Felipe che si occupavano di tener lindi e ordinati uffici desertificati dallo smart o homeworking che dir si voglia, e che oggi si ritrovano disperatamente disoccupati. Nessuno è ancora in grado di quantificare gli effetti della pandemia nel settore delle pulizie: saldo occupazionale ed esistenziale appeso a un virus. La vita per tutti è un ottovolante: per chi abita i piani bassi, lo è violentemente di più (Paolo Brivio, 53 anni, giornalista, Scarp de’ tenis, agosto-settembre 2020)