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Messaggi del 23/03/2019

Reinventarsi

Post n°2979 pubblicato il 23 Marzo 2019 da namy0000
 

Due genitori illustri, il giornalista Luigi B. e Giannalisa F., ma affettivamente distanti e inaccudenti, un’adolescenza raminga e poi, grazie al dono della bellezza, una carriera fulminante nella moda negli anni Sessanta, prima top model italiana a finire sulla copertina di Vogue. Benedetta B. ha avuto il grande merito di essersi saputa continuamente reinventare la vita, senza puntare sulla bellezza ma perseguendo valori e battaglie forti. Incurante dell’aspetto estetico, con il volto orgogliosamente solcato dalle rughe e i capelli grigi, a 75 anni continua a posare per campagne di moda. Anche per questo motivo è stata insignita del Premio Victoria, riconoscimento che viene dato da Procter & Gamble alle donne over 50 che hanno avuto il coraggio di reinventarsi e liberarsi dai diktat degli stereotipi, riscrivendo la propria vita.

Come ha accolto questo premio?

‹‹Avrei preferito che andasse a tutte le donne selezionate. Al posto della competizione è più interessante che tra le donne ci sia solidarietà, o per usare un bellissimo termine, sorellanza››.

Lei ha dichiarato di aver cominciato a capire la vita a 50 anni. Che cosa le è scattato dentro a quell’età?

‹‹Prima di quell’età pensi di avere tanto tempo davanti, anche per rimediare agli errori. Poi cominci a capire che il tempo è prezioso, che ogni giorno conta. Nel processo di maturazione si diventa più selettivi, rallentano i ritmi, si comincia a riflettere, a osservare i dettagli››.

Come è stato tornare a posare per un fotografo?

‹‹Fare la modella è come andare a cavallo: anche se è tanto tempo che non lo fai, scopri di essere sempre capace. Io cerco di mettere in primo piano l’oggetto da mostrare, non me stessa, senza trucco, ricorrendo a un’espressione non forzata ma un po’ ironica››.

Ha insegnato moda all’università. Che cosa cercava di comunicare nelle sue lezioni?

‹‹Ho insegnato al Politecnico e al Naba di Milano e a Urbino. Il mio obiettivo era far capire che la storia dell’abito è legata alle altre discipline: antropologia, sociologia, arte, economia››.

Lei ha militato nel movimento femminista. Crede che abbia ancora senso oggi il femminismo?

‹‹Negli anni Settanta ho lavorato nell’Udi, Unione donne italiane, coordinavo il programma dei corsi delle 150 ore per le donne lavoratrici. Quel lavoro, per me che non avevo neppure finito le superiori, è stata la mia università. E cred che ci sia ancora bisogno di femminismo, perché migliaia di anni di silenzio non si cancellano in un lampo. Per esempio, le donne non possiedono un cognome proprio: anche quello da nubili lo ereditano dal padre, secondo una trasmissione tutta al maschile. Agli uomini viene negata la sensibilità, a un bambino che piange si dice che si comporta come una femminuccia. E così alle donne ancora troppo spesso è negata l’intelligenza››.

Come ha cresciuto i suoi quattro figli?

‹‹Di sicuro, al contrario di quello che hanno fatto i miei genitori con me, li ho molto amati, li ho allattati al seno fino ai tre anni, e poi ho lasciato la casa aperta, affinché ci fossero sempre i loro amici››.

Che pensa della chirurgia estetica?

‹‹Le donne rifatte mi fanno una tenerezza immensa, vorrei poterle aiutare a pensare ad altri valori. E poi è triste vedere l’angoscia delle donne, la loro insicurezza, sfruttate dai medici››.

Che rapporto ha con le sue rughe?

‹‹Non ci bado, mi lavo la faccia  neanche mi guardo allo specchio. Ho lasciato che la natura scrivesse sul mio volto. Il tempo ti modifica, ma chi se ne frega, nessuno vuole essere amato perché è bello ma perché è una persona››.

Suo figlio Beniamino B. ha girato su di lei il documentario Storia di B. La scomparsa di mia madre. di che cosa si tratta?

‹‹Mio figlio ha sempre avuto un grande amore per me. E ho quindi accettato di farmi riprendere in questa storia, in cui una madre vorrebbe scomparire e non apparire, disprezza l’utilizzo dell’immagine. È stata l’unica pellicola italiana presentata al Sundance film festival (la rassegna di cinema indipendente che si tiene a Park City, nell’Utah, Stati Uniti, e che ha come promotore e mecenate Robert Redford, ndr). Mi sono prestata, perché se non lo avessi fatto sarebbe stato come dire che non avevo stima del suo lavoro, e quindi ho convinto la mia ritrosia. E rinunciare alle proprie prerogative per amore è tipico delle donne›› (FC n. 11 del 17 marzo 2019).

