Messaggi del 05/06/2025
Post n°4131 pubblicato il 05 Giugno 2025 da namy0000
2025, Intervista a Gianvito Martino, medico, neurologo, 63 anni, FC n. 22 del 1 giugno La nostra storia non è tutta scritta nel Dna «L’Io biologico è la sintesi tra gli atomi e le molecole che lo compongono e l’ambiente in cui è immerso. La mancanza di accudimento materno porta a cambiamenti molecolari, in una zona del cervello denominata ippocampo, che provocano lo sviluppo di disturbi comportamentali. Bambini privati dell’accudimento parentale erano più a rischio di sviluppare disturbi psichiatrici. Se noi considerassimo la mente, e non solo il cervello, come materia potremmo attribuirle la capacità di agire fisicamente sul nostro organismo causandone modificazioni. Le interfacce cervello-computer, “macchine” che usano la corrente elettrica prodotta dal pensiero per agire sull’ambiente circostante o sul funzionamento del cervello stesso. Se i nostri comportamenti possono modificare la nostra biologia e noi possiamo modificare i nostri comportamenti in base all’ambiente in cui viviamo, ne deriva che siamo responsabili del nostro destino attraverso le scelte che compiamo. Non siamo predeterminati o predestinati in assoluto. Sapendo tra l’altro che questi comportamenti “epigenetici” sono potenzialmente trasmissibili ai figli, siamo doppiamente responsabili. Ormai esistono diversi esempi che testimoniano che, modificando l’ambiente in cui viviamo, lavorativo o personale che sia, possiamo produrre effetti rilevanti a livello “medico”. Per esempio, nelle cosiddette “Città dell’Alzheimer”, luoghi protetti in cui le persone con demenza possono vivere la loro quotidianità come se fossero nella propria casa, si iniziano ad accumulare sempre più solide evidenze che il decadimento cognitivo viene rallentato. Siamo influenti nel nostro destino. Niente scuse. Abbiamo uno spazio d libertà evidente che ci deve far sentire maggiormente responsabili verso noi stessi, certo, ma soprattutto verso la società e le nuove generazioni in particolare. Dobbiamo avere il coraggio di conoscere e di imparare a trasmettere questa conoscenza alle generazioni future. Centrale diventa, quindi, l’educazione, da quella scolastica a quella civica. Sfruttando le nostre conoscenze in epigenetica psicosociale, si potrebbero, per esempio, individuare percorsi educativo-formativi mirati che creino quelle condizioni necessarie e sufficienti, affinché i nostri ragazzi possano risultare protetti da meccanismi che potrebbero portare all’insorgere di disturbi psicobiologici. Bisogna agire fin dalla scuola materna, non abbiamo più tempo. Dobbiamo certo insegnare ai nostri figli come accedere e utilizzare le risorse digitali a nostra disposizione, ma all’interno di un contesto controllato e controllabile. L’accesso libero al Web è una questione decisiva, come lo è il dover educare le nuove generazioni a sapere filtrare dal Web quanto di buono c’è, evitando derive pericolose. In Australia hanno proposto di bandire l’accesso a Internet ai minori, dopo aver condotto alcuni esperimenti da cui risulta che chi trascorre più tempo connesso soffre di un rallentamento dello sviluppo cognitivo. Ci sono approcci di tipo epigenetico già in atto che si pongono come obiettivo quello di non modificare la struttura del Dna – operazione comunque rischiosa – ma la sua funzione. Accendere geni non funzionanti o spegnere geni malfunzionanti è possibile tramite l’epigenetica senza modificare strutturalmente il nostro patrimonio genetico. Per ora i tentativi compiuti restano a livello sperimentale, ma le potenzialità sono straordinarie». |
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il 08/09/2024 alle 08:55
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il 08/09/2024 alle 08:54
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il 13/08/2024 alle 15:52
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il 05/08/2024 alle 10:19
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il 31/07/2024 alle 12:22