Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 02/01/2019

L'anno che verrà

Post n°2897 pubblicato il 02 Gennaio 2019 da namy0000
 

“La prima riflessione vuole andare al di là dei singoli fatti, e soffermarsi su alcune radici tossiche che il 2019 deve trovarci impegnati a rimuovere. Penso a due sentimenti che hanno segnato il dibattito culturale e politico negli ultimi 12 mesi.

Sembra che ormai tutto ci sproni a vivere l’istante che passa come fosse l’unico, quasi fosse l’ultimo (“presentismo” lo chiamano gli esperti), dimentichi di un passato che ci ha generato e di un futuro che siamo chiamati a plasmare insieme a chi ci sta accanto. Sembra, inoltre, che l’uomo e la donna d’oggi debbano per forza nutrire stati d’animo simili alla ferocia (“cattivismo”, titolano i giornali).

Il Dio che s’è fatto carne ci offre un diverso orizzonte di valori e suscita ben altri sentimenti: la consapevolezza che siamo parte di un progetto d’amore che postula un “prima” e contempla un “dopo”, e vive di speranza, ascolto, attenzione, impegno, misericordia, perdono.

Non si tratta di utopie irrealizzabili.

Credo che occorra ripensare il mondo e in qualche misura rifarlo a partire proprio da qui, da un insieme di valori condivisi. Dobbiamo tornare a sentirci una comunità di persone che sa fare sintesi delle legittime differenze e si spende per il bene comune. Viviamo, invece, uno stato di smarrimento che, in assenza di politiche rasserenanti, genera paure e angosce. Paura di vivere relazioni sterili, fragili, destinate a spezzarsi; angoscia di perdere o di non trovare un’occupazione dignitosa, stabile, correttamente retribuita e giustamente tutelata; paura di appartenere a società sempre più senza volto, perché ogni giorno più complesse e plurali. Cresce la paura dell’altro perché non lo si riconosce più come nostro simile. È paura soprattutto nei confronti del forestiero che, sempre più spesso, diventa una sorta di capro espiatorio di tutti i mali della nostra società… “ (Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza episcopale italiana, FC n. 52 del 30 dic. 2018).

“A 10 anni dal 2008, anche i più increduli devono ammetterlo: il tempo è cambiato. E il mondo intero sta attraversando una metamorfosi profonda e incerta, dentro a un cambiamento di epoca. Siamo dentro una transizione difficile. E il rischio di precipitare in una spirale di incertezza e violenza è oggi più realistico che mai. Il nostro Paese arriva a questo appuntamento infragilito. I nostri giovani più bravi stanno lasciando il Paese alla ricerca di quelle opportunità che qui non riescono a trovare, mentre tanti altri rimangono intrappolati in quella sorta di anticamera della vita – dove non si studia e non si lavora – in attesa, forse, di un Godot che non arriverà mai…

L’Italia ha un enorme bisogno di riaprire il futuro. Scossa da profonde correnti di rabbia e insoddisfazione, sembra attirata dalle sirene di un ripiegamento, quasi fosse possibile ritirarsi dalla scena della storia, aspettando che il peggio passi. Finendo persino per accettare come inevitabili piccoli e grandi gesti di ordinaria disumanità.

È una tentazione da superare, tornando a guardare avanti e riaprendo il cuore italiano. Cioè risvegliando quelle energie spirituali e materiali che, oggi ampiamente inespresse, pure ancora riconosciamo dentro e attorno a noi. Forse mai come in questo momento abbiamo bisogno di un anno nuovo.

Ma come riuscire a muovere un nuovo passo che possa portarci fuori dalle secche delle passioni tristi che sembrano prevalere?

Fermiamoci un attimo e guardiamoci intorno.

Proviamo a considerare il travaglio che attraversa l’intero Pianeta. Forse sarà possibile accorgerci che non solo l’Italia ha bisogno del mondo, ma anche che mai come in questo momento il mondo ha bisogno dell’Italia.

