Un mondo nuovo

Altro che stellato dovresti essere


2024, Scarp de’ tenis, aprileChef Wild. La scelta di Davide: Cucino nei boschi, così sono feliceDavide Nanni, noto sui social come lo Chef wild, ha fatto della propria terra e dei legami familiari la sua forza, e il successo. Nella natura selvaggia c’è nato, in particolare a Castrovalva, un borgo fortificato abruzzese, di media montagna, piccolo piccolo, che conta quindici abitanti e si affaccia da uno sperone roccioso a ottocento metri di altitudine. A Castrovalva, Davide ha deciso di prendere in gestione l’agriturismo di famiglia: La locanda Nido d’Aquila. E nei boschi che circondano il paese cuoce le sue ricette in mezzo agli alberi: dalla pasta fresca ai dolci da forno, tutto sulla brace di fortuna che allestisce insieme al padre Mario, personaggio d’altri tempi. Tutto questo è diventato un libro, A sentimento. La mia cucina libera, sincera, selvaggia, edizioni Mondadori. Il libro conduce il lettore alla scoperta dei piatti tipici della tradizione abruzzese – cuore della cucina di Davide Nanni – imparati dal nonno Angelo quando insieme portavano al pascolo le pecore. «A 13 anni ho cominciato ad andare via da Castrovalva. Frequentavo l’istituto alberghiero a Villa Santa Maria, in provincia di Chieti. Vivevo là da lunedì a venerdì e tornavo a casa nel fine settimana. Finita la scuola, nel 2010, sono andato a Londra, ho lavorato anche Locanda Locatelli, ma poi sono tornato. Ho vissuto per qualche anno fra l’Abruzzo e Roma, lavoravo in vari ristoranti. Ma chiedevano orari pieni con uno stipendio molto basso. A un certo punto, nel 2019, ho deciso di partire per l’America, in Florida, in una città che si chiama Longboat Key. Lì ero chef in due ristoranti italiani. Avevo un ottimo stipendio, però facevano delle richieste assurde: la panna nella carbonara oppure la polpetta sopra l’amatriciana. Litigai ci proprietari e tornai a Castrovalva. Poi venne il Covid. Andai in depressione perché non sapevo che fare, dopo 10 anni in cui avevo girato il mondo, lavorando sempre, mi ritrovavo in un paese vuoto, senza una prospettiva di futuro. Mia madre era stufa di vedermi in quello stato. I miei genitori avevano un agriturismo, coltivavano i prodotti, allevavano gli animali, preparavano le cene e l’accoglienza. Un giorno, esasperata, mia madre mi disse: “Davide, perché non provi a lavorare con noi? Fai le tue ricette con i nostri prodotti. Male che vada ritorni all’estero”. Ci provai in estate e la sala era sempre piena. Però, finito il periodo delle vacanze, per tutto l’inverno non venne nessuno. Che ci stavo a fare lì? Ero solo, i miei amici erano andati via. Il mondo era da un’altra parte. Tornai a Roma. Ma non lavoravo. Me ne stavo sul letto, al massimo andavo in palestra. La depressione si riaffacciava. Fu sempre mia madre a prendere in mano la situazione. Un giorno mi disse che a trent’anni stavo buttando via la vita. Fu molto dura. Mi offesi, ma mi resi anche conto che mi aveva colpito nel vivo. le risposi che avevo bisogno di tempo per decidere cosa fare. Dopo due settimane chiamai mio padre e gli proposi di andare nei terreni di nonno Angelo, nel bosco, a cucinare. Lui venne, ma mi prendeva per matto. Gli proposi di girare dei video mentre cucinavo, li postai su Facebook per vedere quale reazione avrebbero suscitato. Mi accontentò. La gente apprezzava molto questo nostro rapporto, ironico, leggero, affettuoso. Ma anche la vita nella natura, il senso di libertà. Mi sono appassionato alla cucina sin da piccolo, quando tornavo da scuola restavo con le nonne: coi fazzoletti in testa impastavano chili e chili di pane e di biscotti per l’agriturismo di mamma e papà. Già allora volevo mettere le mani dentro la pasta soffice e da allora non ho più smesso di mettere il naso in cucina. Per me è una filosofia di vita: sono cresciuto allo stato brado qui in paese, a contatto con la montagna dura, aspra. Mio nonno Angelo era un pastore e un agricoltore, una persona meravigliosa, mi ha insegnato il rispetto della natura, gli animali, e anche per il cibo. Cucinare nei boschi mi ha ridato il sorriso, mi sentivo libero, non ero più schiavo del sistema, realizzavo qualcosa che mi faceva stare bene. Poi è arrivato anche il calore delle persone sui social, mi ha fatto molto bene. Da Pasqua al agosto, il ristorante dei miei genitori dove lavoro, è sempre sold out. E ora in televisione. (…) Gli autori della trasmissione È sempre mezzogiorno mi hanno notato; è piaciuto il format. Mi hanno chiesto se volevo fare un provino. È andata bene, mi dissero: “arrivi dritto al cuore, per quello che dici e come lo dici. Per come vivi la vita”. Adesso sono qui a Castrovalva, apprezzo il silenzio e la tranquillità, sto bene con me stesso e vivere qui mi rende felice. Se voglio vedere gli amici vado a Roma, a Milano vado per la trasmissione in Rai e per vedere la mia fidanzata, Giulia. Finalmente è arrivato anche l’amore. Non posso chiedere di più. La mia solitudine a Castrovalva me la vivo in grazia di Dio. La mia identità parte dalla tradizione, dal cuore abruzzese, quello che aggiungo sono le mie esperienze, anche le più lontane. Alla Locanda facciamo in casa l’87% dei prodotti. Dal vino al formaggio, dall’olio alla carne, dai salumi agli ortaggi. Così, diventa semplice creare un piatto: rinnovi la tradizione o la riprendi laddove era venuta meno. Cerco sempre di dare valore anche alle mie esperienze vissute all’estero. Oggi ho incontrato un amico, avevamo studiato insieme all’istituto alberghiero, non lo vedevo dal 2010. Da due anni non fa più il cuoco, stipendi troppo bassi e orari ingestibili per una famiglia. Dei 26 studenti che eravamo in classe, solo in 6 siamo cuochi. La ristorazione italiana ha un problema serio con il lavoro, non riesce a valorizzare le persone. Molti se ne vanno. Sicuramente vieni pagato meglio, ma non sempre sei felice. Molti, quando mangiano all’agriturismo mi dicono: “Altro che stellato dovresti essere!”. E a me fa più piacere così, che siano le persone a riconoscere il lavoro, la cura, la passione, non un titolo stellato che fa spendere molti soldi sia ai clienti che a me. Contengo i prezzi perché voglio dare l’opportunità di vivere una bella esperienza anche a quelli che non possono permettersi di spendere 200 euro a persona per una cena. Certo, non ci saranno i camerieri in guanti bianchi, però se le persone riescono a percepire “la stella” mangiando alla Locanda, io sono felice. Non chiedo altro».