L'uomo dei difetti

E se quaranta dev'essere: Quaranta sia !


Si, lo so. Avete ragione.    Il 6 Agosto è una data importante. Lo sgancio della bomba atomica "Little boy" su Hiroshima. La fine di un conflitto e nella maniera più drammatica, devastante.   Ma oggi non mi trovo qui per rammentarvi questo. Ho voglia di ricordare una sfaccettatura gioviale e festosa di quel mese e di quel giorno, di molti anni più tardi.    Il 6 Agosto del 1974... Nascevo io! ;-) Eh, già... L'uomo dei difetti sale a quota QUARANTA!Mi fa piacere condividere con voi questo mio "traguardo", con una manciata di ricordi. Forse perché ho bisogno di ricordare. Chi di voi mi conosce meglio e più intimamente, lo sa.    Quando ero in procinto di compiere il mio diciottesimo anno, mia sorella mi disse:   << Massimì ! Ti facciamo una festa grandissima. Una adesso e l'altra quando farai quarant'anni. >>, così ella mi disse, così si usava.Figuriamoci, a me già sembrava "vecchia" lei che ne aveva trentatré. Non ci pensavo proprio alla festa del mio quarantesimo e con ventidue anni di anticipo per di più! Allora, pensai bene di accettare di farmi organizzare la festa del diciottesimo, ma solo per i miei amici. Lei sarebbe voluta venire, ma io... Dissi di no. Volevo solo gli amici, non la famiglia. Portai solo mio nipote anche se era un ragazzino. Ma era maschio, andava bene. E poi era già entrato nell'ottica. Muto, qualsiasi cosa avesse visto. Che poi, alla fine, cosa avrebbe dovuto vedere ? Mah... Certe volte è così facile essere stolti.   Mia sorella ci rimase male perché era una donna dinamica, allegra, estroversa e fin troppo sensibile. Quante volte l'ho veduta piangere per colpa mia. Cose stupide, si. Ma piangeva... Non c'è cosa peggiore del non fare in tempo a domandare perdono per qualcosa; per qualsiasi cosa. Ti dici: "Va be', domani facciamo pace...", e se non ci un fosse un domani ?   Oggi, la mia biondissima unica sorellina è in cielo. A me rimane il non poter festeggiare insieme questo mio compleanno che lei stessa mi raccontò essere importante. A me rimane il non averla fatta venire al mio diciottesimo fuori. A me rimangono un sacco di cose, anche di bellissime, ma... Il potere dei rimorsi è dotto e sa come offuscare il resto. Tutto, il resto.La vita ti cambia. Io sono cambiato.   Vorrei un'altra vita per vivera questa che, solo oggi, ho imparato a vivere.   Mi fa piacere offrirvi un ideale calice di Bellavista, una fetta della mia torta e lasciarvi con qualche mio ricordo, intenso e denso perché pregno... Di me, in stille.   So per certo che Lei mi è accanto, legge il mio cuore e mi vede. Alla memoria di mia sorella Stefania, vorrei questi ricordi fossero dedicati.Buone vacanze, di cuore... 
    Ci fu un tempo che mi vide piccino…Non saprei come parafrasarlo. Tuttavia, allorquando nostalgico, talora malinconico, mi ritrovo ad abbandonare il corso d’opera a favore della mia infanzia, alla mente, un solo mese, un solo luogo, e al corpo una sola percezione, affiorano.Dicembre, e il freddo, fuori. I miei affetti di fronte al camino, al caldo, dentro.Mia mamma che stende castagne, patate americane, e mentre racconta aneddoti su antenati e Janare che giura essere veri, mi rimprovera di star troppo sotto, troppo vicino al fuoco, e al suo scoppiettio.Mi sembra di sentirla: << Allontanati dal fuoco! … E tu, Stefà!... Stai attento a Massimino! >>, ah be’, le mamme. Che bella invenzione, le mamme. Su questo, poco è davvero cambiato, per lei sono Massimino anche oggi che ho quasi quarant'anni e supero il metro e ottanta.Ed io, puntualmente, come se mai glielo avessi domandato prima: <<Mamma… Cosa sono quei fischi che fa il fuoco ?>>.   << Quelle sono le malelingue, Massimino. >>   << Le malelingue ?... Parlano male di te ? >>   << No. Solo di te. Adesso scaldati, e stai zitto perché devo studiare. >>, intromettendosi tra me e la mamma, mi rispondeva mia sorella che poi intenerita dal mio esserci rimasto male, sorridendo, mi passava la mano tra i capelli, scompigliandoli. E facendomi sentire ancor più piccolo di quanto in realtà io fossi. E mi piaceva. Perché ero un bambino. Perché il mondo e il suo lerciume non m’aveva ancora invaso le froge. Perché l’odore di certi istanti, te lo ritrovi impregnato nei ricordi fino alla fine. Quasi a volerti dire: Questo è ciò che è stato. Questo è ciò che mai tornerai ad avere. Fattelo bastare.E invece, non basta mai. Le cose belle non bastano mai perché durano poco. Troppo poco. A cinque anni, come a quaranta. Sempre.Ho sempre avuto le mani gelate. Sempre. Mani e piedi ghiacciati. La mia sorellina che era più grande di me, ci scherzava:   << Hai le mani ghiacciate perché il sangue ti è finito tutto sulle labbra! >>, e tutti ridevano, e ridevo anch’io. Ma non sapevo il perché. Era bello e basta. Tuttavia, la spensieratezza, le risate, tutto faceva parte del conto. Perché le cose che contano non sono mai in saldo. E la vita, segna tutto. Il pareggio non esiste. Ma esistono le lacrime che copiose, mai paghe, m’avrebbero scortato, inesorabili, lungo gli anni avvenire.Ma questa, è la mia storia.     E allora, di storia, ve ne racconto un’altra. E nonostante le premesse, vi assicuro, non meno fondata della prima. 