Il nostro Paese ha un compito da svolgere, un contributo che tutti insieme possiamo portare, trovando così la strada del nostro futuro. Nel suo travaglio di oggi, il mondo ha bisogno del nostro modo di guardare e di stare nella realtà, della nostra fiducia illimitata nella creatività della persona, della nostra capacità di tenere insieme testa e cuore, mani e cervello, che ci permette di coniugare tecnologia e umanità dando vita a modi nuovi di fare le cose. Del nostro disordine creativo che permette letture sempre originali della realtà. Della nostra storia lunga e densa e della nostra varietà di luoghi e tradizioni che permettono di non ridurre la crescita alla sola dimensione quantitativa e standardizzata, ma di interpretarla sempre come una straordinaria occasione per rendere il mondo più vario e la vita più bella. Della nostra fede che si mescola con la nostra umanità, rendendoci capaci di non separare mai l’alto dal basso, il ricco dal povero, la terra dal cielo. Ecco, dunque, l’augurio che si può fare al nostro Paese: riaprire il proprio cuore, tornando a essere consapevole della domanda di Italia che sale da tutto il Pianeta.

E che vale ancor di più per l’Europa: perché l’Unione non può esistere senza il nostro Paese. Senza il modo di fare e di essere italiano, senza il nostro cuore” (Mauro Magatti, Sociologo ed economista, FC n. 52 del 30 dic. 2018).

“La grande sfida del Paese, una delle sue fondamentali missioni, è generare occupazione e definire un grande piano di inclusione dei giovani nel mondo del lavoro. Ripartire dai fondamentali dell’economia e della nostra Costituzione: l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro.

A febbraio del 2018, in occasione delle nostre Assise a Verona, abbiamo lanciato l’idea e la necessità sia in chiave italiana che europea delle politiche delle mission. E abbiamo usato tre parole chiave: lavoro, crescita, debito. Più lavoro, più crescita e meno debito pubblico.

L’unica mission è il lavoro, la maggior crescita e il minor debito le precondizioni.

Per avere più lavoro occorre che le imprese assumano. E perché le imprese assumano c’è bisogno che l’economia cresca. E per crescere non c’è altra strada che attivare gli investimenti pubblici e privati: i primi promuovendo la realizzazione delle infrastrutture che occorrono al Paese per essere moderno e connesso, i secondi rendendo competitivo e attrattivo il sistema Paese.

Ecco perché Confindustria, assieme a tante altre organizzazioni imprenditoriali, si batte sulla necessità di aprire cantieri, di far ripartire la macchina dell’economia e creare occupazione rompendo gli indugi e superando le differenze che nascono da una visione pauperistica della società.

Le infrastrutture non sono una questione dei costruttori, ma rappresentative della cultura di un Paese. Il nostro deve rifiutare l’idea di marginalità per conquistare la consapevolezza della sua centralità tra Europa e Mediterraneo, aperto a est e a ovest, espressione di una comunità inclusiva.

Le infrastrutture collegano periferie a centri, i centri tra di loro, l’Italia all’Europa e al mondo, allargando le prospettive. Sono parte fondamentale di una chiara idea di società, aperta e inclusiva. Concetti che abbiamo con coerenza trasferito nel Patto della Fabbrica firmato con Cgil-Cisl-Uil dove si ritorna alla centralità del lavoro e si dà un messaggio al Paese: ossia, in un momento delicato della vita economica occorre unirsi e non dividersi. Riscoprendo i valori e il senso di essere una comunità.

Occorre definire un umanesimo dell’industria partendo da ciò che riteniamo uno dei punti di forza di Confindustria che ha deciso di evolversi rappresentando interessi, avendo sempre uno sguardo e una responsabilità al futuro del Paese: caratterizzandoci con le nostre proposte come ponte tra gli interessi delle imprese e gli interessi del Paese” (Vincenzo Boccia, Presidente di Confindustria, FC n. 52 del 30 dic. 2018).

