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Messaggi del 19/07/2018

Ultimo viaggio

Post n°2722 pubblicato il 19 Luglio 2018 da namy0000
 

2018, Avvenire 18 luglio.

Un turista americano, malato terminale di cancro, è stato derubato a Venezia durante il suo ultimo viaggio con la moglie. Il turista ha deciso di scrivere una lettera al ladro per esprimere amarezza.

"Questo era il mio ultimo viaggio con mia moglie, sto morendo di cancro. So che probabilmente non leggerai questo testo e non te ne importerà neanche nulla scrive il turista - siamo arrivati nella tua bellissima città il 14 luglio, alle 14. Sul vaporetto numero 1 sono diventato la tua ennesima vittima. Mi hai lasciato senza soldi e senza carta di credito. Immagina anche solo per un istante quello che questo causa alla tua vittima". "Ho pregato per perdonarti e prego per te affinchè tu ti allontani da questo peccato che ferisce le persone innocenti si conclude la lettera ti perdono". 
Questa vicenda ha sollevato, tra le altre, le reazioni del governatore veneto Zaia: "È questa l'immagine che vogliamo dare alle nostre città? Servono più mezzi e uomini alle forze dell'ordine ma soprattutto pene severe per evitare che, una volta catturati, questi ladri possano uscire di galera in poche ore e tornare a delinquere". Il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, ha fatto sapere di aver "contattato il signor Michael Veley per esprimergli la nostra vicinanza. Purtroppo è già fuori Italia ma quando vorrà sarà il benvenuto a #Venezia e mio ospite personale gratuitamente assieme alla Sua Famiglia".

 
 
 

Dava loro potere

Post n°2721 pubblicato il 19 Luglio 2018 da namy0000
 

Gesù chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri. E ordinò loro di non prendere per il viaggio nient’altro che un bastone: né pane, né sacca, né denaro nella cintura, ma di calzare sandali e di non portare due tuniche” (Marco 6,7-13).

“Gesù dà potere ai suoi sugli spiriti impuri. Cosa sono? Sono non puri, ossia misti, che confondono vita e morte, che banalizzano il bene e minimizzano il male. Se uno spirito si oppone patentemente allo Spirito santo, si vede, fa le scintille, suona male, non si può nascondere. Ma quando usa insieme bene e male ci si può confondere. Infatti nessuno fa il male pensando che sia male, ma perché ha un buon motivo per farlo. Con frasi del tipo, “quando ci vuole ci vuole” ci si autorizza allo scivolone. Lo spirito impuro è il tipo di inganno per cui s giustifica il male in nome di una sua parte buona. È l’arte sottile del compromesso, della mezza misura. Per cui per buone ragioni si dà licenza al tortuoso, all’indegno, al violento, al mal fatto.

I matrimoni si rovinano quando si inizia a non andare fino in fondo, quando ci si abitua a non dire la verità, e il quieto vivere spegne gli slanci, e il comfort vince sull’integrità. E si tira a campare. Male.

Come si vince questa roba? Anzitutto si è mandati a due a due: ci vuole l’altro, la condivisione, la comunione; non esiste il self-made nel cristianesimo, tutto è relazione, altrimenti è una trappola. E poi si porta il bastone, ma non il pane, la sacca, il denaro, mettere i sandali, e niente tuniche di riserva. Sono indicazioni contingenti? No, è Vangelo, è una Parola eterna.

Il cibo non serve per la battaglia, perché non si vince lo spirito impuro preoccupati degli appetiti. Se comanda quel che “mi va” resto sempre un bambino.

La sacca è per portare le cose “che non si sa mai”, le soluzioni di riserva, le rassicurazioni. Se ho un piano “B” non sono autentico. Se vuoi camminare nella verità, non esiste una via di fuga di riserva.

Niente denaro: chi ha paura di perdere qualcosa è accecato dall’ansia. Il possesso è il nemico dell’amore, luce della nostra vita. Così non si vince con il possesso ma con il distacco.

DISPOSTI A CAMBIARE. Ma calzare i sandali: non sedersi, non installarsi, non “sistemarsi”, ma  camminare, essere disposti a cambiare, a essere messi in discussione, in movimento.

