Un mondo nuovo

Per costruire il futuro


2020, Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di pastorale giovanile della Cei, FC n. 48 del 29 novembre.Quell’indispensabile alleanza tra generazioni per costruire il futuro«Il Signore non ci vuole parcheggiati ai lati della vita, ma in corsa verso traguardi alti», dice papa Francesco, dando forza a concetti a lui cari.Ogni volta che si ascolta un discorso di papa Francesco ai giovani, c’è sempre un passaggio che porta a dire: me lo devo rileggere. Il suo modo di esprimersi è composto. Non sta di fronte al microfono come un consumato attore o politico imbonitore. Succede allora che nella pacatezza del suo discorrere ci siano frasi di grande forza esplosiva, come se confidasse nel fatto che per ottenere qualcosa di forte ci si debba affidare a chi ha la forza nell’età e negli slanci che essa porta con sé.A Rio de Janeiro (nel 2013, praticamente all’esordio) chiese la «rivoluzione dolce del Vangelo»; a Cracovia nel 2016 fece saltare gli schemi dando il mandato di «alzarsi dal divano», durante il Sinodo del 2018 chiese di «gridare, altrimenti parleranno le pietre» e nello stesso anno, al Circo Massimo, invitò i giovani italiani a non avere paura di correre anche se qualche volta gli adulti restano indietro. Il 22 novembre, al passaggio della Croce della Gmg, ha chiesto di non rinunciare ai grandi sogni e di non accontentarsi del dovuto. Soltanto il giorno prima, ai giovani riuniti in video chat, ha chiesto di impegnarsi in economia, in politica, nella società, avviando processi, tracciando percorsi, allargando orizzonti, creando appartenenze. È solo un incompleto sommario degli ultimi anni.Il Papa ha definito questo un cambiamento d’epoca, ma capisce prima di altri il freno delle nostalgie. Nei giovani ha individuato qualcuno con cui stringere alleanza confidando in un patto fra generazioni. All’inizio sembrava una confidenza autobiografica, ma un po’ alla volta è emersa la sua fiducia nell’alleanza fra giovani e anziani perché lo slancio incosciente degli uni trovasse un riscontro nella libertà interiore e nella saggezza degli altri.In essa il Papa non cerca di “istruire” i giovani, non li catechizza. Li sferza, li sfida, li responsabilizza cercando di impegnarli su quei temi che qualche luminare ecclesiastico finisce sempre per definire “sociali”, come se la fraternità e il credere insieme non fossero parte dello stesso Vangelo.Trentacinque anni fa Giovanni Paolo II avviò l’esperienza delle Gmg sapendo che al di là del Muro, che divideva non solo l’Europa ma il mondo intero, c’erano generazioni di giovani cresciuti nell’ateismo di stato: per questo sentiva il bisogno di riabbracciarli e di tornare a raccontare loro della forza redentrice di Cristo. Oggi lo scenario è completamente nuovo e papa Francesco sa che il Vangelo, per avere qualche chance nel mondo contemporaneo, prima che di essere spiegato ha bisogno di essere mostrato, e riconosce ai giovani la forza e la sensibilità necessarie perché questo accada. Sta chiedendo che siano loro a sostenerlo: ce la farà?