2021, Scarp de’ tenis, Marzo. La fermezza del maresciallo Novembre. Se si vuole, si può cambiare in meglio. In una caserma e in una sala consiliare hanno messo la targa con il suo nome: Silvio Novembre, maresciallo. Ogni tanto il ricordo concede uno spazio a gente così. Quasi anonima. Lontana dai riflettori. La sua storia però ha fatto notizia, perché si intreccia con un’altra storia, tragica e spietata: il caso Ambrosoli. Molti hanno dimenticato che cosa è successo nell’Italia del 1979.Silvio Novembre è stato l’uomo più vicino all’avvocato liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona negli ultimi terribili anni, prima dell’agguato mortale deciso dalla mafia politica tra Italia e America. Ha subito pressioni, intimidazioni, minacce, ha rischiato la vita. Licio Gelli, il capo della P2, aveva ottenuto il suo trasferimento. Il maresciallo Novembre doveva essere allontanato da Ambrosoli e dalle carte dell’inchiesta. Si è sempre opposto, non ha ceduto alle pressioni, è rimasto fedele al suo ruolo di finanziere in difesa della legalità e non di oscuri interessi.Se Ambrosoli è l’avvocato capace di decifrare le alchimie finanziarie del bancarottiere Sindona per rispetto del dovere e del ruolo di servitore dello Stato, il maresciallo Novembre è l’alter ego, l’uomo che riesce a trovare le carte che servono alla verità e alla giustizia, capace di dare un fondamentale apporto investigativo ad un giallo politico finanziario sull’asse tra Italia e America. «Eravamo isolati», ricorderà in un’intervista, una delle poche concesse dopo l’uscita del libro di Stajano. Da soli hanno combattuto contro le mafie internazionali legate al riciclaggio e ai capitali sporchi, e contro l’inerzia dello Stato. «Uno Stato che non può lasciar morire così i suoi figli migliori», ha detto Novembre al funerale di Ambrosoli. «Io mi chiedo spesso se Ambrosoli, persona integra e straordinaria, non avendo avuto a fianco uno come me, magari sarebbe ancora qui tra noi… Non è che il comportamento di Ambrosoli e il mio si sommassero e basta; in realtà si moltiplicavano, si elevavano al cubo, e nella determinazione e nell’intransigenza».Scrive Corrado Stajano: «La storia umana del maresciallo Novembre è una delle storie dell’Italia povera di una volta, piene di fatica, di voglia di migliorare le condizioni della vita, di desiderio di conoscere». Silvio Novembre nasce ad Alseno, vicino a Piacenza, nel 1934. Suo padre fa il muratore, poi viene assunto in ferrovia. Il futuro maresciallo finisce la terza media e lavora come manovale, in casa ci sono altri cinque fratelli da tirar su. Il suo destino nasce dalla casualità: incontra un finanziere e fa domanda per le –fiamme Gialle. Ma serve una raccomandazione. Lo aiuta il parroco: è stato compagno di studi del cardinale Casaroli, segretario di Stato vaticano. Con la lettera è ammesso al test: promosso. Frequenta il corso da sottufficiale e diventa un esperto nelle verifiche fiscali. Viene naturale al Tribunale individuare lui per affiancare l’avvocato Ambrosoli. Nella Milano desolata e avvilita del 1979, con la paura dominante e il terrorismo sanguinario e gratuito, il maresciallo Novembre è un’eccezione. La figlia Isabella mi ha scritto una lettera pubblicata dal Corriere. «Papà e altri come lui hanno combattuto una guerra. Molti si sono persi. Lui ha continuato coraggiosamente a fare le sue scelte, al riparo dalle luci dei riflettori. Un impegno silenzioso e quotidiano. Questo dice tanto. Tantissimo. Basta guardare il triste affannarsi che ci circonda alla ricerca della visibilità a tutti i costi, purché sia».Una caserma all’Aquila e una sala del consiglio ad Alseno, sono un omaggio alla sua memoria. Che non cancella le ferite, profonde e incancellabili, di quei giorni. Ma fanno credere che se si vuole, si può cambiare. In meglio.
