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Messaggi del 02/07/2022

Trovavo conforto nella preghiera

Post n°3751 pubblicato il 02 Luglio 2022 da namy0000
 

2022, FC n. 26 del 26 giugno

CON LA FEDE HO SUPERATO OGNI AVVERSITA’

Dei suoi 105 anni di vita intensa, Pasquale G. porta dentro il cuore le ferite profonde di quella terribile esperienza nei lager tedeschi durante la Seconda guerra mondiale. Interminabili giornate oscure fatte di tribolazioni, dolore e prostrazione ma anche di tanto coraggio. Un uomo dalla tempra forte che ha sempre lavorato la terra nella sua Andria, senza mai lesinare energie, con l’orgoglio di quei contadini dalla scorza dura che sanno cosa vuol dire fare sacrifici. Oggi, a pochi giorni dal traguardo dei 106 anni, che festeggerà l’8 luglio, trova il modo di sorridere, circondato dall’affetto della sua famiglia, anche se i ricordi suscitano emozioni e tormenti mai sopiti. «Da piccolo aiutavo mio padre portando le pecore al pascolo. Mia madre accudiva gli altri 6 fratelli. Feci soltanto la prima elementare. Appena ventenne, a Guidonia, mentre ero militare di leva in aviazione, ebbi modo di frequentare la seconda e terza elementare. Mi congedai nel febbraio 1939».

Ben presto gli eventi bellici sconvolsero l’Europa e Pasquale venne richiamato alle armi. «A maggio del 1940 fui arruolato nel Genio civile dell’Esercito partecipando alle operazioni di guerra lungo la frontiera greco-albanese, in un turbinio di bombardamenti e scontri a fuoco. Qualcosa di sconvolgente», racconta. «Chiesi una breve licenza per tornare ad Andria e sposare il 18 aprile del 1942 la mia adorata Rosa, che purtroppo è mancata nel 2011 all’età di 91 anni. Una festa fugace, ma splendida. Dopo il rientro al fronte, l’8 settembre del 1943 io e altri militari fummo fatti prigionieri. Dall’Albania i tedeschi ci deportarono in Germania passando per la Bulgaria e altri Paesi dell’Est. Il viaggio durò un mese».

Il destino era segnato. «Ci fecero salire su uno di quei treni della morte, ammassati in condizioni disumane. A volte mi mancava il respiro. Non c’era cibo né possibilità di lavarsi. Il 14 ottobre 1943 arrivammo nel campo di concentramento a Oranienburg, in Germania. Solo allora ebbi la percezione di essere finito in un luogo dell’orrore. Vidi tanti innocenti uccisi senza pietà. Più di 500 soldati russi si ribellarono: vennero fucilati sotto i miei occhi e gettati nelle fosse comuni. I nazisti notarono che avevo braccia robuste, così mi trasferirono sei mesi dopo nel campo di lavoro a Villingen».

L’incubo durò un anno e mezzo. Il signor Pasquale si commuove ripercorrendo con la mente quel bieco labirinto dello Stalag 37 VB fatto di angoscia, paura e terrore. «La vita nel campo di lavori forzati era un inferno. Avvolti dal freddo pungente e sotto la neve, andavamo nei boschi per tagliare la legna guardati a vista. Oltre dieci ore al giorno di fatica sfibrante. I soldati tedeschi ci prendevano a bastonate e ci umiliavano. Il pasto quotidiano era una patata e un tozzo di pane raffermo. Ogni notte qualcuno cercava di scappare mentre gli alleati bombardavano i villaggi vicini. Trovavo conforto nella preghiera. Ringrazio il Signore se oggi sono qui».

Il 10 aprile 1945 è una data impressa nella memoria di Pasquale: «I tedeschi cominciarono ad abbandonare il campo. Con altri sei italiani ci mettemmo in marcia per raggiungere l’Italia. Avevamo le scarpe rotte, ma trovammo la forza per affrontare a piedi l’ennesima sfida. Camminavamo di notte e ci nascondevamo di giorno per non incappare in qualche rappresaglia. Un altro mese di patimenti, oltrepassando montagne, fiumi, laghi, città distrutte. Prima tappa a Innsbruck, poi il Brennero. Arrivati a Bolzano tirammo un sospiro di sollievo. Ancora a piedi verso Trento, Modena e Firenze, dove il 12 maggio 1945 presi un treno che mi portò ad Andria. Con le lacrime agli occhi riabbracciai i miei familiari».

Pasquale G. è un esempio di resilienza e longevità. Ha lavorato in campagna fino all’età di 95 anni. Cucina da solo le pietanze e si muove in totale autonomia, assistito dal figlio Francesco e dai nipoti. «Ho ancora tanta voglia di vivere serenamente», dice senza nascondere una punta di amarezza: «Sono rattristato per la guerra in Ucraina. Quello che ho vissuto nel campo di concentramento e le atrocità del conflitto mondiale non hanno insegnato nulla».

 
 
 

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