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Storia straordinaria

Post n°3112 pubblicato il 18 Agosto 2019 da namy0000
 

Questa straordinaria storia inizia con l’amicizia fra una giovane donna d’oggi, con il cuore che batte all’unisono con quello dei cavalieri antichi, e una cavalla arabo-aveglinese, saura, la criniera bionda, ‹‹testarda quando vuole, ma gentile quando è l’ora››. Dal 2005 hanno percorso insieme, ogni anno, tra i seicento e i quattromilacinquecento chilometri…

Paola Giacomini ha quarant’anni; Isotta Raminga, la sua amica speciale che ha perso un occhio, ne ha sedici. ‹‹Viviamo sotto il sole e la pioggia, la notte, sotto le stelle. Sappiamo di appartenere a specie diverse, è la nostra forza. Isotta riesce a esplorare il mio cuore, spremendone la musica e spingendolo al coraggio. Sa uscire dalle situazioni più difficili, sembra che si renda conto, in anticipo, di quando stanno per arrivare e diventa seria e concentrata. Quando il pericolo è passato, ritorna allegra e noncurante››.

Paola, da bambina, aveva un sogno: andare a cavallo sulle montagne. A vent’anni quel sogno è diventato un progetto di vita: ‹‹Misi da parte ogni interesse e cominciai a frequentare la scuola di equitazione alpina “Alpitrek”, creata da Mauro Ferraris. È stato lui a insegnarmi che andare con un cavallo sui sentieri alpini non vuole dire soltanto raggiungere una cima, ma incontrare delle persone, scoprire dei modi di vivere che la città non offre››.

Nel 2006, Paola è partita con Isotta da Torino per Santiago di Compostela: ‹‹Durante questo viaggio ho capito che la meta da raggiungere era quella di vivere la quotidianità non in modo scontato, abbandonandomi a meccanismi che all’apparenza garantiscono una tranquillità, ma in realtà oscurano il vero succo della vita. In quegli anni ho esplorato le Alpi occidentali, andando alla ricerca di persone che vivevano isolate e dimenticate, in posti dove non c’era nessuno. Trascorrevo con loro un’intera giornata, abitavo la loro solitudine che entrava a far parte della mia vita. Ritornavo a trovarli un anno dopo››.

Il 2016 fu l’anno dei Sentieri da lupi (è il titolo di uno dei libri scritti da Paola, pubblicato da Blu edizioni) che, dopo essere stati scacciati dalle Alpi, vi stanno ritornando. ‹‹Ripercorrere le loro tracce, incontrare persone che hanno a che fare con loro, è stato come aprire le porte di un castello che, in ogni stanza, riserva sorprese ed emozioni. Nei settatanove giorni di viaggio dalla Slovenia alle Alpi Marittime, ho raccolto un tesoro stupendo di sfide, progetti e condivisioni che mi hanno arricchito enormemente››.

Nel frattempo nel suo cuore si era insinuato un altro sogno: andare in Mongolia per incontrare i cavalli selvaggi, i przwalskii, che dopo avere rischiato l’estinzione sono stati reinseriti nella steppa mongola.

‹‹Il loro nome è Takhi e significa lo Spirito, l’Inaferrabile, la Libertà. I mongoli li ritengono “divini”››, spiega Paola. ‹‹Ho avvertito nei loro confronti una forte attrazione, mi riportavano ai tempi preistorici, a significati che sento di dover riscoprire per il mio progetto di vita››. Grazie alla generosità di uno sponsor, nel 2017 Paola è atterrata in Mongolia, dove per alcuni mesi ha condiviso la vita degli abitanti negli avamposti della steppa: ‹‹La porta della loro yurta, la tenda, era sempre aperta. Si stava per lunghe ore attorno alla stufa, con una tazza di tè e un piatto di carne essiccata: ascoltavo e imparavo molte cose. Dove muri erano crollati e paesi scomparsi, dove pareva che non ci fosse più niente, era rimasto un modo di vivere essenziale››.

‹‹Nelle notti stellate della Mongolia, accanto ai tre cavalli, Graffio, Azimuth, Tgegherè, acquistati fra molte difficoltà burocratiche, ho capito che dovevo testimoniare quanto stavo vivendo. Nel nostro Pianeta ci sono tesori nascosti: sta a noi, cavalieri nomadi di oggi, farli conoscere››.

È nato così “Mare d’erba”, il progetto di un viaggio, sulle tracce di Gengis Khan, dall’antica capitale mongola, Kharkhorin, a Cracovia, attraverso la Siberia e le pianure dei grandi fiumi della Russia: ‹‹La mia speranza è di costruire un ponte ideale fra due culture, fra due mondi molto diversi, l’Oriente e l’Occidente, che attraverso il linguaggio internazionale degli attuali cavalieri e con le  nuove tecnologie, non sono più così, lontani››.

Un’impresa che ha assunto il significato di una missione di pace. Era il 1241, i tartari stavano per piombare su Cracovia, un trombettiere dal campanile della basilica di Santa Maria diede l’allarme con una melodia che fu interrotta dalla freccia di un arciere mongolo che lo uccise. Quella melodia oggi è suonata da un pompiere che si affaccia, ogni ora, ai quattro angoli della torre.

Quando Paola è ripartita da Kharkhorin per la Polonia, con due dei cavalli, ha portato con sé una freccia mongola, donatale dal sindaco.

‹‹Quello che è stato uno strumento di morte e di guerra, oggi vuol essere un segno di pace e di dialogo››, dice Paola che, arrivata in Siberia, vi ha trascorso tre mesi, scoprendo nei piccoli villaggi un’umanità semplice, pronta a condividere con calore la propria vita con l’ospite inatteso.

Dopo altri quattro mesi, in cui i cavalli sono stati ospitati in un monastero ortodosso, ha potuto riprendere il suo pellegrinaggio verso Cracovia, dove spera di arrivare a fine agosto, dopo aver percorso le terre dei cosacchi, risalito il Don fino all’altezza di Mosca e attraversato l’Estonia.

I trombettieri della basilica di Santa Maria l’aspettano con gioia e con stupore (Mariapia Bonanate, FC n. 32 del 11 agosto 2019).

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