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Messaggi del 06/02/2020

Dio non è nè musulmano nè cristiano

Lo definisce ‹‹uno dei più importanti documenti interreligiosi dall’inizio del XXI secolo››. Per Mohammad Ali Shomali, fondatore e direttore dell’Istituto internazionale di studi islamici a Qom, città iraniana sacra per l’islam sciita, il testo sulla fratellanza umana, siglato ad Abu Dhabi un anno fa da papa Francesco e dal Grand imam di al-Azhar, è realmente prezioso. Shomali è un leader religioso iraniano che guarda con favore oltre confine per promuovere valori come il dialogo, la fraternità, la pace: per questo ha fondato anche l’Istituto internazionale Risalat, dedicato alle comunità musulmane sciite di lingua inglese sparse nel mondo.

Shomali inizia con il sottolineare a Famiglia Cristiana che ‹‹per raggiungere questo punto e confirmare un testo di tale rilevanza molti ostacoli sono già stati superati e si è creata un’atmosfera di reciproco riconoscimento e fiducia››. Ma, nl complesso, lo si deve considerare un punto di partenza: ‹‹Da qui››, afferma con lungimiranza, ‹‹tutti i credenti e tutti gli uomini e le donne di buona volontà possono partire per proseguire nello slancio acquisito con questo storico Documento››.

A un anno da quel testo, ‹‹che merita di essere studiato e assimilato nelle comunità cristiane e musulmane nel mondo››, la visione del leader sciita si spinge oltre: ‹‹Il dialogo non basta››, nota con animo pacificato. ‹‹Quel termine non rende giustizia alla realtà degli incontri tra credenti. Il dialogo è un passo fin troppo piccolo. È un inizio necessario che deve condurre più in alto. Il nostro obiettivo non è solo dialogare, ma piuttosto trovare l’unità: unirci e poi lavorare insieme››. Shomali sceglie un termine impegnativo, quello di “famiglia”: ‹‹Siamo una famiglia che è stata separata. Sta a noi ripristinare la “famiglia di Abramo”. Tra musulmani e cristiani bisogna puntare a raggiungere l’unità, nonostante le differenze››. Ma come è possibile superare le differenze e far sì che non siano occasione di pregiudizi, o perfino di reciproca ostilità? ‹‹Dovremmo tutti provare ad amare Dio e sottometterci a Lui. Ma siamo pronti a farlo? Siamo davvero abbastanza umili da superare il nostro egopersino il nostro ego di comunità o gruppo religioso – e provare solo a piacere a Dio? Questo è il percorso di tutti i profeti››.

È un cammino propriamente spirituale quello che lo studioso sciita propone a musulmani e cristiani, di ogni confessione. Il suggerimento è, in primis, ‹‹porsi tutti in ascolto di Dio››. ‹‹Come abbiamo sperimentato in diverse occasioni››, ricorda, riferendosi a esperienze vissute con la comunità dei focolari, ‹‹grazie a Dio il dialogo può arrivare al punto di mettere a tacere noi stessi e ascoltare insieme Dio››. Il segreto è allora ‹‹ascoltare Dio insieme, con un orecchio musulmano e un orecchio cristiano››, nella consapevolezza che ‹‹Dio ha parlato all’umanità attraverso tradizioni religiose e santi diversi››. ‹‹Per non perdere nulla di Dio, bisogna usare tutte le orecchie disponibili››, nota rivolgendo ai credenti un invito originale. E aggiunge: ‹‹Dio parla all’umanità in tante strade, come la scienza, le arti, la bellezza. Noi lo ascoltiamo attraverso le nostre due tradizioni religiose. E lo facciamo insieme››.

Questo è un passo determinante: ‹‹Ascoltando Dio da soli››, ribadisce Shomali, ‹‹mancheranno saggezza, ispirazione e luce che vengono da Dio quando, invece, si aprono il cuore e la mente per cogliere tutto quello che Lui dona per altre strade. Immergendosi nelle esperienze spirituali di altri credenti in Dio, spesso diventa perfino difficile comprendere chi è musulmano e chi è cristiano››. ‹‹Dio non è musulmano né cristiano. Molti provano a convertire Dio e ad appropriarsene. Se davvero lasciamo che Dio sia quello che è, allora non vedremo la nostra proiezione, ma contempleremo la verità e il bene che è realmente››.

Riconoscendo i punti qualificanti del Documento di Abu Dhabi, Shomali stigmatizza un approccio che può far scaturire la violenza dalla fede: ‹‹Se Dio diventa “il mio Dio”, allora sono io importante e la mia nazione diventa prioritaria. Questo approccio può portare all’apartheid, al fascismo e al nazismo. Può portare all’Isis››. Al contrario, ‹‹se divento “tutto di Dio”, non darò rilievo a me stesso, al mio gruppo, alla nazionalità››. Due sono le strade per l’uomo: ‹‹Rimpicciolire Dio o aprire il proprio animo all’immensità di Dio, partecipando della sua divinità e divenendo universale››. Il cammino di fraternità per i credenti ha una comune sorgente: ‹‹Solo in Dio possiamo essere perfettamente uniti e solo con l’unità rimaniamo realmente con Dio››. (FC n. 5 del 2 febbr. 2020).

 
 
 

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