Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Febbraio 2019

Fagioli contro il razzismo

Post n°2946 pubblicato il 28 Febbraio 2019 da namy0000
 

 
 
 

Spigliata e sorridente

Post n°2945 pubblicato il 26 Febbraio 2019 da namy0000
 

Monica C. è spigliata e sorridente. Anche chi è abituato a combattere potrebbe arrendersi di fronte a un colpo avverso del destino. La soldatessa Monica C., invece, ha saputo reagire alla grande, facendo di una menomazione il punto di partenza per il suo rilancio. Un colpo di mortaio le ha fatto perdere una gamba. ‹‹Ma non voglio parlare dell’incidente. Ormai è una cosa passata, è più interessante parlare del presente, ovvero del mio impegno come atleta paralimpica››. ‹‹E dire che non avevo mai corso prima››, ricorda Monica. ‹‹Lo sport mi è sempre piaciuto, in gioventù avevo giocato a pallamano fino ai Campionati regionali, ho frequentato scienze motorie, fermandomi a pochi esami dalla laurea per inseguire il mio sogno di entrare nell’Esercito. Non ci avrebbe scommesso nessuno che mi sarei adattata alla ferrea disciplina militare. Da piccola e anche da adolescente ero tremenda, aliena alle regole, ho fatto letteralmente impazzire i miei genitori. Però mi ha sempre attirato la d ivisa, e poi mi piaceva l’idea di aiutare le persone in difficoltà. Ho sempre avuto un forte spirito patriottico, mi inorgoglivo quando a scuola cantavamo l’inno di Mameli››.

Dopo l’incidente in Afghanistan e la lunga riabilitazione era stata congedata e poi è stata richiamata in un ruolo d’onore. ‹‹Certo, ora sono confinata in ufficio, al lavoro non indosso più la divisa bensì la tuta, ma so di essere ancora importante. Malgrado quello che mi è successo, se potessi, tornerei in Afghanistan. Di quella terra ricordo il cielo stellato nel deserto: non ci sono luci artificiali e le stelle risaltano in modo impressionante, alcune sono così intense da sembrare una luna. E poi ricordo i bambini: se davamo loro una penna o una merendina ci ringraziavano come se avessero ricevuto il più grande dei tesori. In mezzo a quella popolazione mi sono arricchita dentro e ho capito che con poco si può essere felici››.

‹‹Prima di partire ci raccontano i vari pericoli a cui possiamo andare incontro e ci si prepara anche al peggio. Però quando fai un lavoro che ti piace non pensi che possa succederti qualcosa di brutto. La vita di tutti i giorni diventa una routine e così sono più le famiglie a casa, in Italia, a vivere nella preoccupazione››.

‹‹L’unica cosa che non posso fare è indossare i tacchi, ma quelli tanto non mi piacevano neanche prima››.

Ha scritto un’autobiografia Non sai quanto sei forte (Mondadori) ‹‹Perché davvero solo nelle difficoltà ti accorgi quanto sei in grado di reagire. A chi si lascia abbattere dalle piccole contrarietà dico che dentro di noi c’è una forza innata, pronta a esplodere e a spingerci avanti. Io ho trovato la mia forza nell’atletica, è stata la mia luce in fondo al tunnel e per me è anche un modo per tenere alta la bandiera italiana che io rappresento››.

Dopo il secondo posto agli Europei di Berlino, la medaglia d’oro agli Invictus game, giochi militari per disabili a Sydney, la aspettano i Mondiali di Dubai nel 2019 e le Paralimpiadi di Tokyo nel 2020. ‹‹Non sono più una ragazzina, ma in fondo credo di avere ancora tanto da dare all’atletica. E chissà mai che non riesca a battere Martina Caironi. Io penso sempre positivo›› (FC n. 8 del 24 Febbr. 2019).

 
 
 

Cara mamma

Post n°2944 pubblicato il 26 Febbraio 2019 da namy0000
 

Cara mamma, non ci conosciamo, ma sento il dovere di scriverti perché il tuo dolore è il mio.

In questi giorni, tanti commenti che ho sentito mi hanno trafitto come spade il cuore. Abbiamo tante cose in comune, entrambe isolane e con un amore che qualcuno definirebbe “esotico”.

Ho un bambino di 5 mesi, che ho tenuto in grembo per 9… quasi 10 mesi, si è sviluppato in me, è nato da me e vive per me. È mio figlio, proprio come il tuo Alessandro (Alessandro Mahmood ha vinto alcune settimane fa il Festival della canzone italiana di Sanremo ndr). Mio marito è indiano, anzi sikh per la precisione. Come capirai, immedesimarmi in te era fin troppo semplice.

David, mio figlio, è già un piccolo dittatore, che sembra amare la musica. Spesso gli canto “Sciccareddu di lu me cori”, lui impazzisce e ride a non finire. Ha il mio sangue e, come me, sente nelle viscere la mia amata lingua madre. Per onestà, devo dire che ha la stessa reazione con la filastrocca in punjabi del papà! Mio figlio è siciliano, è sikh, è nato a Roma e per la legge è italiano, come il tuo giovane Alessandro.

Ho sentito commenti strazianti, che sarebbe riduttivo definire frutto di pochi frustrati ignoranti. La verità è che i nostri figli saranno sempre considerati degli stranieri in patria. E questo l’ho capito solo adesso, grazie a questa vostra brutta esperienza.

