Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 19/03/2020

Pane per tutti

«Quale futuro? Devi attendere pazientemente, nella preghiera e nella pace... Ti consiglio di non pensare troppo al fatto di essere felice o meno... Non abbiamo alcun diritto di rifugiarci in una felicità che gran parte del mondo non può condividere ». Chi è l’autore di questa lettera e a chi è indirizzata lo diremo dopo. Per adesso vogliamo farne tesoro noi. Sono giorni, questi, in cui il futuro ci appare nebuloso, incerto; giorni in cui ci sentiamo confusi, spaesati.

Eppure, chi ha confidenza col Vangelo sa che, a riguardo, Gesù, non ci ha mai ingannati, anche quando ci veniva difficile aderire ai suoi inviti, alle sue richieste, ai suoi comandi. Tutto è nelle mani del buon Dio. Mani affidabili più delle nostre, mani amorevoli oltre ogni dire. Mani nodose e tenere. «Solo in Dio riposa l’anima mia».

Un futuro, però, da attendere «pazientemente». Non sempre la virtù della pazienza ha goduto buona fama, soprattutto nel nostro tempo. Da quando poi il mondo ci è arrivato in casa e perfino in tasca, tanti si son convinti di poterne fare del tutto a meno e le hanno dato il benservito. Oggi, isolati, per dovere e per amore, la andiamo riscoprendo.

E ci accorgiamo che ci rende un ottimo servizio, ci mette in contatto con quella parte di noi che non grida, non appare, non recrimina. Ci fa scendere negli anfratti del nostro essere più profondo, là dove più veri siamo, la menzogna tace e il mistero è grande. Ci fa riscoprire l’importanza della sua più grande amica, la prudenza, anch’essa troppo spesso bistrattata. La pazienza cristiana, però, non è mera rassegnazione. Il padre spirituale che stiamo prendendo in considerazione ricorda al suo figliolo che deve sapere attendere, sì, ma «nella preghiera e nella pace».

La fede si nutre di preghiera; non a caso Gesù ci ha consigliato di pregare sempre. Generazioni di cristiani, monaci, consacrati, santi hanno pregato tanto che a noi, non poche volte, sono sembrati esagerati. Pregare, sì, ma quando ne ho voglia, quando ne sento il bisogno, quando il tempio, l’arte, la musica riescono a emozionarmi. Il tempo – pensavamo – è poco e deve essere usato al meglio. Sicché tra le tante incombenze quotidiane, giunti a sera, a rimetterci erano sempre la preghiera, la meditazione, la riflessione. Pregare seriamente costa fatica? Certo. Tutto ciò che vale costa. I risultati però non tardano ad arrivare. Questione di amore. Chi ama sente il bisogno di rimanere con la persona amata.

«Rimanete nel mio amore» ci chiede Gesù. In queste ore difficili e dolorose stiamo riscoprendo la gioia del rimanere insieme. Come purtroppo non poche volte accade, ci accorgiamo di quanto fossimo ricchi soltanto dopo essere caduti in povertà. Peccato. Molte volte siamo stati ingrati verso l’aria, la terra, l’acqua, il pane, gli amici. Era così normale che ci fossero. Ma cosa vuol dire “normale”? Niente è normale.

Tutto è straordinario. È tanto bello, giusto, umano invocare i miracoli. Gesù stesso ci ha invitato a farlo. Ci ha detto di bussare, chiedere, cercare senza stancarci mai. Vogliamo insistere, insistiamo, lo faremo ancora, certi che il suo cuore non saprà reggere al nostro pianto. Per amore di verità, occorre aggiungere, però, che dai miracoli siamo inondati. Sempre. Ogni respiro, ogni battito di cuore, pensiero, paura, speranza è un miracolo. Ci siamo, avremmo potuto non esserci, ma ci siamo. E, al di là di ogni apparenza, continueremo a esserci anche dopo. L’immenso miracolo della nostra vita che scaturisce dalla Sua vita. «Non abbiamo alcun diritto di rifugiarci in una felicità che gran parte del mondo non può condividere» continua il nostro autore.

O si è felici insieme o nessuno lo sarà mai davvero. In particolare non si illudano di esserlo gli amici di Gesù. Occorre imparare a spezzarla, sbriciolarla, la felicità; condividerla, donarla, respirarla insieme ai più poveri, anche e soprattutto quella che ci viene dalla fede. Una fede che ti spinge a cercare gli altri per portarli all’unica Sorgente che disseta. Una fede che si bea di restare al sicuro nel tempio di Dio mentre i fratelli soffrono, hanno paura, muoiono, inquieta non poco. Una fede che non sa spalancare le porte alla carità e alla speranza in breve tempo implode, inaridisce, muore. Facciamo tesoro, in questi giorni, di queste parole scritte da Thomas Merton a Ernesto Cardenal nell’agosto 1959. (Avvenire, 19 marzo 2020).

