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Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi del 23/03/2023

Caro Molise scuotiti

Post n°3848 pubblicato il 23 Marzo 2023 da namy0000
 

Caro Molise, scuotiti (Lettera a Famiglia Cristiana di Luca A. di San Paolo-Brasile, FC n. 12 del 19 marzo 2023)

Nel 1983 Isernia è provincia da circa 13 anni. Liliana è in dolce attesa e insieme al marito Fernando, discute il nome del nascituro. Le discussioni vanno avanti fin quando vengo alla luce io, il 18 ottobre, san Luca: quello diverrà il mio nome. Fernando, carpentiere dalle umili origini, ha iniziato a lavorare all’età di 14 anni per provvedere al sostentamento degli altri fratelli; Liliana, sarta, medesima sorte. Tutti ad apprendere un mestiere e, dunque, a lavorare. I miei genitori non hanno voluto per me il loro destino. Con tanti sacrifici economici mi hanno permesso di studiare e mi sono laureato in Scienze politiche. Ma il Molise non è per chi non ha “santi in paradiso” e la strada era una sola: preparare la valigia ed emigrare. Ricordo ancora il giorno in cui partii. Mi ritrovai stretto nell’abbraccio di mia madre, che non seppe trattenere le lacrime. Quello di mio padre, invece, fu un abbraccio silenzioso, ma più forte di qualsiasi parola. Oggi, a distanza di tanti anni dalla mia partenza, il legame con la mia terra è ancora molto forte. Ogni volta che vi faccio ritorno mi innamoro sempre più dei suoi panorami mozzafiato, delle chiese, delle sacre rappresentazioni, degli eremi, dei castelli, di tutte le testimonianze archeologiche presenti sul suo piccolo ma ricco territorio e delle tante specialità enogastronomiche. Ma il mio amore incondizionato si rivolge soprattutto alle sue genti, fiere, laboriose, diligenti e piene di umanità. Mio caro Molise, mi hai lasciato andar via tanti anni fa, facendomi riempire una valigia piena di paure, timori e incertezze. Ho pianto mille volte pensando al modo in cui la classe politica ti ha ridotto nel corso degli anni. Mi sei mancato da morire. Saprai mai accogliermi di nuovo e accogliere tutti quei giovani che hai mandato via? Ma devi dimostrare che sei in grado di cambiare. Svegliati, scuoti i tuoi cittadini: sono pronto a dare il mio supporto perché profondamente legato a te. Spero che un giorno tu mi possa dare la possibilità di ritornare.

 
 
 

Giornata mondiale dell'acqua

2023, Avvenire 22 marzo

Campagna globale. Il sapere di Israele a disposizione contro spreco e scarsità di acqua

Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell’acqua (World Water Day), ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite nel 1992: un’occasione per riflettere sulla crisi idrica globale

un’occasione per riflettere sulla crisi idrica globale, sui nostri comportamenti, sia come individui sia come società e uno stimolo a cercare soluzioni condivise a un problema che può mettere a rischio la nostra sopravvivenza.

Nel primo capitolo della Genesi l’acqua è la sostanza originaria su cui si libra lo spirito divino: «La terra era informe e deserta e l’oscurità ricopriva l’abisso, mentre lo Spirito di Dio si librava sulla superficie dell’acqua» (Gen 1,2). È indicativo il fatto che «lo Spirito di Dio» voli, sopra l’acqua e non sopra uno degli altri elementi originari della creazione.

La cultura ebraica, come si capisce dalle sue festività, tiene in considerazione i ritmi naturali, il cambiare delle stagioni, i cicli agricoli. Basta pensare al rispetto dello Shabbat, il sabato, un momento in cui l’uomo cessa di esercitare la sua influenza sulla natura. Di Shabbat, infatti, è necessario astenersi da qualsiasi atto “creativo”, vale a dire da qualsiasi atto che in qualche modo modifichi la natura.

La catastrofe del coronavirus che ha colpito tutta l’umanità deve aiutarci a capire che per difendere la nostra «casa comune» e la nostra esistenza è necessaria la cooperazione. Adesso che la pandemia in gran parte del mondo volge al termine, dobbiamo concentrarci sulla minaccia esistenziale più urgente: il riscaldamento globale e il cambiamento climatico che minacciano il ciclo delle precipitazioni. In questo contesto riteniamo che soluzioni tecnologiche innovative alla crisi idrica possano essere una parte centrale della nostra battaglia nell’affrontare questa pressante sfida.

