L'uomo dei difetti

"Il rinvenimento del cadavere" tratto da DELITTO in GIACCA e CRAVATTA de L'uomo dei difetti.


      Il commissario parve pensieroso.Estrasse da una tasca un paio di guanti in lattice. Chinatosi poi sul cadavere, se li infilò.   Il corpo, vestito di tutto punto, giaceva supino. La carnagione, olivastra. Non presentava apparenti segni di colluttazione né di escoriazioni frontali, solo una modesta macchia ematica di forma semicircolare impregnava l'asfalto cocente tra la base del cranio e le spalle.Lo sguardo del commissario, come il metallo dalla calamita, fu catturato dalla cravatta. Una sette pieghe di seta nera disseminata da rombi di colore argento resi ancor più luminosi dall'incidere del sole, e al collo, assicurata da un classico nodo pratt.   L'ispettore Mariani bofonchiava qualcosa già da un po', ma il commissario gli fece gesto col palmo teso a mezz'aria di fare silenzio. Il sopralluogo era un momento cardine. Era qui che il temprato naso dello sbirro poteva offrirgli i primi spunti, abbozzare le prime ipotesi benché rudimentali. E gli piaceva farlo in liturgico silenzio. Era il suo modo, da sempre.   Squadrò la camicia, il completo, le scarpe. Tastò il bavero della giacca. Poi si voltò verso l'ispettore abbozzando un mezzo sorriso intriso di stupore. Tornò in piedi.   << Caraceni... caro il mio Mariani. >>   << In che senso, dottore ? >>, domandò l'ispettore non capendo dove egli volesse andare a parare.   << Il qui presente signor Impallara veste un abito di alta sartoria, e non una qualunque, un Caraceni. Mica il pizza-e-fichi che porto io. Vedi, se avessi fatto anche tu l'elettricista, a quest'ora avresti potuto indossare qualcosa di... Be', non dico proprio di aristocratico, ma certamente di più consono alla professione >> commentò sarcastico il commissario, << e invece ti sei messo in testa di fare il tutore della legge, e ti tocca vederlo indossato a piedi davanti, il Caraceni. >>, e concludendo aggiunse:    << Ah, dimenticavo... visto che te ne vai sempre in giro senza orologio, se tra un servizio d'ordine e una retata di prostitute ti capitasse di vincere alla lotteria, ti consiglierei senz'altro il Rolex Daytona che il nostro amico indossa al polso, destro. >>Sorrisero.   Un particolare del biglietto da visita della vittima saltò agli occhi del commissario. Stava per dire qualcosa quando udì il suono stridente di una marcia innestata male provenire da dietro, pochi metri più in là. Sembrò non curarsene, ma le inarcate ciglia e il sogghigno sfuggito proprio come la gazzella tanto a lui cara, erano di per sé eloquenti:    << Ispettore, venti euro che la macchina alle mie spalle la sta parcheggiando una donna ? >>   << Neanche per sogno. Io non scommetto mai, dottore. >>   << Paura... >> o forse tirchieria, pensò il commissario.   << No. E' che sono onesto. Lei è mancato troppo da Latina e io ho assistito troppe volte a questo spettacolo... >>Stava per fare il suo ingresso sulla scena il medico legale.   Era ancora al telefono, la Dott.ssa Terzi, quando scese dalla sua Mercedes Classe A, passo lungo, bianca. Salutò telegraficamente il suo interlocutore e spedita si diresse verso l'ispettore Mariani, che le faceva segno con la mano.Quando il rumore cadenzato dei tacchi ne annunciò tangibile la presenza, il commissario, ancora di spalle, si sfilò il guanto e voltandosi si trovò di fronte una figura leggiadra, slanciata, dai capelli di un rosso tiziano che folti, le scendevano a boccoli sulle spalle  e sinfonici, ondeggiavano a ogni suo movimento. Pareva schizzata fuori da una tela di Klimt. 
      << Salve, ispettore! >>, esordì la dottoressa salutando Mariani con cenno del capo. Incrociando poi lo sguardo del commissario, gli porse la mano presentandosi:   << Buon pomeriggio, sono Cristina Terzi, il medico legale. >>La stretta possente dell'uomo le fece istintivamente sgranare gli occhi evidenziando il taglio allungato e l'azzurro dell'iride.Il commissario fece giusto in tempo ad accennarle un sorriso che l'ispettore Mariani, irruppe:   << Dottoressa, mi permetta di presentarle il nostro commissario, è tornato a prestare servizio da noi da un paio di settimane. >>   << Dodici giorni, per la precisione. Mi chiamo Massimo Del Monaco. Piacere mio, dottoressa. >>, poi venne subito al sodo: << Può cominciare il suo lavoro. La scientifica sarà qui a momenti. Io devo avvisare la Procura. >>, ed estraendo il cellulare dal taschino frontale, lo stesso cui era ancorata la fedele penna a sfera, s'allontanò.   Aveva percorso già qualche metro in direzione della sua auto, quando s'accorse che gli occhi cerulei della dottoressa gli erano ancora addosso. Vispi, forse a voler gridare, impavidi, ciò che le labbra, ingenue, non avevano saputo proferire.Forse avrebbe solo voluto dirgli di aver sentito molto parlare di lui, magari dal professor Intermite, direttore dell'Istituto di medicina legale, o forse ancora dal Questore Rinaldi. Magari.Chiunque altro non ci avrebbe nemmeno fatto caso, ma lui sapeva che quell'atteggiamento celava qualcosa. E questo gli veniva naturale. Stabilire una connessione tra il suo istinto e i palpiti della gente che lui sceglieva.Il trillo del telefono ruppe quell'incantesimo.   