Un mondo nuovo

Dove era vuoto ora c'è Presenza


2024, FC n. 17 del 28 aprileDove c’era vuoto ora c’è PresenzaNella notte di Natale il vuoto della mangiatoia si riempie, il legno diventa trono regale e fra la paglia giace la carne di Dio. Dove c’era vuoto, ora c’è Presenza. È il miracolo che vedo ripetersi fra le stanze di un hospice di Roma. C’è chi lo chiama servizio, per me è un cammino. Fare visita ai malati, pregare con loro, a volte solo un saluto. Entrare in quei santuari, che nascondono al loro interno, nel Santo dei Santi, Cristo povero, malato, bambino. Annunciare e lasciarsi annunciare il Vangelo, ogni volta. Sperimentare la presenza di Dio negli occhi che si riempiono di lacrime, nella nostalgia che suscita l’Ave Maria, nelle labbra screpolate che si aprono a ricevere l’Eucaristia. Dentro ogni stanza una storia, una famiglia, dei legami. Dentro ogni stanza una battaglia, l’ultima, la più importante, quella che conduce al Cielo. Ho iniziato il cammino in hospice nel 2023. Non pensavo che fosse questo il mio posto, eppure qui tocco la vita con le mani, ne assaporo il gusto, ne scopro il senso. Qui i parametri sono altri, i tempi non sono i nostri e le soluzioni umane si infrangono contro il limite della morte. Qui si impara a stare, a restare, a volte in silenzio accanto a un malato, senza dire niente. E nel silenzio, la Presenza. Mentre scrivo ho davanti agli occhi i volti luminosi di coloro che con docilità si sono lasciati accompagnare in questo cammino incontro al Padre. Dio si è fatto vicino, si è seduto accanto, lasciandosi mangiare e toccare. Papa Francesco parla di una Chiesa in uscita, mi piace aggiungere, una Chiesa che esce per entrare. Un amico che ora è in Cielo un giorno mi ha detto: «Abbiamo tutti bisogno di casa e una Chiesa che si fa casa è il posto più bello del mondo!». Una Chiesa che si fa casa è una Chiesa che si siede accanto, che resta, che festeggia un compleanno, che condivide una tazza di tè caldo, che sta davanti al dolore, che ascolta e prega. Una Chiesa che si fa casa è una Chiesa che non guarda l’orologio, che prepara un dolce senza zucchero, che canta Tu scendi dalle stelle il giorno di Natale. Mai avrei pensato di finire l’anno recitando il Te deum nella stanza di Luca, un’anima bella, che ogni volta che ascolta il Vangelo dice qui c’è tutto, ed è vero, nella Parola di Dio, che si è fatta carne, e che risuona forte in questi giorni di festa, c’è tutto.Allora mi metto alla scuola della vita, in ascolto della fede, perché il letto di un malato terminale è un auditus fidei, una porta aperta. Entrare in un hospice è iniziare a camminare sulle acque, è scendere dalla barca e fidarsi che il nostro camminare è incontro al Padre, che dopo quell’ultimo atto di fede la nostra vita non finirà nel vuoto, ma saremo presi in braccio, come il Bambino di Betlemme dalla Vergine Maria, e accompagnati nella Gerusalemme Celeste, dove i santi cantano in eterno le lodi a Dio – Elisa O.