La stretta connessione tra la crisi idrica e la crisi climatica è stata rilevata nella dichiarazione di sintesi della Cop27 e sarà un tema centrale nella Conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua che si riunirà oggi, in occasione della Giornata dell’acqua. Ci sono infatti ancora aree del mondo “fortunate” in cui l’accesso all’acqua potabile è facile e immediato (basta aprire un rubinetto nelle proprie case) ma in molti Paesi questa accessibilità è limitata o quasi inesistente. Si stima che circa 2,5 miliardi di persone (il 36% della popolazione mondiale) vivano in aree con scarsità d’acqua, un fenomeno destinato a peggiorare. La scarsità d’acqua, e la conseguente desertificazione, è causa di migrazioni, guerre e conflitti, mettendo centinaia di milioni di persone in tutto il mondo a rischio nei prossimi anni.

Per superare questa crisi, dobbiamo capire che ciò comporta la formulazione di una campagna globale che richiede che tutti i passaggi necessari siano integrati insieme, come ad esempio: guidare ed educare alla conservazione dell’acqua; aumentare l’efficientamento del suo utilizzo; accumulare finanziamenti internazionali, pubblici e privati; risanare le fonti d’acqua inquinate; incoraggiare gli investimenti, la ricerca e lo sviluppo e, prima di tutto, imparare a praticare ovunque una buona gestione dell’acqua disponibile.

Israele può dare, in questo senso, un contributo significativo in quanto Paese con uno dei sistemi idrici più avanzati al mondo e con un’abbondanza di ricerca e sviluppo e tecnologie innovative. Un esempio è il trattamento e il riciclaggio delle acque reflue in cui deteniamo un record mondiale, con il 95% delle nostre acque reflue trattate, di cui quasi il 90% viene utilizzato in agricoltura. Un altro campo in cui siamo leader è la prevenzione delle perdite idriche nei sistemi urbani. Mentre in Israele solo una piccola percentuale dell’acqua viene persa nei sistemi di approvvigionamento urbano, in altri Paesi questo tasso può raggiungere percentuali altissime. Il paradosso è che spesso questo speco si verifica in Paesi aridi.

La desalinizzazione dell’acqua di mare, l’uso di acqua salmastra in agricoltura, l’irrigazione a goccia, lo sviluppo di varietà agricole che consumano meno acqua e persino l’estrazione di acqua dall’aria, sono tutti campi sviluppati in Israele. Noi desideriamo condividere tutto il nostro know-how con le altre nazioni. Se questa divenisse la situazione in tutto il mondo, sarebbe possibile ridurre notevolmente e prevenire l’inquinamento ambientale e la distruzione dei sistemi naturali, consentendo allo stesso tempo all’acqua trattata e purificata di rifluire nella natura e nell’agricoltura.

Un altro fattore fondamentale in questa battaglia per la vita è l’educazione: in troppi Paesi l’acqua si dà per scontata ma ormai è chiaro che la forma mentis delle persone deve cambiare radicalmente.

Con l’enciclica Laudato si’, papa Francesco nel 2015 ha proposto di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra «casa comune» nella ricerca di uno sviluppo sostenibile integrale, perché non dobbiamo dimenticare che nel mondo tutto è strettamente connesso. «L’acqua potabile e pulita rappresenta una questione di primaria importanza. L’accesso all’acqua potabile e sicura è un diritto umano essenziale, fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle persone, e per questo è condizione per l’esercizio degli altri diritti umani», ribadisce il Papa. Sì, l’acqua è vita.

