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Messaggi del 05/11/2024

Il segreto della maxifamiglie

Post n°4076 pubblicato il 05 Novembre 2024 da namy0000
 

2024, Avvenire, 3 novembre

I Pergola (9 figli più 78 in affido) e gli altri: il segreto delle maxifamiglie

Si conclude oggi a Montesilvano (Chieti) l’Incontro nazionale dell’Associazione famiglie numerose. Premiati Nicola ed Elena Pergola di Potenza, 9 figli naturali e 78 in affido negli ultimi 18 anni

Un cuor solo, un’anima sola. È l’immagine che, più e meglio di altre, racconta la storia d’amore tra Nicola Pergola, 47 anni, assistente sociale ed educatore ed Elena Comentale, 44 anni, psicologa e psicoterapeuta. Una storia ambientata a Potenza, capoluogo della Basilicata. Qui, nell’ex contrada Montocchino, Nicola ed Elena vivono in due case attigue. In una abitano anche i nove figli naturali: da Noemi, 22 anni, ad Adele , la più piccola, che di anni ne ha due, passando per Manuel (quasi 21 anni) Simone (18), Alessia (16), Andrea - quasi 15 anni - , David (12), Irene (7 anni) e Giosué (4 anni), tutti preceduti in cielo da Elisabetta e Giovanni . L’altra casa, più grande, è la sede della casa famiglia «Melania» e può ospitare contemporaneamente fino a dodici ragazzi, tra camere private ed ambienti comuni.

«Un cuor solo e un’anima sola. È questo lo spirito che unisce le nostre vite in un amore che non aveva pretese e che ha visto compiersi meraviglie – raccontano i due ad Avvenire. Ci siamo fidanzati il 6 aprile 1994 sotto un metro di neve. Il 2 agosto 2001 ci siamo uniti in matrimonio nella chiesa dedicata al beato Bonaventura da Potenza con il desiderio e la preghiera che l’amore fosse sempre presente nella nostra vita». Non che il sogno di una famiglia da record fosse presente sin dagli inizi della loro vita di coppia. «Io desideravo non più di quattro figli» confida lui. «Ed io almeno quattro» ribatte lei. Ma dopo l’arrivo dei primi figli «abbiamo imparato a guardare alla nostra famiglia come all’unica vera ricchezza che potevamo condividere». Di qui, vocazione nella vocazione, i Pergola si sono aperti all’accoglienza di chi una famiglia (o almeno una «solida») non ce l’ha. In diciotto anni hanno avuto in affidamento ben 78 tra bambini ed adolescenti.

I Pergola (che si sono presentati in 19 all’appuntamento) hanno ritirato il premio «Due cuori & una tribù» 2024, una scultura realizzata dall’artista pisano Andrea D’Aurizio. La cerimonia è avvenuta all’interno dell’incontro nazionale di Anfn – l’associazione che raduna e dà voce alle famiglie numerose in Italia - che da giovedì e fino a oggi riunisce all’hotel Club Esse a Montesilvano più di 450 persone. Significativa l’immagine scelta per promuovere l’evento: una famiglia numerosa sul cucuzzolo di una montagna: «Arrivare in cima alla montagna – ha spiegato il presidente dell’associazione Alfredo Caltabiano – consente una visione unica, che a valle non puoi avere. È un’immagine che calza a pennello con la storia d’amore delle grandi famiglie in Italia e nel mondo: alla pari degli esperti scalatori, hanno fatto fatica, probabilmente in qualche momento hanno provato anche sconforto; ma una volta arrivati alla vetta, la fatica si trasforma in gioia». Due talk show , laboratori, giochi, poesia, musica e risate a gogò. In occasione dell’assemblea di Montesilvano è stato presentato, per la prima volta, il bilancio sociale dell’associazione. Si è aperto un cantiere per la stesura del piano associativo che orienterà le scelte Anfn nel medio e lungo termine. Avviato un confronto sulla rappresentatività dei minori, vecchio cavallo di battaglia dell’associazione (ne parliamo nell’articolo qui sotto): Anfn potrebbe scegliere, in futuro, di dare più «peso» al voto delle coppie con molti figli. Sabato la premiazione delle migliori tesi di laurea dedicate alla famiglia. E applausi a scena aperta per gli otto finalisti del talent The Big Family show presentato dalla simpaticissima famiglia perugina degli Aquino.

