L'uomo dei difetti

L'uomo alto vestito di nero (nuova scena) - PARTE I


Ho piacere di pubblicare un altro stralcio del mio noir in fase embrionale. Si tratta della scena immediatamente successiva a quella che vede l'uomo alto vestito di nero aleggiare alla stazione Centrale di Milano.Per non perdere il filo mi auguro vogliate ri-leggere la "vecchia" scena e poi proseguire con questa nuova (spezzata in due POST successivi, a causa delle limitazioni imposte da Libero sulla lunghezza dei singoli contenuti). Mi auguro altresì il mio stile narrativo sia di vostro gradimento e le mie idee poste in essere, in qualche modo, vi intrighino.   CLICCA QUI PER LEGGERE LO STRALCIO PROPEDEUTICO"L'arrivo a Milano de L'uomo alto vestito di nero"  
  Una Fiat Multipla bianca adibita a taxi accosta dove non potrebbe in piazza Duca d’Aosta. Il cliente che attendeva sale a bordo insieme al suo bagaglio; una ventiquattrore e un borsone sportivo, neri entrambi.   La vettura prese a riaccomodarsi nel flusso indolente di studenti, pendolari e impiegati del lunedì in perenne ritardo e i clacson nervosi dei veicoli al seguito tornavano ad acquietarsi.   << Buongiorno! Immagino sia appena arrivato col treno, dove si va ? >>, domandò il tassista buttando un’occhiata allo specchietto, fulminea, come fosse un gesto che ormai gli apparteneva spontaneo come un riflesso; come un tic, come un guardare, ma senza vedere.   << Se lei dovesse ammazzare qualcuno, dove lo porterebbe ? >> L’uomo alla guida, stizzito, piantò senza cura il piede sul pedale centrale, e così fecero quelli che s’avvicendavano dietro i suoi fari. Poi, all’udito come un botto. Una baraonda proveniva da dietro le loro spalle e il muso di una vecchia Y10 rossa, come una supposta, si scorgeva introdotto nel posteriore di un altrettanto arrugginito Ducato bianco. Le mani del tassista adesso afferravano il volante alle nove e un quarto, le braccia erano tese come corde in tiro e la schiena diritta, schiacciata contro il sedile. Gli occhi fissi allo specchietto. Il volto riflesso non lasciava trapelare emozioni. Lo sguardo era reso impenetrabile da lenti nere alloggiate su montatura in acetato; il resto dell’immagine immobile sullo specchio era occupata dalla chioma, bionda, fin troppo abbondante, e dal colletto della camicia nera, aperta. Così rimasero per lunghi, interminabili trenta secondi.    Il passeggero fece scorrere i Calvin Klein sul naso quel tanto che bastasse per fissare la fronte madida del tassista ed esplose in una risata che all’uomo davanti parve non artefatta.   << Come si chiama ? >>, domandò l’uomo biondo vestito di nero.L’autista tentennò, poi disse: << Silvano. >>   << Bene, signor Silvano. Mi chiamo Ermino Longino. Sono uno sceneggiatore di Cinecittà. Sa, da noi… A Roma… Abbiamo la necessità di ambientare lontano dalla capitale una scena ad alta tensione drammatica per una fiction che gireremo in primavera e abbiamo scelto Milano. >>Con l’ingordigia d’ossigeno di chi ha vissuto gli ultimi istanti in apnea, il tassista riprese a respirare.Visibilmente sollevato, innestò la marcia e alacre liberò l’ingorgo da egli stesso cagionato.   << Mi stava per venire un colpo! >>, esordì l’uomo con un occhio alla strada e uno allo specchietto retrovisore.  ...CONTINUA NEL "post" sottostante... (PARTE II)