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Post n°12 pubblicato il 21 Ottobre 2014 da vittoriozacchino
MEA CULPA PER LECCE NON CAPITALE EUROPEA 2019, E COMUNQUE UN AMORE DI CITTA’.
Tanti anni fa un amico ed io conducemmo i nostri due bambini a vedere uno spettacolo al circo equestre, tra clown ed animali esotici; ad un certo momento, come capita, fu sorteggiato un grosso pelouche. Il figlioletto del mio amico fin da subito aveva creduto che il pupazzo sarebbe stato suo. Ma quando lo vide tra le braccine di un altro, proruppe in un pianto dirotto, inconsolabile. L’aneddoto si presta perfettamente a fotografare la delusione cocente di Lecce al momento della proclamazione di Matera a Capitale della Cultura 2019. Tutti o quasi erano convinti di essere i migliori, donde la disperazione e le lacrime di quanti avevano fortemente creduto nella vittoria. Dimenticandosi degli altri concorrenti e sottovalutandone le capacità. Eppure si sarebbe dovuto tenere a mente, fin dall’inizio della partita, il valore dei contendenti, città di appeal mondiale, scrigni di bellezza sempre esibita e riconosciuta, da Siena a Ravenna, all’accoppiata formidabile Assisi-Perugia, a Cagliari, alla vittoriosa Matera. Magari avesse vinto qualcun altra, ma non l’outsider sassosa Matera, il modestissimo paesotto appendice politica e geografica di Lecce provincia, fino al ‘600, la delusione e la rabbia sarebbero state contenute, deglutite con fair play ,non già innaffiate da inconsolabile pianto. Ma guarda tu con chi ho giocato, … e perso! L’assoluta fiducia in sé stessi gioca spesso dei brutti scherzi, per il vizio congenito di innalzare sé stessi e deprimere gli altri. E meno male che si sia avuto il buon gusto di scansare il ridicolo, di cui si veste un eurodeputato di Siena che ha presentato interpellanza al parlamento, sospettando aggiustamenti a Bruxelles da parte del collega lucano Gianni Pittella. L’impressione è che abbiano nuociuto a Lecce i modi e mezzi eccessivamente rumorosi e ultramoderni di proporsi agli esaminatori, la voglia “provinciale” di mostrarsi diversa da quella che solitamente è, la Lecce di tutti i giorni che abbaglia e stordisce senza passare dallo specialista del truccao, che non si mette in ghingheri per l’appuntamento, quella del quotidiano in cui ci si muove spontaneamente, e non per copione. Come ha osservato l’amico Montonato su “La Gazzetta del Mezzogiorno” di domenica 12 Ottobre, “la Lecce che merita(va) la nomination non è quella dell’eutopia e di tutti i derivati linguistici di questa parola, né la Lecce disanimata, ma la Lecce normale, la Lecce di sempre, quella che non si mette il vestito della festa”, perché ce lo ha sempre indosso e non se lo toglie mai.” E ancora:”La Lecce che merita maggior rispetto è la Lecce che produce, a prescindere da qualsiasi scadenza, tanta bella arte nelle più varie espressioni,(…)La Lecce che sa organizzare il suo futuro senza tradire il suo passato; la Lecce che sa riempire di contenuti le parole, che usa le parole per significare i contenuti.”. Beninteso il contrario di una Lecce sfrenata e caciarona, travestita ,e, quindi, inautentica. Certo non quella assimilabile ad un contenitore di tipo militare, lucidato e messo a nuovo per l’occasionale visita di un Generale, che, a visita eseguita, torna ad essere il luogo disordinato .del giorno prima. Con tutto il rispetto per chi ci si è speso fortemente, la Lecce esibita non è stata quella sorniona e sorridente di sempre, la Lecce “gentile” corteggiata dal senese Cesare Brandi, o quella adulata dal napoletano Michele Paone, bensì una Lecce alquanto “scenografica”, pretenziosa e ammiccante, forse “ostaggio di sé stessa”, che si sforza di vincere la noia e la malinconia, ma non riesce a mascherare il suo male segreto, l’ossessione di apparire e attirare, che, invece, la orienta piuttosto verso la sconfitta. E diciamola con estrema franchezza, l’insistere su un modello che punti a trasformare Lecce e il Salento in affollatissima vippetaria di vocianti e danarosi turisti, per la gioia luciferina di rapaci commercianti, e sacrificargli la bellezza del suo paesaggio, è semplicemente demenziale, e non convince. Perché la perennità del suo fascino è l’amabilità discreta che fa di essa UN AMORE DI CITTA’. La sua bodiniana “ aria d’oro / mite e senza fretta (…) / il seme della noia”. Ma la sconfitta insegna che si può e si deve rimediare, con passione e tenacia, portando avanti un’ idea di sé, l’immagine che ci sta più a cuore, da promuovere e difendere.
