Creato da namy0000 il 04/04/2010

Un mondo nuovo

Come creare un mondo nuovo

 

Messaggi di Settembre 2022

Amalia ed Elvira

Amalia ed Elvira: «Noi donne, capaci di scelte responsabili»

Intervista doppia con la prima donna in Italia a laurearsi in ingegneria aeronautica e con la figlia. Per parlare delle donne, dell’Universo e del perché siamo vicini a un punto di non ritorno

Amalia Ercoli Finzi, classe 1937, astrofisica, è diventata un personaggio televisivo amato per la sua schiettezza e la difesa delle donne che aspirano ad entrare nella stanza dei bottoni. Insieme alla figlia Elvira, classe 1976, laureata in ingegneria nucleare, ha scritto Oltre le stelle più lontane (Mondadori Ragazzi). Nel libro si intrecciano due voci, madre e figlia, che raccontano la storia di una famiglia a partire dagli anni del dopoguerra quando erano ancora molte le cose “poco adatte alle ragazze”, ma nonostante tutto decide di dedicare la sua vita allo studio dell’Universo. Lo scopo ultimo del libro è quella di incoraggiare le ragazze a guardare oltre e posare lo sguardo sul progetto di vita che si intende perseguire, anche quando, per molte ragioni, appare impossibile raggiungere la meta. Amalia ed Elvira raccontano quali sono i percorsi che sanno intraprendere (meglio) le donne. E come si fa ad amare Dio e la scienza.

 

Elvira. Sua mamma ha dovuto faticare per diventare astrofisica. Quali sono le difficoltà che ancora deve affrontare la sua generazione?

È difficile ancora oggi, soprattutto nei settori della scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Mia madre e le donne della sua generazione ci sono arrivate molto arrabbiate perché hanno dovuto superare tanti stereotipi. La mia generazione oggi può accedere alle stanze dei bottoni senza dover fare tutta quella fatica. In base alla mia esperienza credo sia però bello arrivarci insieme, nel senso di fare rete ed essere solidali fra donne. Il mondo femminile è sicuramente più inclusivo del mondo maschile.

 

Amalia. Lei racconta la vita utilizzando in particolare due parole: la curiosità e il fare. E la fragilità, come l’ha affrontata?

La mia fragilità nasce da tutti i tentativi che hanno fatto gli altri per convincermi che non ero capace. Mi ripetevano che le cose che volevo fare erano da uomini e io non dovevo entrarci. Pensi che mia madre, insegnante, diceva: «Preferisco le classi dei maschi perché le donne sono pettegole». E io soffrivo per questo suo dire. tutti hanno cercato sempre di convincermi che non ero adatta a intraprendere quello che era il mio sogno: ho dovuto combattere ogni giorno per affermare le mie idee.

 

Amalia. Spesso die che noi esseri umani siamo solo un puntino in una galassia, un niente nell’Universo. Eppure, a giudicare dalle condizioni del pianeta Terra, forse ha prevalso il nostro delirio di onnipotenza.

Eh sì, davvero non siamo niente. Eppure, abbiamo qualcosa che ci distingue nell’Universo rispetto a tutte le altre entitàpresenti: abbiamo cuore e cervello. L’intelligenza e i sentimenti ci hanno consentito di fare stupefacenti passi avanti nella conoscenza dell’Universo. Ma è altrettanto evidente che abbiamo esagerato nello sfruttamento del Pianeta. Ci sono due esempi nel sistema solare di come la Terra potrebbe diventare in futuro: Marte, completamente deserto e Venere, inabitabile, perché la temperatura raggiunge i 500 gradi. Sono perplessa perché siamo vicinissimi al punto di non ritorno. A un certo punto le cose vanno avanti e non si riescono più a fermare. Dobbiamo assolutamente smettere di sprecare energia e inquinare.

 

Elvira. Ogni figlia attraversa una fase in cui rifiuta la figura materna per trovare la propria strada. Ha vissuto anche lei questa fase?

