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Io sono colpevole

Post n°4127 pubblicato il 02 Giugno 2025 da namy0000
 

2025, Avvenire, 31 maggio

L'addio. Il testamento spirituale di don Franco Monterubbianesi: «Io sono colpevole»

Il fondatore della Comunità di Capodarco l’ha dettato a Luca prima d’andarsene martedì scorso e ha voluto affidarlo ad Avvenire

Questo “Io sono colpevole” l’ha dettato a Luca prima d’andarsene, martedì scorso, tre giorni prima di compiere 94 anni. Il testamento spirituale di don Franco Monterubbianesi, fondatore della Comunità di Capodarco, che ha voluto affidare ad Avvenire.

“Io sono colpevole – si legge -, colpevole di aver amato il prossimo, colpevole di aver pregato per tutti, colpevole di essere stato progressista o anche di più (e ride, ndr), sì sono colpevole del bene che ho voluto al mondo e agli ultimi, d’aver aiutato chi era considerato immeritevole o scansafatiche, colpevole di aver preso la parola, di non averla lasciata a quegli uomini che si credevano innocenti in una società in cui gli esclusi erano colpevoli solo di essere nati”.

Non era da mezze parole o mezze verità, don Franco. Va avanti: “Chi si ricorda delle mele marce? Così vi chiamavano, invece voi avete fatto la Storia... Perché Capodarco è la Storia! Ma da colpevoli siete tornati a essere abbandonati, poveri, umili, piccoli innocenti e non siete più solo italiani, perché il Signore ci dice sempre di aprirci al Mondo”.

“Non esistono colpevoli, non esistono innocenti”, ripete don Franco, come ha fatto per l’intera vita: “Ci sono gli Uomini, come genere umano, e hanno bisogno di progetti per essere vivi, hanno bisogno di creare e non di distruggere”. Al contrario, i colpevoli “sono gli ‘ignavi’, gli indifferenti e anche se a volte sono molto arrabbiato con chi non mi risponde al telefono, oggi devo perdonarlo”. Capodarco “è nata non giudicando, così deve continuare”. Continua: “Qui non abbiamo mai giudicato... Come potevo giudicare io, che ero più pazzo dei matti?”

È anche a tratti amaro, don Franco, nel suo testamento spirituale: “Questa non è la prima volta che muoio, siamo morti un po' a ogni fine, ogni volta che un pezzo se ne andava”, eppure “per poi risorgere sempre, perché noi siamo i Giovani di Capodarco e allora voglio che questa sia una festa per voi e un nuovo inizio”.

Detta le sue volontà, prima di salutare: “Non dovete disunirvi e non dovete star qui a litigare – fa scrivere chiaro -. Quando una mano è tesa, afferratela sempre anche voi che oggi vi sentite ultimi, che vi sentite esclusi, tenete strette le relazioni in famiglia, con i figli, con gli amici, con la Fede e alimentate sempre la Speranza. Pensate a un Noi e sarete più sereni perché costruirete qualcosa di bello”.

Sorride, don Franco. “Noi tutti siamo qui e il mio amico Luca, l'Americano e amico dell'Africa, che cura il progetto con il Catholic Land Movement negli Usa a cui teniamo tanto, che mi dice che è meglio non dilungarmi (sorride ancora, ndr)”. Invece va avanti: “Fate che il vostro cuore di pietra si trasformi in un cuore di carne, guardate i poveri, i giovani, l'Africa, guardate il mondo e pensate che esistano solo uomini la cui unica colpa sarà quella di non stare insieme, di distruggere e non costruire”.

La sua volontà, ancora: “Dovete lasciare una traccia di voi su questa vita, non ci abbandonate, state vicini a tutti gli uomini bravi, alle famiglie che abbiamo formato e solo così a ogni caduta risorgeremo. Gesù e Maria ci vogliono bene sempre”. Del resto, anche “io vi voglio bene, a tutti, anche quando mi avete causato molta sofferenza e ho tanti ricordi belli dalla mia famiglia”.

“Alla fine, qui, in un letto, è stata durissima, però ora è tempo di andare”, dice, avvicinandosi al commiato: “Quattro anni fa ho chiesto al signore altri cinque anni, ma a voi ne spettano mille e più, se sarete uniti, sinceri e come dicono i miei giovani, non vi disunite!”. Allora, “guardate tutti questi ragazzi, giovani e vecchi amici, che mi hanno fatto compagnia e pensate che sono stato arrabbiato a volte, ma sempre felice, perché questo bene è di tutti”.

Ed ecco l’addio o l’arrivederci: “Ho detto abbastanza – chiude don Franco -. Però dovete chiedere ed essere degli "scocciatori" come me, capito? E bisogna partire sempre da voi giovani e raccontare tutto questo fermento. Ciao. Ciao. Ciao”.

 
 
 

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