D i n d i n e l l a

Il bucato alla masseria


Mia madre viveva in campagna, in una di quelle masserie del Tavoliere dove il grano correva a perdita d’occhio e qua e là numerosi cespugli interrompevano la distesa del giallo e ospitavano cicale, grilli e uccelli canterini. La masseria era grande e la gente che l’abitava numerosa. Il papà, il nonno e gli zii, dall’alba al tramonto lavoravano nei campi, le donne accudivano gli animali e badavano alle faccende domestiche. Mia madre e gli altri ragazzini: le sorelle, i fratelli e i cugini aiutavano come potevano durante il tempo libero dalla scuola e, in estate si divertivano a giocare nell’aia. I maschietti più grandi andavano a pescare e a fare il bagno nel torrente al confine della proprietà. Due attività impegnative delle donne di casa mettevano in fermento anche i bambini: la produzione del pane e il bucato. Erano lavori lunghi e faticosi perciò si facevano a settimane alterne. La lavorazione del pane era piacevole soprattutto in inverno: il calore del forno a legna riscaldava il cuore di tutti e l’odore del pane fragrante, delle focacce, dei biscotti e della teglia di coniglio e patate si spandeva per tutta la masseria e faceva venire l’acquolina in bocca anche agli operai più lontani. Ma in primavera e in estate festa grande, soprattutto per i più piccoli era il bucato. Richiedeva un giorno intero e le donne di casa si mettevano al lavoro a notte fonda. Sistemavano i panni a strati in una grossa conca di zinco che aveva un foro sul fondo per fare uscire l’acqua. Sulla pila dei panni mettevano un telo e vi cospargevano sopra della cenere e del sapone di Marsiglia a scaglie. Nel frattempo era pronto un grosso pentolone di acqua bollente che veniva versata nella conca. L’acqua che usciva dal foro era il ranno. Esso veniva raccolto in un secchio, ribollito e versato di nuovo sui panni.  Quando i bambini si alzavano era ora di risciacquare lenzuola, federe, tovaglie. Le massaie mettevano i panni in grosse ceste e tutti, grandi e piccoli, in comitiva andavano al torrente. I panni puliti si mettevano ad asciugare stesi al sole sui prati e sui cespugli e quando si ritiravano per piegarli e metterli nelle ceste emanavano un buon profumo. Le ceste del bucato diventavano delle comode portantine per i bambini più piccoli che o dormivano o ridevano a crepapelle per il dondolio e i sobbalzi provocati dai ragazzi più grandi. A casa il bucato veniva conservato nei cassoni tra sacchetti profumati di lavanda.