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Post n°11 pubblicato il 18 Ottobre 2014 da vittoriozacchino
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Post n°10 pubblicato il 17 Ottobre 2014 da vittoriozacchino
PROVINCE ATTO SECONDO
Lo stupore non finisce mai: mentre il Paese boccheggia e fa registrare una regressione a 15 anni fa, gli eletti, o rieletti, alla Provincia, festeggiano con euforia disgustosa lo scampato pericolo di ritrovarsi nullafacenti, in una massa di nullafacenti forzati. O litigano, fino a sbranarsi, per il disimpegno di qualche compartitante, si insultano, si spaccano. Di cosa si occuperanno ancora non lo sa nessuno. Né sanno se potranno disporre di risorse. L’importante, pensano, è che si potrà ancora apparire in tv,partecipare a idiote passerelle, e ad ameni bla bla. Per cianciare,ad esempio, di modernità ,in un contesto di “pluralità di attori”, di incompetenti cialtroni che inneggiano alla opportuna riforma, orgogliosi di poter affidare il proprio culo ad una poltrona o divano Natuzzi. Di mollare non se ne parla, e neanche di passi indietro. Che diamine quel perfido Cottarelli! Invece di far riposare il cervello , a che ti va a pensare? Ad assurde ,maledette ipotesi di tagli (termine sempre impopolare e indigesto) come quella proposta di ridurre i comuni italiani che ammontano alla bella cifra di 8000. Dovrebbero ricoverarlo il Cottarelli e sottoporlo a terapie che gli annacquino il cervello, fino a portarlo all’ammasso! Intanto campa cavallo. Poi si vedrà. Perché se il premier si stufa, e va alle elezioni, le poltrone e / o divani barcolleranno e saranno…cazzi amari per tutti. |
Post n°9 pubblicato il 14 Ottobre 2014 da vittoriozacchino
Vi regalo i bellissimi versi di Cosimo Corvaglia, fine poeta di Casarano che in questa poesia dal titolo VESPRO PAESANO fotografa l'uggia del vivere antico e fermo dei nostri paesi, i nostri sentimenti di noia grigia, il lento scivolare delle ore che preludono al congedo. Tutto uno struggimento, di vago sapore palazzeschiano, una dolce corrosione, un disfacimento leopardiano, di pace. UGUALE UGUALE UGUALE UGUALE UGUALE TORNA LO ZOCCOLIO DEI CARRETTIERI. UGUALE UGUALE TUTTO COME IERI: PASSA UN UOMO COL FASCIO DI SARMENTI, CHE ODORA DI TERRICCIO E DI TRINCIATO, UNA RAGAZZA BRUNA BATTE AI VETRI AL SUONO RAUCO E LENTO DEL MERCIAIO, POI CON L'AGO APPUNTATO SOPRA IL PETTO ESCE E PARLA DI TRINE E DI MERLETTO, DEL GIORNO DELLE NOZZE E DEL CORREDO; C'E' UN VECCHIO CHE MORDICCHIA LA SUA PIPA RANTOLANDO DEL TEMPO E DELLA GUERRA ALL'OSTE RUBICONDO CHE SBADIGLIA CAVALCANDO UNA SEDIA SGANGHERATA; SULLA SOGLIA UN BAMBINO SUCCHIA L'UVA, MENTRE UNA DONNA VENDE AL FORESTIERO CAPELLI DI FAMIGLIA E MORCHIA D'OLIO PER SEI MOLLETTE E UN PIATTO COLORATO; PALLIDO E NERO IL PRETE E' SUL SAGRATO. DORME IL PAESE NEL VESPRO AUTUNNALE ASSORTO NEL TORPORE UGUALE,UGUALE CHE TRASFIGURA VOLTI SUONI E COSE SOSPESI IN UNA FISSITA' IRREALE. E CRISANTEMI SEMBRANO LE ROSE SUL BALCONE, CIPRESSO IL CAMPANILE ; ED IL PASSATO IL PRESENTE IL FUTURO VEDO NELL'UOMO CHE ARRIVA CANTANDO E INCOLLA IL MORTO DI GIORNATA AL MURO. |
Post n°8 pubblicato il 13 Ottobre 2014 da vittoriozacchino
La provincia di Lecce resta nelle mani del dottor Gabellone del Centrodestra. Grazie soprattutto a Raffaele Fitto che coagula intorno a sé la grande base salentina, di radici sostanzialmente "monarchiche" dopo il duro dissenso dal Cavaliere. Questa elezione, secondo la riforma Del Rio, mostra un restringimento della Democrazia, e al contempo un debordare sempre più ampio del leaderismo populistico che proviene da Roma e si impossessa delle amministrazioni comunali. Rispetto a 200 anni fa, quando il regime napoleonico istituì le province (1807), appoggiandosi ai notabili detentori di ricchezza, la governace sembra passare ad una accolta raccogliticcia di piccoli professionisti della politica, non tanto preparati e capaci. E speriamo non rapaci. Tanto più che le risorse sono quasi azzerate. Si ripropone Tocqueville e il matra che 11 non alfa betizzati contano più di 10 filosofi. Con buona pace del popolo lasciato a casa a trastullarsi col le telenovele. Comunque sia, AUGURI DI BUON LAVORO AL PRESIDENTE ELETTO. |
Inviato da: cettyramondino
il 20/11/2014 alle 15:29