Ambasciatore di Israele presso la Santa Sede

 
 
 

Crisi eloquenti

2023, Avvenire 22 marzo

Usa e Francia: crisi eloquenti

Stati Uniti d’America e Francia – due tra le più grandi e antiche democrazie del mondo – stanno attraversando giorni difficili proprio mentre due grandi sistemi altri rispetto alle democrazie occidentali, Cina e Russia, rafforzano persino ostentatamente i loro legami. Al di là di Donald Trump, il problema è quella larga fetta di opinione pubblica statunitense che continua a considerare il tycoon come un interlocutore preferibile all’intero establishment della Federazione. C’è un malumore profondo che circola nella società americana, che Trump cavalca e strumentalizza, nei confronti di élite istituzionali (politiche, economiche e culturali) concentrate sui temi dell’innovazione tecnologica, dei diritti individuali, dell’apertura multiculturale, dell’ambiente. Tutti temi importanti, ma che toccano corde profonde della stessa struttura antropologica. Chi ha attaccato Capitol Hill non lo ha fatto semplicemente per amore del capo, ma per ribaltare un ordine delle cose che trova sempre meno sopportabile. Trump naturalmente non ha rimedi efficaci per ricomporre questa scollatura. Né, in fondo, la cosa gli interessa. Ma sfrutta a proprio vantaggio personale questo ampio serbatoio di disagio sociale fino al punto da minacciare le stesse istituzioni americane.

La situazione francese è molto diversa. Qui abbiamo un presidente che, inoltrandosi nel suo secondo e ultimo mandato, sente di dover portare a termine la riforma delle pensioni in nome e per conto della sostenibilità economica del Welfare francese. Scampato il pericolo di un voto di sfiducia, il presidente Emmanuel Macron è deciso ad andare avanti, sfidando il malcontento che scuote il Paese. Come già accaduto pochi anni fa, sempre sotto Macron, con i gilet gialli, la Francia è ormai da settimane scossa da una mobilitazione che ha portato in piazza milioni di persone. E i cui sviluppi, dopo la decisione del presidente di andare avanti comunque, appaiono incerti. Stando ai sondaggi, al di là di ogni argomento economico, l’iniziativa di Macron è respinta dalla maggioranza dei francesi.

Pur se in un contesto del tutto diverso, quanto accade in Francia fa emergere linee di tensione simili a quelle degli Usa: le ragioni istituzionali non vengono più capite – e qualche volta addirittura rifiutate – dalle persone comuni. Un po’ perché si è in balìa di cattivi maestri – che oggi non sono i più grandi intellettuali ma gli influencer e più in generale i signori dei social – che fanno cultura diffusa aldilà di ogni argomentazione razionale; e un po’ perché le ragioni istituzionali sembrano lontane dalla concretezza della vita di molte persone. Alzare l’età pensionabile è sicuramente ragionevole tenuto conto dei cambiamenti dei processi di invecchiamento. Ma questo risulta insopportabile quando si vive in un Paese dove aumentano le disuguaglianze, dove la ricchezza si concentra sempre di più, dove cresce la fatica di vivere, dove il futuro appare incerto e dominato dai grandi interessi che se ne infischiano dei destini personali.

Forse in questa prospettiva si può capire meglio il disagio che, ormai da diversi anni, sta attraversando i Paesi avanzati. Tramontata la speranza di una crescita illimitata, le democrazie sviluppate faticano a immaginare un avvenire desiderabile verso cui tendere insieme. Eccetto che per una innovazione talmente rapida e divorante da inquietare l’animo di molti. Soprattutto nel dopo pandemia.

Chi guida le nostre società segue la stella del cambiamento tecnologico ed economico, visto come unica via di salvezza rispetto alle tante sfide che abbiamo davanti. Mentre le persone comuni arrancano anche perché nella loro vita concreta aumentano instabilità, fatica, incertezza. Ed è in questa sconnessione tra il discorso istituzionale sempre più arroccato in astrazioni lontane dalla realtà e la vita concreta delle persone e delle comunità che si incunea quel disagio che rischia di mettere a repentaglio le democrazie contemporanee.

Al di là di ciò che si vede in superficie, ci troviamo di fronte a una questione profonda che va presa sul serio. Il tema è lavorare per non radicalizzare questa tensione, ma piuttosto per affrontarla e, se possibile, risolverla. La tecnologia, la scienza, l’economia sono conquiste preziose. Ma il passo del popolo – tanto sia sul piano sociale che su quello culturale – segue un ritmo diverso. Per superare la crisi che le attanaglia, le democrazie devono prima riconoscere questa discrasia e poi, un po’ per volta, lavorare per ricomporla. È una lezione che vale anche per l’Italia.

 
 
 

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