Non è stato facilissimo accettare la mia famiglia, in particolare mia madre, così forte, così centrata sui suoi obiettivi. Da piccola mi sentivo così diversa da lei. Per i miei genitori le cose importanti erano altre, non mi permettevano ciò che per loro era superfluo. Nella mia famiglia sono tutti ingegneri, io volevo fare tutto tranne ingegneria. Ho frequentato il liceo classico. Però alla maturità mi sono detta che, più di tutto, a me piaceva la matematica. Sarebbe stato stupido privarmi di qualcosa che desideravo fare, per protesta contro la famiglia. E alla fine scelsi ingegneria nucleare. Quando sono diventata adulta mi sono ritrovata, per i valori in cui credo, molto simile a mia madre. A 16 anni non l’avrei mai detto!

 

Amalia. Ha scritto che non è importante se una donna vuole fare la casalinga o diventare ingegnere, basta che abbia libertà di scegliere. Ma nel nostro Paese c’è poca mobilità sociale; la povertà affligge le periferie e il prezzo più alto, nella pandemia, l’hanno pagato le donne.

A volte i condizionamenti sono tali che sembra si possa solo naufragare. Ma io chiedo alle donne, anche a quelle socialmente più fragili, di guardarsi dentro e cercare il progetto di vita che vogliono raggiungere. Si può vacillare, ma se sappiamo dove si vuole andare, prima o poi, raggiungeremo la riva ambita. Guardo alle mie studentesse, con me si sono laureate 140 donne in ingegneria aerospaziale, il 14% avevano genitori operai e hanno dovuto affrontare maggiori difficoltà, ma non hanno abbandonato. Non c’è parità di accesso alle opportunità per tutti nel mondo, ma è un traguardo che dobbiamo porci e questo è un compito che solo le donne possono realizzare.

 

Elvira. Sua madre ha detto che noi donne non abbiamo la cultura della guerra bensì quella della vita. È cos’ì, o nel mondo del lavoro, oggi, le donne riescono ad assumere ruoli di potere solo se assomigliano agli uomini?

La stanza dei bottoni, per tanto tempo, sono state solo appannaggio maschile. Le donne hanno capito che era più facile per un uomo selezionare e scegliere una donna che fosse simile a loro. Ma ora abbiamo una diversa visuale, le nostre scelte spaziano a 360 gradi, anche perché facciamo molte più cose. Abbiamo un grande senso di responsabilità – figli, famiglia – che ci portano a fare scelte a lungo respiro.

 

Amalia. Come concilia la sua fede con la scienza?

La fede mi ha sostenuta in tanti momenti difficili della mia vita. La fede e la scienza agiscono su due mondi completamente diversi, separati. Noi con la logica, la sperimentazione, cerchiamo di trovare soluzioni ai problemi principali. Con la fede entriamo nel mondo della trascendenza, dove però la logica non è più sufficiente: la fede è un dono che va cercato e coltivato. Fede e scienza sono per me conciliabili, tant’è vero che parlo tutti i giorni con il Padreterno. Che spesso non mi ascolta e allora dico: «Vabbe’, fai un po’ tu come pensi sia giusto». (Scarp de’ tenis, Dic. 2021)

 
 
 

La Speranza

Post n°3771 pubblicato il 16 Settembre 2022 da namy0000
 

La Speranza è sempre lì accanto a noi, dobbiamo solo essere capaci di riconoscerla

La Speranza è la sola, vera, formidabile compagna di banco di tutta la nostra vita. Quella che divide la sua merenda con noi. Quella che, quando siamo dentro al buio del più difficile dei problemi di algebra della nostra vita, metaforicamente parlando, quando diciamo non ci riesco, ci dà un piccolo colpetto al gomito e scopre con la mano la pagina del suo quaderno dove c’è scritta la soluzione.

