Creato da Vasilissaskunk il 16/06/2008

ALIVE IN THE NIGHT

(foto di viaggioMIE)

 

 

« LIbertàemotionale Transhumanz »

La libertà è una forma di disciplina ....

Post n°347 pubblicato il 14 Settembre 2021 da Vasilissaskunk

... mai come ora rimbomba nella mente questa canzone  ascoltata in giovane età ...diciamo pure che nel tempo della deliranza tutto andrà come deve andare ... ma sicuramente non saremo (chi? ) tutti migliori ... saremo quel che saremo ... a prescindere dal fatto che io in questo social contesto,  tanto bene non ci sono mai stata ... forse per scelta, talvolta per casuale e causale inerzia qui sono arrivata ... 

Diceva sempre Lindo che si valeva piu' di un posto fisso o di un aumento che non avrai ... forse mai ... mio dio cosa siamo ...sono diventata un soprammobile social... da generazione povera contadina e guerrigliera ... a appariscente  asburgica schiava salariata ... in stasi impiegata ed impiagata ...

Diciamo poi che ho sempre affermato che sono tutta la mia solitudine e questo non è poi cosi malaccio ...anzi piu' mi tendo verso di essa e meglio sto ... l'ho capito bene quest'estate nelle lunghe camminate sopra i colli della mia adorata valle... colli che toccano  i 3000 metri quando in appenino a quota 700 mt si è gia su un monte ... da qui la relatività --- dicevamo l'ho capito soprattutto quella volta che dopo tre ore di salita pensavo di essere arrivata allo "svalico" del mount Fourten ed invece no! 

C'era un passo più insidioso e franoso esposto sul precipizio...ora, vuoi le vertigini vuoi la stanchezza le mie gambe così forti in salita hanno cominciato a tremare forte e non tenermi piu' su ... avevo paura di non farcela ...di scivolare giu' ... ma non emotivamente come prima di partire ...era una cosa fisica la consapevolezza che con uno solo passo falso sarei finita nel vuoto e poi sfracassata sulle rocce ... ora non voglio certo drammatizzare, erano in fondo solo 50 metri che ho fatto strisciando e ripentendomi : " non guardare giu' ...ok dai ce la fai " ... era una paura viva e vitale ... non come le paranoie che si insidiano nella testa nel fantozziano ripertersi quotidiano... era paura di sentire male prima di morire sfracassata sulle pietre ... un po' come quando nuoto nel mio "lago" e penso che potrei sprofondarvi ... per sempre ... non sarebbe poi un brutto posto dove morire ... questo l'ho pensato ... mi spiacerebbe solo lasciare i miei figli che non sono ancora molto grandi ...ecco questo si ...

Ho avuto un nonno che ha combattutto negli arditi ed è sopravvissuto e NON POSSO E NON VOGLIO AVERE PAURA ... come si dice male non fare paura non avere ... dalla dificoltà puo' nascere l'opportunità ...

la civiltà MI ALLERGICA come dice sempre il "mio" Lindo , 

 

Comunque ...alla fine non sono caduta nel precipizio come dedurrete e lo spettacolo che ho avuto di fronte agli occhi mi ha riempito il cuore .., penso fosse l'immagine di un paradiso, uno dei tanti dove tutto era immobile eppure in movimento ... il silezio rotto dall'urlo dell'aquila o da un volo improvviso di piccoli uccellini... ho pensato perchè non potessi rimanere li per sempre nel decorrere delle stagioni .... era reale ...così come è reale quanto io ora mi rompa i miei CIGLIONI ...

è tutta transizione in transumanza 

ma di questo parleremo poi ,,,, 

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ICH BIN EIN GOTTESANBETERIN

Piccole storie e riflessioni ed immagini bucoliche di viaggi di una piccola impiegatina aSburgica che all'occorenza puo anche diventare  ...

 

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(CXX DEL CANZONIERE CINIANO)

Signor, e’ non passò mai peregrino,
o ver d’altra manera viandante,
cogli occhi sì dolenti per cammino,
né così greve di pene cotante,
com’i’ passa’ per lo mont’Appennino,
ove pianger mi fece il bel sembiante,
le trecce biond’e ’l dolce sguardo fino
ch’Amor con l’una man mi pone avante;
e coll’altra nella [mia] mente pinge,
a simil di piacer sì bella foggia,
che l’anima guardando se n’estinge.
Questa dagli occhi mie’ men’ una pioggia,
che ’l valor tutto di mia vita stringe,
s’i’ non ritorno da la nostra loggia.

 

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CANZONIERE DI CINO DA PISTOIA

(CXII canto)
Oimè, lasso, quelle trezze bionde
da le quai riluciéno
d’aureo color li poggi d’ogni intorno;
oimè, la bella ciera e le dolci onde,
che nel cor mi fediéno,
di quei begli occhi, al ben segnato giorno;
oimè, ’l fresco ed adorno
e rilucente viso,
oimè, lo dolce riso
per lo qual si vedea la bianca neve
fra le rose vermiglie d’ogni tempo;
oimè, senza meve,
Morte, perché togliesti sì per tempo?
Oimè, caro diporto e bel contegno,
oimè, dolce accoglienza
ed accorto intelletto e cor pensato;
oimè, bell’umìle e bel disdegno,
che mi crescea la intenza
d’odiar lo vile ed amar l’alto stato;
oimè lo disio nato
de sì bell’abondanza,
oimè la speranza
ch’ogn’altra mi facea vedere a dietro
e lieve mi rendea d’amor lo peso,
spezzat’hai come vetro,
Morte, che vivo m’hai morto ed impeso.
Oimè, donna d’ogni vertù donna,
dea per cui d’ogni dea,
sì come volse Amor, feci rifiuto;
oimè, di che pietra qual colonna
in tutto il mondo avea
che fosse degna in aire farti aiuto?
E tu, vasel compiuto
di ben sopra natura,
per volta di ventura
condutta fosti suso gli aspri monti,
dove t’ha chiusa, oimè, fra duri sassi
la Morte, che due fonti
fatt’ha di lagrimar gli occhi miei lassi.
Oimè, Morte, fin che non ti scolpa
di me, almen per li tristi occhi miei,
se tua man non mi colpa,
finir non deggio di chiamar omei.

 

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