Un mondo nuovo

Da quel vusciare


2023, FC n. 41 del 8 ottobreQuel salvataggio del 2013. Che mi ha cambiato la vita(Come la parabola del buon samaritano).«Vito, Vito, cos’è tutto questo “vusciare”?». Nella vita di ognuno c’è un momento in cui tutto cambia e nulla sarà mai più come prima. Per Vito F., 72 anni, falegname e gelataio, si è trattato di un “vusciare”, che in siciliano significa “vociare”, riferito al canto forte e stridulo dei gabbiani. Era l’alba del 3 ottobre 2013, al largo della cala della Tabaccara, nello specchio d’acqua di Lampedusa. Vito aveva trascorso la notte in barca con i suoi amici Grazia, Linda, Rosaria, Carmine, Marcello, Alessandro. Era la prima volta che rimaneva a dormire nella sua imbarcazione, la Gamar, dalle iniziali dei nipotini Gabriel e Martina. Il “vusciare” in quelle prime ore del giorno non cessava, e Vito aveva riacceso il motore per andarci incontro. Non erano i gabbiani. Erano mani intrise di olio che si alzavano dall’acqua in cerca disperata di aiuto, uomini, donne e bambini che gridavano help, help attorno al barcone che andava in fiamme, perché lo scafista per farsi notare aveva acceso una coperta. «Gridavamo aiuto, ma nessuno veniva a salvarci», dissero i superstiti davanti alle autorità nazionali ed europee all’indomani di quella che fu una tra le più atroci tragedie dell’immigrazione davanti alle coste italiane, a seicento metri dall’isola dei Conigli. Vito F. fu il primo ad arrivare in quell’inferno. «Erano le 6,25», ha continuato a ripetere in questi lunghi dieci anni, «avevamo lanciato l’Sos alla capitaneria di porto; nel frattempo gettavamo salvagenti, afferravamo braccia, tenendole forti per non farle riscivolare in acqua. Dentro di me pensavo che ne avrei potuti salvare cinque, al massimo sei. Quando siamo rientrati in porto li abbiamo contati, erano 47, 46 uomini e una donna». Nella fase dei soccorsi, la Gamar di Vito si incrocia con altri pescherecci di Lampedusa. Nica, l’imbarcazione di Costantino B. e Onder V. insieme ne salvano 12, altri 18 e due cadaveri arrivano invece al molo nella barca di Domenico e Raffaele C.. Altri  78 furono soccorsi da altre imbarcazioni di pescatori e dalla guardia costiera. Morirono in 368. Qualche giorno dopo, sull’isola arrivarono l’allora presidente del Consiglio Enrico Letta, l’ex presidente della Commissione europea Manuel Barroso, Angelino Alfano, a quel tempo ministro dell’Interno. In quei giorni di ottobre del 2013, come fanno ancora oggi, i lampedusani urlavano «vergogna»; esponevano striscioni del tipo «basta morti in mare», «corridoi umanitari subito». Le salme allineate nell’hangar dell’aeroporto, tra cui quelle bianche dei bambini, vennero successivamente trasferite nei vari cimiteri della Sicilia. Vito F. non rimane a guardare. Da quello che per lui è stato il giorno più lungo, ha mantenuto il legame con i ragazzi che ha salvato: Solomon, Ambasager, Amanuel, Rezene, Aregai, Russom, tutti eritrei che oggi vivono e lavorano in Nord Europa. Vito è andato a trovarli fino a Stoccolma, e ogni anno, in occasione dell’anniversario del 3 ottobre, loro fanno ritorno a Lampedusa, dormono a casa dell’eroe che li ha salvati: «Mi chiamano father, papà», dice commosso Vito dalla sua gelateria O’Scia, in via Roma. Nel 2019 l’associazione Gariwo lo ha inserito tra i Giusti dell’umanità e alberi che portano il suo nome sono sparsi in tutto il mondo. Ed è riuscito a realizzare un progetto che aveva in mente da anni, un memoriale con tutti i nomi delle vittime nel centro dell’Isola. All’attività con i giovani negli istituti scolastici di tutta Italia, Vito dedica gran parte del suo tempo. E ogni volta che ripercorre quell’alba del 3 ottobre 2013 non riesce a trattenere le lacrime. Io 28 giugno 2023 Vito F. è stato ricevuto nella camera dei Lord a Londra. Ha raccontato la sua vita e il 3 ottobre del 2013: «Sono nato a Bari, ma ho trascorso tutta la mia vita a Milano, a Sesto San Giovanni, dove fino a poco tempo fa avevo la mia falegnameria. Un giorno, era luglio del 2000, andai in vacanza a Lampedusa. Me ne sono innamorato e ora capisco perché l’isola voleva dirmi qualcosa», racconta Vito che non vuole essere chiamato eroe, ma persona comune. Nell’ultima ondata di sbarchi a Lampedusa, in una sola serata, ha regalato 400 gelati ai migranti appena sbarcati: «Qualche cliente in coda si lamentava, gli ho detto di portare pazienza». Qualche anno fa ha venduto la Gamar: «Non riuscivo più ad andare in barca». Da quel “vusciare”, il mare per Vito non è stato più quello di prima.