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Post N° 29


LE LACRIME DEI PESCI  
Una ricerca pubblicata su Proceeding of Royal Society e condotta da ricercatori Irlandesi ha sfatato la comune credenza che i pesci non provassero dolore solo perché non lo mostravano…o meglio non lo mostravano come siamo abituati a comunicarlo (e dunque a capirlo) noi… tramite il suono.
26 maggio 2003 - Mi ricordo di una storia che da bambina lessi in un libro, mi sembra, di favole. In questa favola un bambino chiedeva al papà: “Papà, ma i pesci soffrono?” e il papà rispondeva “certo che si!”e allora il bambino sensibile e curioso insisteva dicendo “ma perché allora non piangono?” e il papà con pazienza ed amore aggiungeva “Certo che piangono…piangono ogni volta che un uomo li cattura con l’amo, piangono ogni volta che rimangono impigliati in una rete e capiscono che la vita sfugge, piangono quando l’uomo li chiude in vasche troppo strette dove non riescono neanche a nuotare…piangono, certo, ma tu non vedi le loro lacrime perché si sciolgono nell’acqua”.Questa storia mi è sempre rimasta nel cuore e da grande ho cercato più volte nel corso dei miei studi, una spiegazione “scientifica” alle lacrime dei pesci e finalmente è arrivata…Una ricerca pubblicata su Proceeding of Royal Society e condotta da ricercatori Irlandesi ha sfatato la comune credenza che i pesci non provassero dolore solo perché non lo mostravano…o meglio non lo mostravano come siamo abituati a comunicarlo (e dunque a capirlo) noi…tramite il suono.In un mondo silenzioso come l’acqua, dove ogni suono è ovattato, ogni grido rimarrebbe inascoltato. La prova è semplice: avete mai provato ad urlare sott’acqua? Se avete provato saprete bene che è il vostro grido è assolutamente “silenzioso” non percepito da nessun vicino..dunque perché i pesci per esprimere dolore dovrebbero gridare? Quale forza evolutiva dovrebbe spingere un animale a fare qualche cosa di così inutile? Ma il fatto che non gridino non significa che non soffrano.Per farla breve, la ricerca di cui parlavo, si è servita di micro-iniezioni di veleno di api e acido acetico iniettate nelle labbra di alcune sfortunate trote. I pesci così trattati, hanno mostrato un comportamento anomalo, hanno cominciato a muoversi con un dondolio, proprio come fanno i mammiferi più evoluti sotto stress.Come se non bastasse queste trote hanno cominciato a strofinare le labbra contro le pareti della vasca ed hanno rifiutato il cibo per diverse ore.I pesci piangono eccome!
Se i pesci piangono…pensate a tutte le sofferenze che infliggiamo loro…pensate al terrore che deve provare un pesce all’amo, privo di decidere del suo nuoto, costretto a seguire una forza oscura che lo tira in una direzione per lui assolutamente non naturale. Infatti per il pesce, come per qualsiasi animale, viene spontanea la fuga in direzione opposta al dolore, in direzione opposta alla lenza. Pensate ai minuti che ci vogliono ad un pesce per morire di asfissia, sbattuto sul pontile di un peschereccio o in bella mostra…boccheggiante nella vetrina di una pescheria…passano decine di minuti in cui l’aria ti manca come se avessi un fazzoletto sulla bocca che lascia passare poca aria…troppo poca. Prima o poi muoiono, e la loro sofferenza finisce. Per certi pesci, meno fortunati, l’agonia è più lunga. Sono i pesci che devono arrivare ai mercati…ovviamente più freschi arrivano, meglio è! E così vengono tenuti sotto ghiaccio ritardandone la morte, prolungando la loro asfissia per decine di minuti.Le ore che dividono un pesce dalla sua morte sono ore di agonia, in un ambiente che non è il loro, con una sola grande colpa…di non saper urlare!Non dico che bisognerebbe diventare tutti vegetariani, anche se questo sicuramente eliminerebbe gran parte delle loro