Moltiplicare
2021, Scarp de’ tenis, Marzo. La fermezza del maresciallo Novembre. Se si vuole, si può cambiare in meglio. In una caserma e in una sala consiliare hanno messo la targa con il suo nome: Silvio Novembre, maresciallo. Ogni tanto il ricordo concede uno spazio a gente così. Quasi anonima. Lontana dai riflettori. La sua storia però ha fatto notizia, perché si intreccia con un’altra storia, tragica e spietata: il caso Ambrosoli. Molti hanno dimenticato che cosa è successo nell’Italia del 1979.Silvio Novembre è stato l’uomo più vicino all’avvocato liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona negli ultimi terribili anni, prima dell’agguato mortale deciso dalla mafia politica tra Italia e America. Ha subito pressioni, intimidazioni, minacce, ha rischiato la vita. Licio Gelli, il capo della P2, aveva ottenuto il suo trasferimento. Il maresciallo Novembre doveva essere allontanato da Ambrosoli e dalle carte dell’inchiesta. Si è sempre opposto, non ha ceduto alle pressioni, è rimasto fedele al suo ruolo di finanziere in difesa della legalità e non di oscuri interessi.Se Ambrosoli è l’avvocato capace di decifrare le alchimie finanziarie del bancarottiere Sindona per rispetto del dovere e del ruolo di servitore dello Stato, il maresciallo Novembre è l’alter ego, l’uomo che riesce a trovare le carte che servono alla verità e alla giustizia, capace di dare un fondamentale apporto investigativo ad un giallo politico finanziario sull’asse tra Italia e America. «Eravamo isolati», ricorderà in un’intervista, una delle poche concesse dopo l’uscita del libro di Stajano. Da soli hanno combattuto contro le mafie internazionali legate al riciclaggio e ai capitali sporchi, e contro l’inerzia dello Stato. «Uno Stato che non può lasciar morire così i suoi figli migliori», ha detto Novembre al funerale di Ambrosoli. «Io mi chiedo spesso se Ambrosoli, persona integra e straordinaria, non avendo avuto a fianco uno come me, magari sarebbe ancora qui tra noi… Non è che il comportamento di Ambrosoli e il mio si sommassero e basta; in realtà si moltiplicavano, si elevavano al cubo, e nella determinazione e nell’intransigenza».Scrive Corrado Stajano: «La storia umana del maresciallo Novembre è una delle storie dell’Italia povera di una volta, piene di fatica, di voglia di migliorare le condizioni della vita, di desiderio di conoscere». Silvio Novembre nasce ad Alseno, vicino a Piacenza, nel 1934. Suo padre fa il muratore, poi viene assunto in ferrovia. Il futuro maresciallo finisce la terza media e lavora come manovale, in casa ci sono altri cinque fratelli da tirar su. Il suo destino nasce dalla casualità: incontra un finanziere e fa domanda per le –fiamme Gialle. Ma serve una raccomandazione. Lo aiuta il parroco: è stato compagno di studi del cardinale Casaroli, segretario di Stato vaticano. Con la lettera è ammesso al test: promosso. Frequenta il corso da sottufficiale e diventa un esperto nelle verifiche fiscali. Viene naturale al Tribunale individuare lui per affiancare l’avvocato Ambrosoli. Nella Milano desolata e avvilita del 1979, con la paura dominante e il terrorismo sanguinario e gratuito, il maresciallo Novembre è un’eccezione. La figlia Isabella mi ha scritto una lettera pubblicata dal Corriere. «Papà e altri come lui hanno combattuto una guerra. Molti si sono persi. Lui ha continuato coraggiosamente a fare le sue scelte, al riparo dalle luci dei riflettori. Un impegno silenzioso e quotidiano. Questo dice tanto. Tantissimo. Basta guardare il triste affannarsi che ci circonda alla ricerca della visibilità a tutti i costi, purché sia».Una caserma all’Aquila e una sala del consiglio ad Alseno, sono un omaggio alla sua memoria. Che non cancella le ferite, profonde e incancellabili, di quei giorni. Ma fanno credere che se si vuole, si può cambiare. In meglio.