 
 
 

Due borse di studio

Nino De Masi, imprenditore calabrese, sa bene cosa vuol dire vivere chiusi in casa. Da quasi sette anni vive sotto scorta e coi militari davanti alla sua azienda. Perchè ha detto no alla 'ndrangheta. Ma mai avrebbe pensato di dover stare chiuso al Nord, lontano dalla sua terra, a causa di un altro "nemico". Come ogni fine settimana Nino, all'inizio del mese, aveva lasciato Rizziconi, il suo paese nella Piana di Gioia Tauro, per raggiungere la famiglia da tempo al Nord per motivi di sicurezza. Un momento di serenità in una vita blindata. Ma quando è scattato l'allarme coronavirus, Nino, diversamente da tanti altri ha scelto di non tornare, anche se la scorta era già pronta per accompagnarlo. "È un gesto d'amore per la mia terra", spiega, anche se un forte sacrificio come imprenditore. E sul suo profilo facebook scrive: "Torneremo insieme, torneremo al lavoro che amiamo, torneremo a produrre innovazione e a condividerla con la gente: il mio pensiero va soprattutto ai miei lavoratori, alla mia famiglia, intendo raggiungerli con un abbraccio per ora solo virtuale, ma che sono sicuro sarà forte e vero non appena tutto sarà finito. Forza!". Ma Nino non si è fermato qui. "Dal mio luogo forzato di quarantena fuori dalla Calabria e dalla mia azienda mi sto chiedendo cosa posso fare per la mia terra, per il mio Paese".  Da attento osservatore vede quello che si sta facendo al Nord. "Il sistema universitario e della ricerca si è unito intorno alla politica per creare delle nuove start up per avviare progetti ed attività imprenditoriali per poter sopperire alle criticità materiali del momento". Invece in Calabria, denuncia, "vedo immobilismo". Così Nino, il vulcanico combattente, ha creato "due borse di studio da 5mila euro cadauna per i migliori progetti e proposte diretti a gestire alcuni aspetti e tematiche connessi alla pandemia Covid-19". Destinate ai calabresi. Non solo soldi. Infatti, spiega ancora l'imprenditore, "questi progetti insieme ad altre proposte che un'apposita commissione scientifica valuterà, potranno essere sostenuti, incubandoli e accelerandole la fattibilità e renderli presentabili alle Istituzioni locali e nazionali in adeguati ambiti e tavoli di governo delle decisioni utili per il Paese". Un progetto rapido da chiudere in due settimane, per poi realizzare subito le idee. "Questo è il mio contributo, questo risponde al mio modo di vedere la mia terra, la mia gente, protagonista, lottatrice e non certo piagnona. Questo è il momento di dimostrare a noi stessi di cosa siamo capaci", aggiunge Nino col suo consueto orgoglio calabrese. "Dobbiamo riprenderci spazi che altri indegnamente hanno preso, dimostrando al mondo intero cosa è la Calabria". "Non ho nessun interesse personale in questa proposta - ci dice al telefono dalla sua riservata quarantena al Nord -. Vorrei solo dare la possibilità ad ogni cittadino, ad ogni centro di ricerca, ad ogni imprenditore, alle Università, a tutti coloro i quali, hanno capacità di dare e fare, di contribuire tutti insieme per fare quello che si può, per dare risposte immediate ai bisogni del nostro territorio". Chi è interessato troverà tutte le informazioni sul sito www.demasialsud.com.  E Nino ci lascia con un appello ai colleghi e un nuovo messaggio positivo. "Mi auguro che altri imprenditori possano, se lo ritengono, partecipare a tale iniziativa per ampliare il progetto stesso. Lo spero proprio. Il nostro domani passa anche dalla nostra capacità di stare insieme. E buona fortuna al nostro Paese, alla nostra Calabria ed a noi tutti". Ancora una volta, anche questa volta, continua a coltivare il sogno di una Calabria migliore. "I have a dream", la celebre frase di Martin Luther King che Nino da tanti anni tiene appesa dietro la scrivania del suo ufficio in azienda. Laggiù nella sua terra, ora così lontana ma nel suo impegno vicinissima. (Avvenire, 19 marzo 2020).

 
 
 

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