La Speranza me l’ha insegnata mia madre, mio eroe, mio respiro: non smetteva mai di dire «forza, speriamo senza perdere mai la speranza!», sottolineando quel “mai”.

Non era un gioco di parole: era luce che tornava, ogni volta, a cancellare qualsiasi buio avesse invaso il mio cuore. Speranza è quella che porta Giulia a risorgere dalla sua notte e dalla sua cella. Quella che Chicca possiede nello sguardo e nei suoi passi, dentro e fuori San Vittore.

La Speranza è sempre maiuscola, perché è indistruttibile, umile, tenace, cammina controvento, resiste come un faro davanti alle onde dell’oceano in qualsiasi spaventoso inverno della nostra anima. Resiste, ci aspetta, sorride. Siamo noi, a volte, a non vederla. Lei, figurati, non ci lascia un solo istante. Ed è quando incrociamo il suo sguardo, che capiamo di aver camminato uno accanto all’altra. La Speranza, pensateci, non si perde mai; perché lei, la strada, la conosce. Poi ci sono, come in tutte le cose, gli spigoli da smussare: a volte, la persona che spera sempre (ovvero senza se e senza ma), genera stupore e anche fastidio. “Parli bene tu, spera anche per me visto che te ne avanza tanta”, l’ho sentito non so quante volte questo discorso. La Speranza, di fatto, è cugina della Pazienza; ne serve parecchia, perché chi critica ha (spesso) tutte le ragioni per farlo. Bisogna non convincere, ma ascoltare; non insegnare ma dimostrare. La Speranza ha ambasciatori perfetti e meticolosi in persone che non penseresti mai poter ricoprire questo ruolo.

Ambasciatori senza baffi e doppiopetto blu. Persone, che hanno la Speranza scritta nello sguardo, capaci di parlare in silenzio.

Sperare ha un vantaggio, impossibile da cancellare: ti fa percorrere in equilibrio il lungo cammino che hai davanti. È qualcosa o qualcuno che ti sorregge, fisicamente. Tu non lo vedi, ma senti quell’abbraccio che ti solleva da terra, ti mette di nuovo in piedi. Tu avverti l’aria più leggera intorno a te. E avverti una inattesa, splendida voglia di sorridere (Scarp de’ tenis, Dic. 2021)

 
 
 

Uno sgargiante turbante

Post n°3770 pubblicato il 16 Settembre 2022 da namy0000
 

2022, FC n. 37 dell’11 settembre

Nadima Noor, l’influencer che sogna di “convertire” i talebani

La 39enne afghana-canadese ha scelto la strada del dialogo con gli uomini del regime per convincerli a rispettare i diritti femminili

Nell’inferno in cui le donne afghane sono state ricacciate dai talebani, private dei diritti che erano riuscite a conquistare negli ultimi vent’anni, perseguitate, obbligate a vivere in clandestinità, si è accesa una luce. Che ha un nome, Nadima Noor, 39 anni, un sorriso che le crea un alone luminoso, uno sgargiante turbante color zafferano, elegante negli abiti tradizionali, famosa in Afghanistan per i suoi video ironici e comici su TikTok, dove interpreta una donna pashtun, Pantigalla Kalai, che cerca di risolvere i difficili problemi familiari di ogni giorno. Ma anche perché ha creato una Ong che aiuta migliaia di persone a sopravvivere e che lei incontra di persona.

Una donna che parla per la gente che non ha più voce e sta tentando una missione che può parere impossibile. Non per lei, che ha deciso di rischiare la vita. Vuole “convertire” i talebani a rispettare le donne, a riconoscerne i diritti, a esprimersi e affermarsi nelle loro professioni. Vuole avviare un dialogo di riconciliazione perché l’Afghanistan ha bisogno di amore e di luce. «Sono qui per fare la differenza. L’approccio con i talebani è sbagliato, queste persone spesso sono state strappate alle loro famiglie, sono state plagiate, violentate, bullizzate. Sono dei bambini soldato diventati adulti, avrebbero bisogno di un sostegno psicologico e invece gestiscono uno Stato. A maggior ragione bisogna percorrerela via più difficile per aiutarli a rinnovarsi», ha detto nelle interviste che ha rilasciato a Barbara Schiavulli, che ha il merito di aver fatto esplodere la sua vicenda sui media internazionali.