“Sono tante le speranze, le aspettative e i progetti che il sindacato vuole portare avanti nel 2019, un anno che tutti speriamo possa segnare una svolta per l’Europa, per il lavoro dei giovani e la crescita economica sociale del nostro Paese.

Abbiamo valutato positivamente che il Governo abbia finalmente sentito il dovere istituzionale di ricercare un dialogo con i corpi intermedi che rappresentano milioni di persone nel nostro Paese. Ora ci aspettiamo l’apertura di un confronto vero sui temi dello sviluppo, dell’occupazione, del fisco, dei rinnovi dei contratti pubblici, della riforma della pubblica amministrazione. Bisogna rendere più vantaggiose le assunzioni a tempo indeterminato dei nostri giovani, soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno; si devono finalizzare i sussidi di assistenza a un progetto di formazione delle nuove competenze, di cui le aziende hanno enormemente bisogno…..” (Annamaria Furlan, Segretaria generale della Cisl, FC n. 52 del 30 dic. 2018).

“Non c’è dubbio che l’anno che verrà non lo si può in nessun modo colorare di rosa.

I toni dell’anno nuovo appaiono cupi e oscuri.

C’è in Italia un eccesso di povertà, un eccesso di disoccupazione, un eccesso di paura e un certo disinteresse del Governo verso tutto ciò che può proiettare il nostro Paese verso un futuro positivo.

Il futuro di un paese non è solo, come vogliono farvi credere, un problema di spread o di Pil: il futuro di un paese è sempre un problema culturale, cioè a dire avere la vista lunga, non durevole fino al giorno dopo, ma che sia capace di intravedere i decenni che verranno. La cosa più triste che spesso si sente ripetere dagli istituti di rilevazione statistica è prima di tutto il divario spaventoso tra Nord e Sud d’Italia. Questo problema è emerso subito dopo l’Unità, ma da allora non solo non siamo stati capaci di trovare una soluzione, bensì, con il trascorrere degli anni, la forbice si è fatta sempre più aperta.

Ora sono convinto nel modo più assoluto che una nazione non possa avere vita se non realizzando la sua totalità economica, culturale e politica.

Ho avuto modo, in una o più interviste, di ripetere sempre una frase: ‹‹Noi vecchi non siamo in grado di dirvi più nulla, ormai possiamo darvi solo alcuni suggerimenti sul valore delle buone relazioni umane. Vi ho invitato più volte a seppellirci – metaforicamente, intendo – e a ricominciare totalmente su basi nuove››.

Ma come si può fare? Mi permetto un suggerimento: sognerei una sorta di enorme migrazione interna, appoggiata allo Stato, per cui ci sia un ricambio totale del sangue, cioè a dire che le giovani e i giovani del Sud per legge trovino impiego nel Nord e viceversa…

Io non posso che augurare ai giovani, e soprattutto alle giovani italiane, di avere il coraggio di raccogliere nel cavo delle loro mani la loro vita stessa.

Un abbraccio da nonno e pace, veramente, agli uomini di buona volontà” (Andrea Camilleri, FC n. 52 del 30 dic. 2018).

 
 
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

ULTIME VISITE AL BLOG

namy0000cassetta2lcacremaprefazione09annamatrigianonoctis_imagoacer.250karen_71m12ps12Penna_Magicanonnoinpensione0donmarco.baroncinilisa.dagli_occhi_bluoranginellaninettodgl19
 

ULTIMI COMMENTI

Grazie per aver condiviso questa esperienza così intensa e...
Inviato da: Penna_Magica
il 08/02/2024 alle 11:19
 
RIP
Inviato da: cassetta2
il 27/12/2023 alle 17:41
 
Siete pronti ad ascoltare il 26 settembre le dichiarazioni...
Inviato da: cassetta2
il 11/09/2022 alle 12:06
 
C'è chi per stare bene ha bisogno che stiano bene...
Inviato da: cassetta2
il 31/08/2022 alle 18:17
 
Ottimo articolo da leggere sul divano sorseggiando gin...
Inviato da: cassetta2
il 09/05/2022 alle 07:28
 
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963