E nessun’altra tunica che quella che indosso: l’abito rappresenta il ruolo. Niente ambiguità di relazioni. Se sono sposato, sono sposato sempre, non sfodero qualche altro atteggiamento dove nascondo che c’è una donna cui appartengo; e se sono un padre, lo sono sempre, anche quando non ho i miei figli intorno, perché penso a loro, vivo per loro.

Ma si afferra il bastone. Cos’è? Un legno serve a Mosè per passare il mare, un legno serve a Cristo per arrivare alla mèta, che è il Padre. Se non si accoglie il legno della croce, se si rifiuta il dolore e la precarietà, lo spirito impuro ha una porta spalancata per entrare, perché si rifiutano i disegni della provvidenza. Seguire Cristo senza accogliere la croce? Più dannoso che inutile.

Chi lo vuol seguire, rinneghi la sua vita – ossia il pane, le riserve, le installazioni e i ruoli ambigui che sembrano proteggere la propria vita – ma afferri stretta la sua croce ogni giorno e lo segua” (Fabio Rosini, FC n 28 del 15 luglio 2018).

 
 
 

Zakkai

Post n°2720 pubblicato il 19 Luglio 2018 da namy0000
 

Zaccheo (in ebraico è noto il nome Zakkai), un alto funzionario fiscale che gestiva gli esattori di un’importante città della valle del Giordano come Gerico. Si tratta, infatti, di una vasta oasi incastonata in un panorama arido e quasi lunare (tra l‘altro, in ebraico, Gerico significa appunto “la luna”), ricca perciò di coltivazioni e di commerci. Non per nulla, è stata forse la città più antica del mondo, con tracce archeologiche urbane che risalgono quasi all’800 a.C.

Zaccheo, la cui vicenda è narrata nel Vangelo di Luca (19,1-10), è definito come ‹‹il capo dei pubblicani e uomo ricco››. Con il termine ‹‹pubblicano››, in greco telónes, si indicano gli impiegati del fisco e della dogana: erano di solito appaltati dal Governo romano , che aveva il protettorato sulla Palestina, o da autorità locali. Nell’esercizio del loro potere, questi funzionari erano spesso esosi e corrotti e, anche per il loro collaborazionismo con le forze dell’occupazione dell’Impero romano, erano detestati dal popolo e posti al livello dei peccatori pubblici e delle prostitute.

Gesù, che non ha imbarazzo a stare in questa cattiva compagnia, convinto che sono i malati e non i sani ad aver bisogno del medico – come dirà nei confronti di un altro pubblicano di alto rango, Matteo-Levi – non esita a farsi invitare a casa di Zaccheo. Costui, senza imbarazzo, aveva sfidato i commenti ironici e, piccoletto di statura com’era, si era arrampicato su un albero di sicomoro, tipico del clima subtropicale di Gerico che è infossata a 300 metri sotto il livello del mare. Da quella posizione, i suoi occhi, curiosi (e bramosi) di vedere questa figura così popolare, s’erano incontrati con quelli di Gesù di Nazaret.

Era scoccata, così, una scintilla che aveva portato quell’uomo non solo all’incontro, ma anche alla conversione: essa aveva inaugurato una vera e propria vocazione, non tanto alla sequela di Cristo, ma a essere testimone operoso di carità. È, infatti, interessante la dichiarazione finale di Zaccheo: ‹‹Io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto››. Ora, la legge giudaica di allora prevedeva la restituzione del quadruplo nel solo caso  di abigeato grave (nel furto di un montone, secondo Esodo 21,37), mentre il diritto romano lo esigeva per la flagranza di reato (i cosiddetti furta manifesta). Zaccheo, invece, si impone una scelta così gravosa per tutti i torti da lui causati.

È la chiamata a una vita onesta, ma è anche la scelta di entrare nella logica dell’amore radicale e totale propria del Regno di Dio. Una scelta che è suggellata dalle parole di Gesù che dichiara salvo questo ‹‹figlio di Abramo››, che prima era stato un prevaricatore, perché ‹‹il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto››.

Certo, non tutti gli Zaccheo si lasciano scuotere da quella voce, come ricorda amaramente il nostro poeta Eugenio Montale: ‹‹Si tratta di arrampicarsi sul sicomoro/ per vedere il Signore/ se mai passi./ Ahimè, io non sono un rampicante,/ ed anche stando in punta di piedi,/ io non l’ho visto››”. (Gianfranco Ravasi, FC n. 28 del 15 luglio 2018).

 
 
 

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