  L'arcano Cavaliere e la Fanciulla   Ricordo che un giorno un Vecchio mi raccontò di una terra, di un lago, e di un guscio che galleggiava ad un palmo da una sponda delle sue.   In quel guscio di legno, in quella terra che neanche le mappe sapevano appuntare, viveva una fanciulla...Aveva modi gentili, e benché vivesse sola, ella non era triste. Sapeva di non essere una donna come le altre. Ma questo non le creava motivo di disagio. Trascorreva le giornate coltivando con passione i talenti per i quali era venuta al mondo. Leggeva, al giorno, e scriveva, alla notte. Poesie. Storie. Ricordi del suo essere donna. Desideri...E quando le maglie dei pensieri non la vedevano assorta, era dedita a preparare leccornie, angeliche, e fragranti.Tutto quanto ella toccasse, diveniva florido, rigoglioso e zuccherino.Si racconta che in un pomeriggio invernale, assorbita e fragile, avesse appena ammassato della farina allorquando un’emozione, slacciata, s’abbandonò in stille su quell’impasto che poroso crebbe solenne sotto i suoi occhi. Ne fece del pane. Tanto, pane. L’alba s’affacciò, e solo ad allora ella smise di sfornare il frutto dell’amore. Il solo profumo aleggiò su quelle terre per tre giorni e due notti.   La Fanciulla aveva pretendenti e pretendenti vestiti da cultori...Di tanto in tanto, leggiadra, aveva voglia di donare un sorriso alla gente del lago che sulla terra ferma, rispettosi, mantenendosi a distanza le facevano visita per cogliere il solo riflesso di quella bellezza, e offrire il proprio dono. L'unica possibilità per essere ricordati, forse...   E poi c'era un Cavaliere, solitario, misterioso...Viveva in una terra lontana... Lontana dalla Fanciulla, dai cultori, dai pretendenti, e dai cultori e pretendenti... Non era più ricco, più alto, più bello, più intelligente degli altri, e non vestiva neanche d’azzurro…Ma egli aveva un (S)ogno, e un cuore che se solo la fanciulla l’avesse saputo, voluto, potuto leggere...E tutte le mattine s'alzava dal suo giaciglio di piume vestito di solo quello.    I suoi non erano piani, ma disegni.La sua anima, pura, era la tela. Il suo cuore, il carboncino. Avrebbe voluto adorare quella figura leggiadra che una sola volta gli era stato fatto dono scorgere mentre lasciava abbeverare il cavallo a pochi metri da quel rifugio in legno, fluttuante. E dagli sguardi circospetti, bassi e irretiti degli uomini in bivacco. Mai alcuno, forestiero, nostrano, aveva osato avvicinarsi così tanto a quella creatura che di terreno aveva ben poco.   "Insolente...", pensò la fanciulla mentre osservava la scena affacciata dall'unica finestra. Col gomito urtò un barattolo di vetro, ma non se ne curò. Gli occhi erano ormai perduti, altrove.   << Non andartene, trova la chiave, tu puoi, tu... >>, questo, invece, disse tra sé e sé, mentre le iridi, pervinche, lo seguivano sellare il destriero, e risalendo la sponda, allontanarsi. E poi svanire, come un sogno quando ti ritrovi d'incanto a fissare il soffitto, a palpebre dischiuse, nel cuore della notte. Come quando pensi che forse, tutto quello che hai vissuto, presagito, non sia mai esistito. Si, forse è andata proprio così.   Eppure, quel barattolo di miele era ancora per terra, e rovesciato, profumava...M.(L'uomo dei difetti...)