Un mondo nuovo

L'ultimo menestrello


Bugelli. La vita, l’arte e la virtù dell’ultimo menestrelloLuigi Fabbri da Panicale di Licciana Nardi, 78 anni, è l’ultimo menestrello della Lunigiana. Con vecchie nenie e canzoni da bambini racconta in dialetto un mondo che non c’è più, ma anche come tutto sta cambiando.La sua valle, verde e silenziosa, è la Lunigiana, terra affascinante e oggi ampiamente ignorata dagli uomini, incastonata tra la Liguria e la Toscana.Lui, cappello sempre calato in testa, canta la sua terra, terra santa e partigiana, da quand’era bambino, e oggi in molti lo conoscono come Bugelli, l’ultimo menestrello della Lunigiana. «Qui, quand’ero bambino, tutti cantavano. Nei boschi quando raccoglievamo le castagne, nei campi mentre si lavorava, e poi la sera, tutti radunati nella piazza del paese. Ero affascinato da questi momenti in cui donne, vecchi, bambini, tutti cantavano i racconti di questa terra, le storie dell’Appennino tosco-emiliano, le vicende di chi partiva per le Americhe e di chi tornava. Ho iniziato a cantare anch’io e non ho più smesso». Luigi Fabbri è nato in uno dei borghi di questa valle, Panicale di Licciana Nardi, da una famiglia di contadini, ai tempi del re, specifica lui. Veramente tutti qui, in qualche modo, erano contadini e lo sono rimasti nella cultura. Le storie e le tradizioni di questa gente si sono sempre tramandate attraverso i canti, per memoria, e Bugelli, per memoria, impara a cantare.A suonare, invece, impara più tardi. A vent’anni, finite le scuole, raggiunge i fratelli emigrati a lavorare in Svizzera: in un locale, si imbatte in una chitarra e per lui, che al massimo aveva costruito zufoli nel bosco come gli altri bambini, quello strumento è un colpo di fulmine. Ha la fortuna di trovare un grande maestro, inizia a studiare musica e da allora la sua attività di musicista non si ferma più. A Ginevra per alcuni anni lavora con i fratelli e suona la sera nei locali. Si chiamano Hot Rabbit e sono un gruppo decisamente assortito: insieme a lui suonano due inglesi, tre svizzeri e un francese, studente della Sorbona. Fanno rock, blues e folk, sono gli anni di Donovan e Bob Dylan. … Ho preso vecchie nenie, canzoni da bambini, ho elaborato la musica per raccontare nel nostro dialetto il mondo che si stava perdendo. Piano  piano, Bugelli ha iniziato a diventare una personalità in questi paesi. Osterie, sagre, feste di piazza: a lungo Bugelli è stato il riempitivo di tante serate. «Allora giravo per la Lunigiana a piedi e con l’asino, quando ancora non avevamo le macchine; qui è difficile andare da un paese all’altro, le strade son quelle che sono, ci vuole tempo. Ma continuo a dire sì a tutti e andare dove mi chiamano», ricorda. «i contadini sono sempre al centro delle mie canzoni. Ma io racconto anche altro: non canto solo il mondo che non c’è più, canto anche il presente e il futuro. Nelle mie canzoni ci sono l’Amazzonia, la Palestina, ci sono i migranti che vengono dal mare». «La Lunigiana è un paradiso per certi versi, con le sue valli verdi e la sua cultura, ma certamente oggi, qui, non si può vivere solo di questo», sospira Bugelli. L’immaginazione ci porta subito alla mente scene di castelli, vita di corte o piazze di villaggi medievali. La figura del menestrello, in effetti, nasce intorno all’anno mille in Europa occidentale, ma cantare la vita e le sue storie non è mai passato di moda. Ogni anno a settembre, nel caratteristico villaggio di Ribeauvillé in Alsazia, regione della Francia ai confini con la Germania, si tiene la più grande festa dei menestrelli… In Italia, oggi, il più famoso cantastorie di un territorio resta Davide Van De Sfroos, che canta la vita semplice che ancora vive sulle sponde e le montagne del lago di Como.  (da Scarp de’ tenis, agosto-settembre 2021).