Le mie montagne

Valtellina: il costume tradizionale grosino


Ogni paese, soprattutto nelle località dove le vecchie tradizioni sono ancora vive e si perpetuano da una generazione all’altra, e non solo ad uso e consumo dei turistimuniti di macchine fotografiche o fotocamera, annovera spesso tra queste anche i “costumi tipici”.    Sono soprattutto le località alpine e prealpine quelle che amano ancora queste antiche consuetudini, in particolare nelle zone altoatesine, ma anche in alcune realtà valtellinesi, come ad esempio a Grosio, paese di circa seimila abitanti nella media valle, a metà strada tra Tirano e Bormio, in Valtellina.La maggior parte dei Grosini, sia quelli più anziani che i giovani, sono molto legati alle loro tradizioni, tra cui c’è appunto il costume femminile, indossato in modo spontaneo dalle persone anziane fino a pochi anni or sono. Attualmente non si perde occasione per sfoggiarlo con orgoglio durante processioni, cerimonie religiose o civili, feste folcloristiche. Il costume tradizionale viene conservato gelosamente in un baule assieme agli accessori: bottoni, spilloni, nastri, fazzoletti e cappelli, a volte le alle scarpe. Un tempo le donne avevano nel loro guardaroba 4 abiti: quello da lavoro, quello da festa, quello da sposa, caratterizzati da colori sgargianti rosso, giallo e blu e quello da lutto, con tonalità scure. 
Nel costume maschile, meno usato, spiccano il colore rosso del gilét su pantaloni neri e il verde delle “balle”, ossia dei lacci a pon pon, mentre la fascia veneziana dà all'abito un tocco pittoresco. La tradizione è d’epoca cinquecentesca, quando diverso grosini si recarono a lavorare nei cantieri della Serenissima e ne tornaroro con qualcosa in più, in termini di usi e costumi, oltre che di bellissime schiave, si dice arabe e armene, con la quale avrebbero ripopolato il paese. Fatto sta che a Grosio si cominciarono a vedere ricchi costumi di buon tessuto, orecchini ed ornamenti raffinati, sete preziose e filigranate; abiti che via via si sono trasformati fino all’800, quando assunse l’aspetto che attualmente viene sfoggiato ormai solo nel corso degli eventi folkloristici. Il costume femminile da festa comprende una lunga ed ampia gonna nera fittamente pieghettata, con il busto allacciato da un fettuccia nera ed un sottile fiocco rosso, la quale copre la sottoveste bianca, orlata di pizzi; sopra alla gonna c’è un lungo grembiule di seta, che cambia colore a seconda delle occasioni di festa, matrimonio, funerali o battesimi. La parte superiore comprende un giubbotto di raso damascato dalle maniche rigonfie, con velluto nero alle maniche ed al collo con bottoni di filigrana d’oro o d’argento; fa parte del costume anche la cosidetta “pezza del stomec” un vellutato panno rosso di forma triangolare allacciato all’altezza della gonna che serve per sostenere il seno; le spalle sono coperte da un ampio scialle di seta ricamato con lunghe frange. In testa uno strano cappello di feltro nero a falda tondeggiante, con una piuma di struzzo ed un fiocco nero, mentre le gambe sono coperte da calze di lana rossa; le orecchie sono spesso impreziosite da bellissimi orecchini filigranati, così come il collo, attorno al quale vi sono alcuni giri di granati e l'immancabile crocifisso.Quello da lavoro è molto più semplice, e comprende una gonna di panno o fustagno, con una camicia bianca a maniche rimboccate senza colletto ed un grembiule di cotone; ad ingentilire la figura un foulard colorato e una modesta “pezza del stomec”. In testa, al posto del cappello della festa, un fazzoletto ed ai piedi gli zoccoli di legno chiodati dalla punta aguzza e ricurva, a ricordare le calzature indossate in oriente, forse una memoria delle origini.