Un mondo nuovo

Effetti dell'indifferenza


 Le parole di Liliana Segre restano una testimonianza per l’eternitàQuesta donna ci ricorda quanto siano crudeli e devastanti gli effetti del silenzio, dell’indifferenza o dell’egoismo contro ogni odio e violenzaGli applausi al termine dell’ultima testimonianza pubblica di Liliana Segre non finivano più. È stata lei, con voce commossa, a pronunciare un “basta” pieno di Amore. La senatrice ha detto che da novantenne, come si fa alla sua età, ha deciso di stare a riposo, e per questo ha scelto come luogo del racconto finale degli orrori che affrontò appena tredicenne, da deportata ad Auschwitz e in vari lager tedeschi, Rondine Cittadella della Pace, per lasciare simbolicamente la sua eredità morale ai giovani “ex nemici” provenienti da zone di conflitto e futuri leader di pace. «Ho scelto di farlo perché questo posto mi rapì dalla prima volta che ci venni, perché rappresenta quello che avrei voluto fare io se ne avessi avuto la possibilità: lottare contro odio e violenza, costruendo cultura di pace». Curiosamente, lei e il fondatore di Rondine, Franco Vaccari, si incontrarono nel Monastero di Camaldoli vent’anni fa, luogo crocevia di una fratellanza senza confini. «Sei un bene comune», ha detto Vaccari a Liliana. E lo pensavano tutti i presenti e i collegati online (tutti gli studenti). «La scuola ti ha amato e ti amerà sempre», le ha detto la ministra Azzolina, che ispirandosi alla sua vita lancia un nuovo progetto educativo per l’armonia e il rispetto tra le etnie e le culture diverse, dal titolo “Voltati e guarda Janine”. Janine era la compagna di lavoro alla fabbrica di munizioni Union che Liliana non ebbe il coraggio di guardare quando non la selezionarono per la sopravvivenza, a causa delle tre dita che le aveva falciato una macchina, le kapò del lager, mentre chi era avanti passava. «Non ebbi il coraggio di guardarla, neppure di pronunciare il suo nome o di dirle ti voglio bene». Il rimorso di quel silenzio l’ha spinta a rendere Janine viva per sempre. Così come la scelta di non prendere la rivoltella che il gerarca nazista dell’ultimo piccolo campo di concentramento aveva lasciato cadere per terra per vendicarsi delle crudeltà subite. In quell’attimo, ripete sempre Liliana, comprese che sarebbe stata una «donna libera, ma una donna di pace». I presidenti del Senato e della Camera, il premier, tutti hanno espresso parole di gratitudine all’impegno di Liliana Segre nel coltivare la memoria della Shoah, così pure la certezza che le sue emozioni vivranno per sempre. Nel donare la copia anastatica della Costituzione italiana, il capo dello Stato, nella dedica, ha ricordato che quel testo originale fu approvato «con la fredda determinazione di non permettere che i mostri del totalitarismo e dell’antisemitismo potessero ancora avvelenare l’Italia, il nostro Continente e il mondo». Parole rivolte al presente, l’eredità di una generazione all’altra. Liliana ricorda bene quando fu respinta alla frontiera, ricorda l’indifferenza della gente durante la marcia della morte che condivise con altre deportate, ma è qui a ricordarci quanto siano crudeli e devastanti gli effetti del silenzio, della dimenticanza o dell’egoismo. «Tu sei un esempio per noi», le ha detto un ragazzo nigeriano di Rondine. È bello pensare che Liliana Segre abbia lasciato la sua ultima testimonianza nel giorno in cui gli FFF (Fridays For Future), nostri italiani dell’anno “in carica”, sono tornati in piazza per l’emergenza climatica. I veri valori non invecchiano mai (FC n. 42 del 18 ottobre 2020).