Sono poco più di 285mila le famiglie composte da almeno sei componenti in Italia, secondo l’ultimo report Istat. La maggior parte tra queste sono rappresentate da coppie con molti figli. Cosa hanno in comune? È quanto ha cercato di indagare una indagine sociologica, che ha coinvolto 1.330 coppie equamente distribuite in Italia con in comune, una prole numerosa (le più rappresentate hanno quattro e tre figli). In 6 casi su 10 papà e mamma lavorano entrambi fuori casa (e se uno dei due resta a casa per occuparsi full-time della famiglia, quasi sempre è la donna). Non sempre sin dall’inizio della loro storia, la coppia sognava di crescere insieme a molti bambini: in 34 casi su 100 avevano espresso il desiderio di generare uno o, al più, due figli. La scelta di aprirsi alla vita è prerogativa di uomini e donne di fede? Non necessariamente. Alla domanda: «la vostra scelta di accogliere tanti figli affonda le sue radici nella fede?» quasi il 20% ha risposto «per niente», mentre il 45% ha risposto «sì, molto» e il 35% «sì, abbastanza».
Dopo il terzo figlio è soprattutto la vita della donna a cambiare, nei ritmi o nel lavoro fuori casa: «non è cambiata per niente», infatti, per appena il 15.7% delle mamme, è «cambiata abbastanza» nel 45.7% dei casi, è cambiata molto secondo il 34.8% delle donne che hanno risposto al sondaggio.

E la situazione economica dopo il terzo figlio? «È rimasta eguale» per il 24.5% dei casi, è «leggermente migliorata» per l’11% dei casi, è «leggermente peggiorata» per il 44.1%, è «molto peggiorata» per il 17.1% dei casi. Secondo 7 coppie su 10 che hanno risposto al sondaggio «la scelta di generare molti figli è privata, ma ha un valore per la società». «Riavvolgendo il nastro della vostra storia, fareste di nuovo la scelta di mettere al mondo molti figli?» Quasi il 95% delle coppie che ha risposto al sondaggio ha risposto che sì, ne è valsa la pena. Sulle motivazioni etiche che spingono una coppia ad aprirsi (o a non aprirsi) alla vita c’è anche un altro studio, predisposto dall’Università di Udine e dall’Università Cattolica del Sacro Cuore a Roma a cui hanno partecipato anche molte famiglie numerose. Studio i cui risultati saranno illustrati prossimamente. Ma da cui emerge, ad esempio, come molte famiglie numerose – anche se non tutte - conoscono i cosiddetti “metodi” di gestione naturale della fertilità. E li osservano in modo corretto, ovvero non con mentalità contraccettiva.

 
 
 

Ma dove sono gli adulti?

La violenza tra i giovanissimi: ma dove sono gli adulti?

«Esiste una traccia comune tra tutte le vicende? Io penso di sì e si tratta del baratro educativo in cui è caduta una generazione» 

Qualche giorno fa, a Piacenza, una ragazza di 13 anni è morta a causa della caduta dal balcone di casa, probabilmente spinta dal suo fidanzato - o pseudo tale - di 15 anni. Continua ad aumentare così il tragico catalogo delle morti violente per omicidi o suicidio con protagonisti ragazze e ragazzi minorenni.

Esiste una traccia comune tra tutte le vicende? Io penso di sì e si tratta del baratro educativo in cui è caduta una generazione. Non tanto sul piano dei bisogni materiali, quanto su quello dei bisogni educativi fondamentali, quelli che sostengono la crescita e che sembrano non interessare più a nessuno.