Lei ci prova ogni giorno, nascondendo le paure che di notte diventano un incubo. Quando la fermano per strada, sfodera la sua innata gentilezza e abilità tutta femminile, ricorda loro che un uomo pashtun rispetta la propria madre e sorella, e lei è loro sorella. Presi in contropiede e sorpresi dal suo piglio deciso, la lasciano andare.

Cresciuta in Canada, nel 2019 è ritornata in Afghanistan per ritrovare la sue radici ed essere pienamente se stessa. Un anno fa avrebbe potuto, con il passaporto internazionale, lasciare Kabul. Ha scelto di rimanere. Parlare la stessa lingua dei talebani è stato il suo nuovo passaporto, anche quando fu arrestata per aver ospitato un inglese, sospettato di spionaggio, e rimase in carcere per 29 giorni. Quando i pashtun entravano nella sua cella, li invitava a togliersi le scarpe e a pregare, poi gli offriva il tè. Se ne andavano pacificati.

A chi le rimprovera di cercare il dialogo con il nemico, risponde: «Adesso la gente ha fame, e bisogna che l’economia riprenda; dobbiamo trovare un modo perché tutto si rimetta a funzionare, portando luce e non altra miseria, essendo migliori, dando l’esempio. Noi donne dobbiamo usare la nostra vulnerabilità per trasformarla in forza. Le donne sono forti, qui in Afghanistan e nel resto del mondo, con il tempo le cose cambieranno, gli uomini cambieranno».

Riuscirà Nadima a realizzare il suo sogno di pace e di amore nel martoriato Afghanistan? Dipenderà molto anche dal sostegno che le verrà dalle tante donne che si riconoscono in lei e che decideranno di non lasciarla sola.

 
 
 

Testimonianza spirituale di un giovane

Post n°3769 pubblicato il 14 Settembre 2022 da namy0000
 

2022, FC n. 37 del 11 settembre

La testimonianza spirituale di un giovane

L’ultima volta che ho fatto la Comunione era il 17 luglio 2005, il giorno della mia Cresima. Un sacramento che ho ricevuto come tutti gli altri ragazzi solo perché in un piccolo paese come quello in cui vivo è importante fare quello che fanno tutti anche nella propria vita. Poi, però, non sono più passato in chiesa perché non avevo capito la necessità di confermare le promesse battesimali. Se oggi parlo in questo modo è perché ho potuto frequentare don Giuseppe R., un sacerdote che ha messo in pratica l’idea di Chiesa che papa Francesco ha auspicato dall’inizio del suo pontificato, quella di una “chiesa in uscita”, che non trascura le celebrazioni, le catechesi, l’oratorio, ma che trova anche il tempo di stare tra i giovani in piazza a spiegare la fede. E così, tra un panino e una bevanda, ha sempre trovato il modo, senza che nemmeno ce ne rendessimo conto, di fare catechesi a noi, ignari persino della meraviglia di esistere. Così facendo ci ha portato a farci le domande esistenziali della vita: perché vivo? perché Dio ci ha fatto nascere dal nulla? Don Giuseppe ci ha portato a riscoprire la Chiesa come madre, quando ancora eravamo convinti che i sacerdoti non facessero altro che “dir Messa” e andare via. Ci ha ridato l’entusiasmo di credere, senza cui tutto si spegne. Così, mentre in tante realtà sentiamo che ci si lamenta dei preti, si chiede di essere sbattezzati, si rifiuta l’8 per mille alla Chiesa, in una parola si rifiuta Cristo e la sua Chiesa, nel nostro paese siamo tornati a riscoprire la figura del pastore che ha “l’odore delle pecore”. Ci ha persino fatto capire il valore sempre più sconosciuto del celibato, con il suo esempio e le sue parole ci ha mostrato che il celibato non è una privazione ma un arricchimento, perché essendo lui “sposato” con la Chiesa è però allo stesso tempo padre, amico, fratello, nipote, sostegno di ogni persone che gli è stata affidata, di ogni bisognoso di consiglio o di aiuto spirituale o materiale.

