Un mondo nuovo

Ciò che stiamo vivendo


2022, FC n. 42 del 16 ottobreCiò che stiamo vivendo in questi mesi è paragonabile alla situazione di un gruppo di uomini a bordo di una canoa, improvvisamente presa dalle rapide. Mentre l’imbarcazione scivola di balzo in balzo, nessuno sa se essa riuscirà a planare su una spiaggia sabbiosa o se andrà a sfracellarsi contro un macigno. Fuor di metafora, l’inizio delle rapide porta una data: l’11 settembre 2001. Di fronte allo spettacolo delle due torri che implodevano a terra, abbiamo compreso di trovarci di fronte a una svolta della storia. Poi è venuta la crisi economica, frutto dell’insipienza degli esperti della finanza statunitense (2007). Quindi il Covid, non si sa se figlio della sporcizia o della distrazione dei ricercatori (2020). Infine la guerra, prodotto della mistica della Santa Russia e della follia di un dittatore (24 febbraio 2022). Ora, dopo otto mesi, il quadro è più che mai fluido. Da un lato la guerra sembrerebbe giunta al termine, dal momento che l’Ucraina, grazie alle armi dell’Occidente, ha riconquistato quel terzo di territorio economicamente avanzato che la Russia le aveva strappato. Dall’altro, è chiaro che Putin non getterà la spugna e giocherà tutte le carte, comprese quelle estreme. Ma ciò che preoccupa è la rassegnazione degli Stati europei alla logica della guerra. Pochi si adoperano veramente per una soluzione diplomatica e chi lo fa (il Papa, Macron, Erdogan, Draghi) finora non ha ottenuto effetti. Ha ancora valore la massima del sociologo francese Raymond Aron secondo il quale, in epoca nucleare, la pace è impossibile ma anche la guerra lo è, dal momento che la logica della deterrenza reciproca, provvede da sola a fermare le parti in conflitto?  Stando alla cronaca sembrerebbe di no. Quando gli arsenali sono colmi di armi nucleari e anche gli Stati più piccoli le possiedono, quando un capo di stato come Putin minaccia ogni giorno di usarle, quando un missile è lanciato, quasi per gioco, dalla Corea del Nord sul Giappone… allora,, c’è poco da star tranquilli. Se poi guardiamo all’Europa, già disunita nella stagione del Covid e ora, di fronte alla crisi energetica causata da Putin, anziché mostrarsi solidale attraversata da una cinica febbre di profitto, allora si comincia a cogliere la gravità del quadro. Certo, si dice, di fronte a una nazione brutalmente aggredita, qual è l’Ucraina, l’Occidente non poteva rimanere neutrale. Ha fatto bene, si conclude, ad aiutare la vittima e a punire l’aggressore. Se non lo avesse fatto avrebbe ripetuto l’errore  fatto dagli stati democratici con Hitler nel 1939. Così, nel febbraio scorso, il mondo si è diviso, ancora una volta, in due schieramenti: gli Stati democratici contro gli Stati autoritari. Ma a quale prezzo? Probabilmente nei prossimi mesi capiremo meglio se l’atteggiamento dell’Occidente è quello giusto. Oppure, se il rischio scaturito dall’isolamento di Putin e dalle sanzioni decretate contro di lui sopravanza di gran lunga i benefici ottenuti. Per il momento il quadro è di una guerra dalle conseguenze imprevedibili, voluta soprattutto da Russia ed America, sopra la testa degli Europei – Luciano V.