Ho sempre vissuto in un contesto protetto, circondata da gente che mi voleva bene o che viveva la diversità come valore. Ho avuto il primo trauma trasferendomi a Roma; la grande metropoli mi ha serbato un razzismo che non potevo immaginare. Tanti, troppi episodi su autobus e tram, che mi avevano fatto intravedere le porte dell’autocommiserazione. Il primo episodio dalla nascita di David, sul tram. Sale mio marito con la carrozzina con dentro un bimbo di appena 10 giorni, io ero di poco avanti, una vecchia ad alta voce esclama: ‹‹Ormai sui mezzi salgono cani e porci››. Io rispondo: ‹‹I porci sarebbero mio marito e mio figlio?››, ma un’altra passeggera mi placa e mi dice: ‹‹Tranquilla, ti difendiamo noi››. Scendiamo alla fermata successiva, amareggiati, ma con la forza di quell’insurrezione generale che quelle parole avevano provocato.

Da qualche tempo, “si sono aperte le gabbie”. Troppa gente parla, scrive, posta, pensa in modo razzista come se fosse normale, addirittura “di buon senso”. La cosa che mi ferisce di più è quando queste persone sono donne e madri. Forse non hanno mai pensato che Alessandro potrebbe essere figlio loro.

Ho sempre messo la speranza davanti, la tenacia di chi era sempre disposto a prendere le mie difese. Non perché non sapessi difendermi da me, ma perché mi dava l’illusione di un mondo che lotta per restare giusto. Per lo stesso motivo ti scrivo. Non ti conosco, ma so già che sei una donna forte; la mia unica intenzione è farti sapere che siamo in tante e dobbiamo sostenerci tra di noi.

Ogni parola, ogni insinuazione su Mahmood come artista e ragazzo mi devasta. Vorrei poter gridare a gran voce: ‹‹Lasciate stare il mio bambino››. Un bambino che è mio, che la cultura araba ha solo arricchito. Un figlio cresciuto a Milano, ma con sangue sardo. Milano ha ospitato, spero bene, una famiglia e un talento, ma il sangue isolano non si dimentica e non ti lascia anche dopo generazioni.

Non voglio lasciare a mio figlio questo mondo, mi chiedo spesso: ‹‹Dov’è quel mondo in cui sono cresciuta? Perché a mio figlio è toccato questo schifo?››.  Vorrei fare qualcosa per restituirgli il sogno degli anni ’80 e ’90, quando ero bambina io, di We are the world, delle pubblicità di Oliviero Toscani, della caduta del muro di Berlino, della prima Miss Italia nera! Vorrei ricostruirgli un mondo che vada verso la pace, la comunione dei popoli e la bontà, senza che questa venga etichettata come qualcosa di negativo.

Mio figlio non può e non deve essere straniero in casa sua. Mio figlio rappresenta l’evoluzione delle culture e il tassello di pace che ci salverà.

Ti lascio con questa frase, io non sono una grande scrittrice e ho scritto di getto così come mi suggeriva l’enfasi del momento, magari tu sarai molto più razionale e abituata di me a questi episodi e magari io ho ancora qualche ormone in subbuglio… ma ci terrei lo stesso tanto a contribuire a far nascere un barlume di speranza nelle mamme come te e me, figlie di un’altra Italia – Valeria (Lettera pubblicata da FC n. 8 del 24 Febbr. 2019)

 
 
 

Sfiorando l'eternità

Post n°2943 pubblicato il 24 Febbraio 2019 da namy0000
 

L'esilio e la promessa /16. Sfiorando e toccando l'eternità

Luigino Bruni, Avvenire, sabato 23 febbraio 2019

Dove sarà quella vita che avrei potuto vivere e non vissi...
Dove l’àncora e il mare, 
dove l’oblio di essere chi sono?...
Inoltre penso 
a quella mia compagna
Che mi aspettava 
e che forse mi aspetta
Jorge Luis Borges, Ciò che è perduto


Quando cade il velo delle illusioni e finalmente ci incontriamo con la nuda realtà, nostra e della vita, inizia un tempo di autentica provvidenza, quasi sempre nascosta sotto un involucro di dolore. Comincia un tu-a-tu intimo e immediato con la propria anima e con i suoi abitanti (inclusi i demoni). Tutte le ambivalenze, le ambiguità, i grandi e piccoli compromessi e peccati del passato si impongono con una loro forza propria e invincibile. Ci parlano e, con una autorità fino ad allora sconosciuta, ci chiedono e pretendono verità. Ci svegliamo improvvisamente da un sonno profondo nel quale eravamo caduti senza saperlo né volerlo, e si apre una nuova fase della vita, spesso migliore. Perché per toccare le salvezze vere occorre raggiungerle oltre le illusioni e consolazioni che schermano la condizione ordinaria della vita. In alcune esistenze questi momenti arrivano una volta sola, ed è quella decisiva, perché è l’ultimo appello. Lì siamo chiamati con il nostro primo nome; ci voltiamo di scatto e rispondiamo ancora, sapendo però che sarà l’ultima volta, perché quel primo nome sta morendo per risorgere.......

 
 
 

Jolly

Post n°2942 pubblicato il 24 Febbraio 2019 da namy0000
 

"Tommaso e Filippo B., 10 e 12 anni, Milano - Due giovanissimi fratelli - Tommaso e Filippo B. - hanno ideato un'applicazione anti-bullismo (Jolly) e il papà Federico, su loro richiesta e con le loro indicazioni, l'ha programmata. Jolly è un'applicazione gratuita e utilizzabile su Apple e Android. Ha lo scopo di aumentare l'autostima dei ragazzi tra i 10 e i 16 anni, attraverso lo scambio di messaggi positivi in uno spazio protetto da insulti e offese. L'applicazione e' una via di mezzo tra un social network e un gioco, e ha due regole: le domande sono solo positive e le risposte anonime."

 
 
 

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