Un mondo nuovo

La verità esiste


Apriamoci al reale, perché la verità esiste. Sotto le parole, se resiste qualcosa, sono i fattiLa parzialità è un tema cruciale del giornalismo e della democrazia. Il giornalismo può essere fazioso, ma non omissivo. Forse non è facile sempre separare i fatti dalle opinioni, però possiamo provare almeno a separare i fatti dai pregiudizi. Cioè, puoi provare a modificarli, a non vederli, a nasconderli, ma alla fine applichi i minimi criteri di logica, di razionalità, di controllo, i fatti irrompono con forza. Puoi annunciare mille volte la trattativa Stato-mafia, ma se tutti o quasi vengono assolti, da tribunali diversi, almeno una domanda sulla fondatezza dell’inchiesta devi fartela. Puoi giurare che Olindo e Rosa siano innocenti della strage di Erba, ma se la Cassazione, più volte interpellata, dice che non ci sono novità e le prove sono sicure, perché organizzare programmi innocentisti? Puoi scrivere (oppure ordinare di scrivere) che Imane Fadil, modella marocchina, sia stata avvelenata, ma se l’autopsia esclude i veleni (e li escludeva anche la logica e la conoscenza minima della realtà e della persona), perché alla fine di un errore in buona fede non chiedere scusa?I fatti sono come le malattie, come i terremoti, come la poesia, come l’amore: per quanto tempo puoi far finta che non ci siano?Il tema, però, è che i fatti nelle nostre vite in mezzo alle fonti d’informazione irrompono a volte quando la verità e la realtà non importano più davvero; quando diventano materia per gli storici, e non per il voto; quando l’opinione pubblica è stata influenzata, deviata, manipolata e, in altre parole, imbrogliata. Tanto, si sa, la gente dimentica e quando uno ricorda diventa un guastafeste e un ritardatario. Forse è più facile rappresentare il guastafeste per chi, come me (devo dichiararlo), ha in tasca solo la tessera dell’Atm, di un circolo sportivo e di qualche negozio, e mai di un partito. O per chi non baratterebbe la carriera e la propria identità per commettere azioni che rappresentano un insulto all’intelligenza media. Per alcuni non è complicato svendere la dignità personale e di un mestiere importante per la democrazia. Per altri è difficilissimo, visto che il giornalismo ha tra i suoi compiti quello di fornire alle persone gli elementi per comprendere meglio una storia, un personaggio, una situazione. Molto è certamente opinabile, specie in questa stagione di chiacchiere da social che diventano semi-notizie; fattoidi che vengono presentati come fatti; influencer (cosiddetti) che si creano un reddito impastando le notizie di altri, mistificando, riassumendo deliri. Sono chiacchieroni e sembrano giornalisti: ed è un guaio.Per questo, se fosse possibile vorrei regalare ai lettori di Scarp, e non solo, un momento di “grande nulla”. Non quello inquietante de La Storia Infinita, niente Bastian, Atreyu, il lupo Gmork, e soprattutto niente Paludi della tristezza. Ma proprio il nulla. Spegnere il telefonino. Spegnere il pc e l’Ipad. Spegnere per un po’ ogni forma di informazione che passi attraverso internet e, nonostante il Covid, accettare qualunque relazione di persona. Ragionare tre minuti con chi chiede l’elemosina davanti a rosticcerie, chioschi e supermercati. Affacciarsi al balcone e salutare i vicini. Apriamoci al reale, è giunta l’ora.«Amo molto parlare di niente. È l’unico argomento di cui so tutto», scherzava Oscar Wilde. Avercene, oggi, di scrittori così. Avercene di geni alla Samuel Becket, per il quale: «Niente è più reale del niente». Perciò, quando siete stanchi, quando ne avete sentite troppe, state alla larga dai social per qualche giorno. Chi può, lo faccia: noterà una cosa sconvolgente. Vedrà che non cambia niente. E che, sotto le parole, se resiste qualcosa, sono sempre i fatti. Duri come pietre. La verità esiste, chi dice che non esiste non ha mai voluto far fatica a cercarla. Com’è più facile chiacchierare. Com’è più facile schierarsi da una parte, quella dove la parzialità rende (Piero Colaprico, Scarp de’ tenis, Febbr. 2021).