Un mondo nuovo

Governare è tutt'altro


2020, Scarp de’ tenis agosto-settembre.In Italia lo Stato sembra aver perso sovranità su vaste aree del territorio nazionale: ghetti urbani dove tutto può accadere. Il futuro d’Italia si gioca a Scampia, Ostia, Corviale, Pioltello, allo Zen, nei Caruggi, e alla Diga di Genova, al Moi di Torino, nelle case popolari controllate dal racket, nei quartieri che attendono infrastrutture. Goffredo Buccini racconta, nel libro Ghetti (Solferino Editore), la sua discesa nel lato oscuro del Paese: un viaggio che indaga sulle conseguenze dei roghi tossici per la salute, sui bambini mandati ad appiccare gli incendi, perché non perseguibili, sui 600.000 migranti invisibili sfuggiti al circuito d’accoglienza e sfruttati nel lavoro nero, sui nostri connazionali impoveriti, 15.000.000 di periferici.Goffredo Buccini ha raccontato gli italiani invisibili e impoveriti, quelli adatti per essere materia prima, ghiottissima, per gli appetiti sovranisti o propagandistici del politicante italiano. Indaga la trincea dove si gioca una nuova guerra civile: quartieri in cui la povertà è diventata prima degrado e, poi, odio contro il nemico: il perfetto capro espiatorio di una classe politica inconcludente, quando non corrotta. Nei ghetti, le istituzioni hanno lasciato il controllo del territorio alla malavita organizzata che si spartisce il bottino, come le iene con le carcasse degli animali. «Il vuoto politico è figlio di un vuoto di rappresentanza, il problema attiene a tutte le democrazie occidentali venute dal secolo scorso. La gente ha capito che sta votando per persone che non hanno vero potere decisionale sui temi chiave della loro vita: welfare, bilancio, fisco, persino sicurezza sono sempre più partite che si giocano altrove, in un contesto internazionale, a tavoli dove spesso i giocatori che contano non sono eletti da nessuno. Oscuramente, i cittadini lo percepiscono, fomentati anche dai sovranisti che tirano verso un modello autoritario e autodistruttivo. La crisi durerà finché le democrazie liberali (per le quali faccio il tifo) non avranno preso nuove misure a questa realtà mondializzata. È una crisi sistemica, ma spero solo una crisi di crescita». «È in contesti del genere, dove i diritti non esistono più e vige la legge del più forte che funziona assai bene la pratica del capro espiatorio: la colpa del disastro è sempre di qualcun altro. Un estraneo, uno che non ci appartiene per cultura, religione, colore della pelle. Le forze illiberali giocano molto su questo meccanismo, noi contro loro, suscitando la falsa idea che, una volta eliminati loro, noi non avremo più problemi. Questa crisi, umana, sociale, sistemica, non inventa nulla di nuovo rispetto agli errori della storia, speriamo solo che non ne ripeta gli orrori». «Non esistono soluzioni diversificate, serve una visione del problema e, magari, del mondo che ci aspetta». «Se non ricostruiamo, prima ancora che paesi e borghi, vite e senso di comunità, le contrapposizioni tra i più svantaggiati aumenteranno. È a rischio la coesione sociale. Ma bisogna mettere a sistema i bisogni diversi, non contrapporli. In questo senso suggerisco di guardare alla formidabile esperienza dei Comuni della Rete Welcome messa in piedi dalla Caritas: anziani, italiani poveri, disabili, migranti, non più interessi contrapposti ma rete di solidarietà e condivisione». «Protestare è una cosa, governare è tutt’altro. Si rischia il velleitarismo e il caos, oltre a palesi picchi di narcisismo già assai visibili in alcuni leader. La disastrosa parabola del Movimento Cinque Stelle mi pare possa essere un buon monito per tutti».