 
 
 

Traguardi

Ogni uomo ha la sua storia. Diversa e, per tanti aspetti, uguale a quella degli altri uomini. Sacrifici, sofferenze, speranze. Traguardi da raggiungere, delusioni, forza di volontà. C’è chi, caparbio, non si arrende e chi, invece, al primo ostacolo ha già tirato i remi in barca. C’è chi può contare sull'aiuto e il sostegno della famiglia e chi deve fare tutto da solo.

Ogni uomo ha la sua storia. Anche Lorenzo Insigne. Nato e vissuto a Frattamaggiore si è unito in matrimonio a Frattaminore, il mio paese. Fin da bambino, Lorenzo, è stato affascinato dal pallone. Giocava proprio bene. La sua carriera è sotto gli occhi di tutti. Insigne è rimasto un giovane semplice e affettuoso, un ragazzo di periferia.

Come tutti gli esseri umani ha i suoi pregi e i suoi difetti, ma è e rimane Lorenzo Insigne, calciatore famoso, responsabile delle proprie azioni. In questi giorni, in una retata delle forze dell’ordine, sono finite diverse persone, per lo più giovani. Sono tutti di Frattamaggiore e di Frattaminore. Due di essi sono imparentati con la moglie di Insigne: uno è suo cugino, l’altro, l’ex compagno della sorella. I due, come il resto della banda, erano dediti al traffico di droga. La droga maledetta che ha rovinato e continua a rovinare la vita di tanti ragazzi. Sconcerta sapere che per stare bene, per divertirsi, per passare una serata in allegria, tanta gente ha bisogno di assumere eroina, cocaina o altre sostanze stupefacenti. Come se la vitalità che si sprigiona da un adolescente, un ragazzo, un giovane non bastasse.

Ho sempre pensato che droga, alcol, gioco d’azzardo, sesso disordinato, dicono più di quanto possiamo a prima vista immaginare. In fondo è sempre la persona a scegliere. E se, pur conoscendo le conseguenze cui va incontro, sceglie un piacere che prima o poi gli presenterà il conto da pagare, vuol dire che di quel piacere è diventato “dipendente”, cioè prigioniero. Per quel piacere è disposto a dire addio alla propria libertà. E a trascinare nel dolore coloro che gli vogliono bene. C’è da riflettere.

Nessun uomo è un’isola. I cuori stanno a grappoli. La tua gioia mi dà gioia, la tua angoscia mi deprime. Bernanos: «Le colpe avvelenano l’aria». Droga, drogati, “droghieri”. Un mondo nel mondo. Un abisso cui non tutti hanno il coraggio di affacciarsi. Fino alla prossima retata. In genere a finire con le manette ai polsi sono i più piccoli, la manovalanza, le ultime ruote del carro, non quelli che hanno le mani in pasto nelle rotte nazionali e internazionali della droga. Nella retata dell’altro giorno, dicevamo, sono finiti anche Raffaele Imperatore Abate e Maurizio Darone.

“Tra i coinvolti anche il cognato acquisito del giocatore del Napoli, Lorenzo Insigne” è il sottotitolo di un giornale locale. E se non bastasse, sotto la sua foto, tra, parentesi, è ripetuto, in prima pagina, che costui è il “cognato acquisito”, mentre sotto la foto di Darone si legge, sempre tra parentesi, “cugino acquisito”. Povero Lorenzo. A che servano queste sottolineature, proprio non lo so. O, forse lo so, ma mi viene difficile ammetterlo. Tirare in ballo un giocatore famoso in una storia squallida nella quale è coinvolto l’ex ragazzo della sorella della moglie, o un cugino della stessa, non aggiunge e non toglie niente alla notizia. A noi interessa sapere che le forze dell’ordine agiscono con successo sul nostro territorio.

Noi, e lo diciamo senza preamboli, gioiamo quando questi nemici della società vengono arrestati, e speriamo che la punizione inferta li porti a cambiare vita. Noi rimaniamo interdetti quando li rivediamo liberi per le strade a rifare quello che facevano, dopo aver scontato una pena durata troppo poco. A noi dispiace quando la loro disonestà porta danni psicologici, morali, materiali a parenti e amici innocenti, che col lavoro, l’impegno, la caparbietà si sono fatti strada nella vita. Noi avremmo fatto volentieri a meno di sapere che tra gli arrestati ci sono un ex cognato e un cugino della moglie di Insigne. Questa gente ha un nome, un cognome, una faccia. Ai giornali bastano e avanzano per dare la notizia senza danneggiare gli altri.  (Avvenire, 22 marzo 2019)

 
 
 

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