La dottoressa lesse sul display il nominativo del chiamante e subito le gote le si riempirono d'aria. Premette sul tasto con l'icona della cornetta rossa e sbuffando negò la chiamata. Dopo averlo spento, ripose l’iPhone in una tasca interna della giacca. Si avvicinò al cadavere, poggiò la voluminosa borsa di pelle a terra e diede inizio alle operazioni preliminari.    Il commissario aveva appena aperto il portabagagli posteriore della sua auto quando dalla procura gli comunicarono che il magistrato di turno rispondeva al nome di Ettore Fanti, e sarebbe arrivato a breve.   Dalla ventiquattrore estrasse un blocchetto tipo moleskine formato A7, nuovo. E da un altro scompartimento un pacchetto di Chesterfield Blu.  Sfilò una sigaretta con le labbra, ma non l'accese. Tenerla tra le labbra turgide, sfilarla, fletterla di tanto in tanto, l'aiutava a pensare. Chiuse il portabagagli e s'avviò verso un cancelletto di ferro grezzo che probabilmente consentiva l'accesso allo stabile.   Nel frattempo era arrivata la scientifica con le loro valigie pesanti e di concerto col medico legale avevano iniziato a scattare foto e fare riprese video.   Il commissario richiuse il cancelletto alle sue spalle e si trovò a percorrere un lungo viottolo, che come aveva ipotizzato, ad un certo punto, sulla destra, consentiva l'accesso al massiccio portone principale nella cui struttura era stata stata ricavata, centralmente, un'ampia vetrata circolare protetta da grata. Attraverso l'inferriata si poteva intravedere la ripida scala per l'accesso ai piani. E la ringhiera di protezione, giallo canarino come le mura, in ferro, come il portone, come il cancelletto.   In fondo al viottolo, un altro cancelletto, di poco conto, verde. Serrato con tanto di catenaccio e lucchetto, massicci entrambi. Una siepe artificiale lo ricopriva da sotto a sopra. La visibilità era scarsa, ma contava poco. Quelle zone il commissario le conosceva a menadito. Le aveva scoperte e bazzicate durante l'infanzia e l'adolescenza, anche gli anfratti più impervi, ai più ignoti, non rappresentavano per lui motivo di smarrimento.Al di là della siepe, scorreva da ottant'anni spedito verso Rio Martino, il canale delle Acque Medie; e a meno di cinquanta metri, il ponte omonimo.Da lì si potevano paventare ogni sorta di scenari. E con essi, le possibili vie di fuga. Si poteva andare agevolmente verso sud intercettando l'Appia, attraverso via Epitaffio. Raggiungere Roma e le autostrade percorrendo via Piave e imboccando la Pontina ovvero dirigersi in centro; Piazza Del Popolo è a un tiro di schioppo, meno di un chilometro in linea d'aria.   Del morto non si sapeva ancora un bel niente, ma il cervello del commissario frullava già ovunque.  E poi c'era la storia della professione. Poteva un normale elettricista andarsene in giro indossando almeno ventimila euro di roba ? Magari si, magari era un elettricista, ma non normale. E se anche fosse restava comunque da spiegare cosa ci facesse ad oltre settecento chilomentri da casa sua. Nulla andava trascurato, tutto al più che fino a quel momento la faccenda gli sapeva in qualche modo di marcio. Atipica, come suggerito da Mariani.    Tornato nel perimetro delimitato dall'apposito nastro, notò il procuratore Fanti parlottare con la dottoressa Terzi mentre l'ispettore Mariani, scuotendo il capo con la cadenza di un vecchio quarantacinque giri incantato, annuiva.Si unì al gruppo.   << Procuratore... >>, pronunciò il commissario, porgendogli la mano.   << Salve, commissario. La dottoressa mi stava dicendo che siamo in presenza di una probabile morte da precipitazione e possiamo in buona approssimazione farla risalire a non più di tre ore fa, infatti... >>, stava dicendo il magistrato quando fu interrotto e supportato dalla dottoressa: << Si, al mio arrivo la temperatura cadaverica era all'incirca di trentasei gradi, tenendo conto della temperatura ambientale e del tasso percentuale medio di umidità che ho rilevato, la morte dovrebbe essere avvenuta non più di due-quattro ore fa. Devo operare ulteriori accertamenti, ma propendo per le tre, forse addirittura due ore. >>   << Perché crede che il decesso possa essere avvenuto prima delle quatto ore ? >>, domando secco il Commissario.   << Le macchie ipostatiche sono appena comparse e l'articolazione temporo-mandibolare non presenta alcun segno di irrigidimento, quindi... >>, il Commissario la interruppe e azzardò per lei: << Quindi, il rigor mortis non è ancora cominciato. >>   << Bingo, commissario! >>, esclamò Cristina Terzi sfoggiando un sorriso spontaneo, smagliante, garbato, come non se ne vedeva da un pezzo.   << Ma allora è proprio vero quello che diceva Sterne, “Un sorriso può aggiungere un filo alla brevissima trama della vita...” >>, replicò di getto il commissario Del Monaco, il più sorpreso di tutti dalla stessa propria uscita.   << I numeri di telefono fuori dall'orario di lavoro, prego... >>, esordì il procuratore, ironico solo in apparenza e con l'intento di riportare il tutto su un piano più serio.   Le candide gote della dottoressa s'illuminarono d'un vermiglio che pareva velare le non poche efelidi che la bella stagione aveva di certo accentuato.... to be continued.M.(L'uomo dei difetti...)