dolore, ma almeno limitare il più possibile le sofferenze degli animali “condannati”. Gli animali che “devono” morire…almeno che abbiano una morte veloce e priva, per quanto lo possa essere la morte, di sofferenze psicologiche…penso che almeno questo sia loro dovuto. Da "Il Messaggero" del 02/10/03 Quanti ricordi nella testa dei pesci rossidiChiara Puri PuriniI PESCI rossi non sono affatto stupidi, come ritiene l'immaginario collettivo. Anzi, sono intelligenti quanto molti altri animali, tanto da essere persino in grado di riconoscere quando sia ora di cena. A spezzare una lancia a favore degli animali da acquario, considerati generalmente non molto di compagnia, è un gruppo di ricercatori dell'Università di Plymouth, nel Sud Ovest dell'Inghilterra. Gli studiosi, guidati dal professor Phil Gee, hanno scoperto che i pesci hanno un cervello molto simile a quello di un piccolo mammifero o di un uccello. Come loro, sono consapevoli del passare delle ore, e la loro memoria non è affatto limitata alle cose accadute negli ultimi tre secondi, ma può arrivare a registrare eventi di tre mesi prima.Per settimane, Gee e il suo team hanno addestrato i pesci a mangiare ad una precisa ora del giorno. «Gli abbiamo insegnato a spingere una leva nel loro acquario per procurarsi il cibo», ha spiegato il professore. «Poi abbiamo cominciato a distribuire il mangime solo a determinati orari, e i pesci si sono resi conto che se si avvicinavano alla leva intorno a quell'ora potevano mangiare: quando il dosatore smetteva di erogare cibo, si allontanavano», ha raccontato Gee.Non è la prima volta che gli scienziati rivalutano gli inquilini di vasche ed acquari. Sei mesi fa una ricerca del Roslin Institute di Edimburgo aveva evidenziato che i pesci patiscono lo stress e il dolore proprio come gli esseri umani: davanti a situazioni anomale nuotano in modo irregolare, cambiano comportamento e perdono l'appetito. 
 Guerra al mare 10 miliardi di animali pescati ogni anno in Italia. 6 milioni di quintali di pesce importati dall'estero. Crostacei, aragoste, balene, delfini, tonni, pesci di ogni tipo e misura trasportati vivi, surgelati o inscatolati in tutto il mondo: questa è l'industria della Pesca. "Flotte da pesca" Ogni paese che si affaccia sul mare trae gran parte della propria ricchezza dal mare, ma oggi con mezzi sempre più sofisticati e pericolosi. La pesca intensiva usa sistemi distruttivi di varie specie animali: ad es. in Giappone le enormi reti pescano oltre ai pesci, milioni di uccelli e animali marini. La "flotta italiana" Nel nostro paese nel Mar Ligure e nel Mar Tirreno la reti pelagiche lunghe decine di chilometri e alte circa 30-40 metri colpiscono, oltre ai pescispada, anche delfini, tartarughe, capidogli e persino balene (che vengono trovati mutilati delle pinne e della coda), nonché esemplari giovani di molte altre specie ittiche, nonostante le proteste di ambientalisti e animalisti.In Sicilia persiste la tradizionale e sanguinaria mattanza dei tonni che vengono uccisi in un angusto spazio d'acqua.La sofferenza e l'atroce morte dei mammiferi marini e dei pesci di grossa mole non ci deve far dimenticare la stupida e crudele pesca sportiva e tutte le agonie dei pesci presi all'amo o con le reti per scopi commerciali o ludici. Anche i pesci soffrono, il modo migliore per evitare l'agonia è la surgelazione subito dopo la pesca. Acquacoltura L'acquacoltura tende a fare della pesca ciò che si fa con i vitelli: un allevamento programmato di merce viva da cui trarre il massimo del profitto, stimolandone l'aumento di peso e la proliferazione.  Dal sito della L.I.D.A.   Links:http://www.nofishing.nethttp://www.fishinghurts.comhttp://www.saicosamangi.infoLeggi l’articolo “Escludere il pesce dalla dieta” nella sezionesul Vegetarismo