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Senza parole

Post n°2478 pubblicato il 30 Dicembre 2017 da namy0000
 

“padre Gheddo e mio padre si conobbero, in Vietnam, e passarono anche alcuni giorni assieme. Ne nacque un’amicizia duratura. Mi piacerebbe potere immaginare i dialoghi fra il missionario animato da una fede di roccia, e mio padre, che dalla Ritirata di Russia era tornato con la silenziosa certezza di un Dio assente. Chissà, mi chiedo, cosa si dicevano quei due, nel mezzo della guerra del Vietnam. Certo avranno condiviso un pezzo di quel parmigiano che mio padre, nato a Parma, sempre si portava dietro, religiosamente, nella sua vecchia caotica valigia. Ma, tornando alle cartoline, mi viene da domandarmi perché quelle di padre Gheddo ai nipoti erano fitte fitte di parole, e quelle di mio padre così laconiche.

Anche a casa, del resto, a noi bambini lui non raccontava niente o quasi dei mondi che aveva visto, mondi quasi sempre insanguinati dalla violenza degli uomini. Probabilmente pensava che non fossero cose da raccontare a dei bambini. Padre Piero, invece, traboccava di racconti.Forse perché la sua gran fede gli permetteva di riconoscere, anche nei luoghi più travagliati, il filo tenace di una speranza. Certo perché negli occhi dei bambini, delle madri, pure in Paesi tormentati, dal Vietnam alla Cambogia all’Etiopia, vedeva con certezza un’attesa di pace. Da adulta, e diventata giornalista, anche io ho conosciuto Gheddo. «Ah, la figlia di Egisto!», mi accolse con un abbraccio, e capii allora quanto bene voleva a mio padre. Mi colpì, nella sua apparentemente semplice persona di prete nato in un paesino del Vercellese, come una gran forza.

 

Era stato nei più sperduti e miserabili angoli del mondo, aveva visto la ferocia e la fame, eppure era un uomo assolutamente certo del fatto che la vita è un bene. Se ne era andato fino agli ottant’anni compiuti in giro per strade remote e pericolose, sempre seminando una parola, quella del Vangelo. E mi disse: «Io so, io ho visto che il Vangelo, là dove arriva, opera, e cambia la vita degli uomini». C’era, c’è, una positività travolgente in padre Gheddo. Chissà, mi sono domandata, che cosa gli ribatteva mio padre, e se non ha avuto la tentazione, davanti a una fede simile, di cedere, di convincersi. Lui che sulle cartoline scriveva solo «Ciao, papà», e tutto il resto era spazio bianco, silenzio, cose che non voleva raccontare. Mentre il suo amico sacerdote e missionario e giornalista scriveva con una grafia minuta, in fila zeppe di parole, e poi anche sui margini, perché lo spazio non gli bastava: tanto di bello aveva da dire ai suoi nipoti, pure da mondi in guerra. Certo com’era che, a ogni latitudine, Dio abita nel fondo del cuore di ogni uomo. (Marina Corradi, Avvenire, 29 dic. 2017). 

 
 
 

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