In questa assenza si riconosce un tratto comune, che crea le condizioni favorevoli per atti impensabili, agiti come se ci si trovasse dentro un videogiocoNon so perché l’ho fatto” dichiara uno di questi ragazzi, rendendo chiarissimo come il confine fra realtà e fantasia sembra non essere stato acquisito a livello di comportamenti e di mentalizzazione. Sembra mancare un substrato di apprendimento, quello che da sempre si definisce “imparare a stare al mondo” e che rappresenta il collante necessario nel passaggio da una generazione all’altra. Oggi questo appare un optional moralistico, inutile, consegnato a puri e semplici spiegoni che non vengono raccolti dai ragazzi in fuga dal nido familiare.

In tale contesto, salta agli occhi l’assenza di un educativo paterno che sappia porre un limite fra i desideri e la realtà. Che possa chiarire come la vita sia convivenza e non il tentativo di assoggettare chi ti sta vicino alle tue pretese. Serve un paterno che sappia aiutare a riconoscere, affrontare e gestire gli inevitabili conflitti relazionali senza che siano percepiti come un pericolo.

Ogni forma di contraddizione rispetto al proprio pensiero non può risultare una minaccia insostenibile. Purtroppo, il più delle volte questa figura sembra essersi liquefatta in contemporanea all’assenza di una forte comunità sociale educativa che potrebbe funzionare come valido sostituto. Stiamo di fatto abbandonando i ragazzi e le ragazze a un destino di orfanità educativa, con i mille pericoli che ciò comporta.

La sessualità, lasciata in balia dei siti porno, è una delle principali spie di questa situazione. Ricordiamo che questi siti possono essere frequentati anche da bambini di 8-9 anni, se lasciati liberi di usare uno smartphone con accesso a Internet, con tutti i traumi che tale atto può causare. La carenza di educazione sessuale spinge a una promiscuità esperienziale priva di tempo, senza una corrispondenza con i tempi di crescita. Avere il primo rapporto sessuale a 12 o 13 anni può generare traumi. Chi si è formato su siti porno, intrinsecamente misogini, rischia di percepire la sessualità come semplice atto meccanico basato sulla performance, dimenticando di fatto lo scambio affettivo.

Ma dov’è il mondo adulto? Come si può lasciare che già a 13-14 anni i genitori lascino dormire assieme un ragazzino e una ragazzina, trattandoli come se fossero una coppia adulta? Sono concessioni che alimentano la precocità sessuale e danneggiano la tenuta psichica. Altra problematica che emerge è quella del genitore-amico, che non introduce un’organizzazione educativa in risposta all’esplosione adolescenziale.

Una figura che eccede nelle urla ma non ama mettere paletti. Tra eccesso di maternage e ruolo paterno latitante, viene a mancare un gioco di squadra che permetta di non mettersi alla pari con i propri figli e di mantenere i propri ruoli. I ragazzi e le ragazze non hanno bisogno di genitori amici ma di adulti che sappiano reggere il peso del proprio ruolo. Così a farla da padrone è l’isolamento, specie quello virtuale, che sopperisce a una difficoltà nello stare con gli altri, nel creare quella compagnia adolescenziale che da sempre ha fatto da sfondo creativo alla crescita dei ragazzi e delle ragazze. Un isolamento che a volte gli stessi adulti sembrano incentivare, nella paura che lo stare con gli altri si riveli pericoloso.

Ma il punto vero è che in queste tragedie non ci sono colpevoli. Ci sono drammi che si consumano nell’indifferenza sociale e politica. È mai possibile che a fronte del costo di 900.000 euro per una rotonda, non si riesca a dare alle famiglie un adeguato sostegno economico per far frequentare ai propri figli i centri estivi, le scuole dell’infanzia e agli asili nido? I genitori sono soli. Occorre investire di più nel sostegno educativo dei genitori, nelle scuole, nello sport, nelle strutture di aggregazione. Dobbiamo dare vita a una riflessione comune su come i nostri soldi debbano essere usati. Continuare a spenderli in autostrade e cemento o ricordarci che la priorità sono le nuove generazioni? Se le tradiamo solo perché non votano, tradiamo noi stessi e il futuro di tutti.

 
 
 

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