Cito ancora un episodio che ci ha molto colpito: un giorno di lavoro in cui noi eravamo tutti impegnati, lui ha trovato il tempo di accompagnare una persona bisognosa anziana a fare la spesa (quante altre volte lo ha fatto con altre persone!) e allo stesso modo, in tutta semplicità, è andato a trovare un nostro amico, che si rifiutava di uscire per problemi di disagio sociale. Anche per quanto riguarda la vostra rivista, don Giuseppe ha sempre preferito mandare me o altri giovani della comunità ad acquistarla in diverse edicole, ovunque ci trovavamo, per dimostrare che ci sono ancora ragazzi che fra tante riviste effimere scelgono Famiglia Cristiana come unica luce cattolica nelle edicole. Se tutti facessero così, la vostra rivista avrebbe un grande aumento di lettori. Oggi, se pur non tutti frequentano la Messa, il linguaggio di quanti frequentano la piazza è notevolmente migliorato grazie alla presenza di questo sacerdote. Avendo frequentato molti locali fuori dal mio paese, ho trovato un linguaggio molto sporco e volgare. Nella nostra comunità, grazie a lui, ci si morde la lingua prima di lasciarsi andare, per il rispetto che don Giuseppe è riuscito a suscitare in tanti di noi. In una società secolarizzata e senza Dio non è questo un piccolo miracolo? La nostra comunità non è il paradiso in terra, sappiamo che siamo tutti peccatori, ma noi che oggi viviamo, studiamo, lavoriamo in tanti altri contesti, portiamo in noi l’esempio di un sacerdote che ci mostra come non si può fare di tutta l’erba un fascio. Io stesso, che in questa stagione estiva ho lavorato in una pizzeria frequentata da molti giovani, ho sentito bestemmie dai miei colleghi e datori di lavoro, ma seguendo il suo esempio li ho ripresi, ricordando loro la mia fede. E anche quando devo sbrigarmi per andare a Messa, ora non vengo più deriso, ma guardato con rispetto. Ora sta terminando il suo mandato in mezzo a noi, però sono convinto che se ci fossero più sacerdoti come lui ci sarebbe anche più fede – Daniele C.

 
 
 

Elezioni prossime

Post n°3768 pubblicato il 11 Settembre 2022 da namy0000

SONO UNA MIRIADE I PROBLEMI DA AFFRONTARE IN FUTURO: RICERCA, SCUOLA, LAVORO, ECONOMIA, ESTERO, RIFIUTI, ENERGIA, AZIENDE, TASSE, TRASPORTI, CARCERI, GIUSTIZIA, CORRUZIONE, MIGRANTI, EDILIZIA, ACQUA, FOGNATURE, AGRICOLTURA, EUROPA, SANITA’, REGIONI, SPORT, FORESTE E TERRITORIO, DROGHE, MA ANCHE I GIORNALI NE AFFRONTANO SOLO ALCUNI: GUERRA, PANDEMIA, GAS, CRISI CLIMATICA, NON INCALZANO I POLITICI SUI VERI TEMI CHE PREOCCUPANO GLI ITALIANI. QUESTI POLITICI CHE SI PRESENTANO A QUESTE ELEZIONI SONO SUFFICIENTEMENTE INFORMATI SULLE CRITICITA’ DI QUESTI SETTORI E COME INTENDONO RISOLVERLE? Per questo gli italiani non vogliono andare a votare, ma BISOGNA VOTARE!

 
 
 

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