Verdi di Salso

Il voto a sinistra


Segnalo questa interessante riflessione di Andrea Marsiletti, in cui è citato anche il sottoscritto. Da quando ha computo diciotto anni, il sottoscritto non ha mai sgarrato ed ha sempre votato, anche con acritica “fedeltà alla linea”, prima per il Partito Popolare e poi la Margherita, nelle varie forme in cui essi si sono presentati. L’unico sbandamento che mi sono concesso è stato quello di votare Elvio Ubaldi (e pertanto l’Udc) alle ultime elezioni politiche del 2008. Dico di più, ho sempre giudicato con supponenza coloro che cambiavano partito da un’elezione all’altra, quasi considerandoli persone prive di valori o, peggio, delle banderuole, per non dire dei qualunquisti che si lasciavano abbindolare dalle mode elettorali del momento. Oggi ho modificato questa opinione: scegliere di volta in volta sulla base dei programmi, dei candidati, del contesto politico non lo trovo solo giustificato ma naturale e sinonimo di intelligenza, libertà e maturità politica. Già, perché per chi, come me, che non tanto non riesce a riconoscersi nel Partito Democratico, ma neppure a non provarne disgusto, non ha altra alternativa al voto flessibile, finalizzato a dare un segnale politico, essendo impossibile quello di convinzione, per non parlare di quello di appartenenza. Oggi credo che un partito come il PD lo si possa votare solo per inerzia o per interesse, considerato che un voto consapevole lo si può esprimere su un’idea, su dei valori di riferimento, dei progetti… elementi tutti drammaticamente estranei al contenitore vuoto del Partito Democratico, che è riuscito nel capolavoro di introitare elementi deteriori del berlusconismo integrandoli con il cinismo e il professionismo della politica tipici della tradizione PDS-DS. Ma oltre ad essere vuoto, il PD è anche un partito ipocrita, che ha introdotto nel suo DNA l’inganno delle primarie che vengono strumentalizzate in modo demagogico dalla nomenclatura del partito per dare legittimità e parvenza democratica alle scelte del vertice e mai, ovviamente, per cambiare la classe dirigente. Dicono che occorrono figure nuove, ma poi le primarie per scegliere i candidati in Parlamento non le fanno. Mettono le primarie nello statuto, ma poi fanno di tutto per impedire alle singole sezioni di celebrarle quando queste possono compromettere gli assetti consolidati. Il PD è un partito di ipocriti che raggiunge l’apoteosi dell’ipocrisia quando il suo ex segretario Veltroni, iscritto alla Federazione dei Giovani Comunisti da quando aveva 14 anni, e per decenni deputato del PCI a cui è rimasto iscritto fino al giorno del suo scioglimento… dice di non essere mai stato comunista. Quasi che essere stati comunisti sia un’onta da occultare furbescamente con le parole, dopo averci vissuto sopra come un parassita da quando portava i pantaloncini corti. Se penso a tante battaglie della sinistra, a partire da quelle dei diritti civili, delle tutele sociali, delle condizioni nei luoghi di lavoro, non credo che essere stati comunisti sia da considerarsi una vergogna. E lo dico io che davvero non lo sono mai stato, e che non ho neppure voglia di diventarlo. E tantomeno credo sia un bene per la democrazia che la sinistra cosiddetta radicale sia fuori del Parlamento. Ma non per la sciocchezza secondo la quale, non avendo uno sbocco parlamentare, questa sinistra radicale diventa violenta ed eversiva, ma perché ritengo sia un plus per la democrazia, e non una sua menomazione od intralcio, che la storia passata e le battaglie future della sinistra siano rappresentate nelle Istituzioni e parte del dibattito politico. E penso che sia stato penoso, ancor più nei fini che nel merito, l’accordo di Veltroni con Berlusconi per alzare lo sbarramento alle europee al 4% per tentare di svuotare di nuovo la sinistra ricattando gli elettori con il voto utile a favore del PD per consentirgli surrettiziamente di rimanere ancora a galla. Uno sbarramento che non è giustificato neppure dall’appello alla governabilità del Parlamento Europeo (?!?!), soprattutto se proviene da un partito, il PD, che è diviso su tutto ed incapace di compiere qualsivoglia scelta (il caso Eluana né è solo l’ultima testimonianza), a prescindere dai presunti veti posti dalla sinistra radicale che nulla influiscono su queste strutturali spaccature interne. Orbene, alle prossime europee (se non ci saranno candidature locali, perché in quel caso potrebbe prevalere l’interesse territoriale), per tutti i motivi di cui sopra e perché la scomparsa della sinistra non regali ad altri spazio politico immeritato, in controtendenza con tutti i sondaggi e tutte le convenienze, per la prima volta in vita mia mi concederò la trasgressione di votare a sinistra. E lo faccio non perché non veda tutti i limiti concettuali di certe posizioni anti-storiche e anti-logiche, ma perché ritengo che in queste elezioni europee, in un contesto per me di disperazione politica, riconoscere il diritto di esistenza alla sinistra italiana (come accade in tutti i Paesi europei) sia più utile che accodarsi all’onda lunga berlusconiana o praticare accanimento terapeutico nei confronti del PD. La stima e l’amicizia che mi legano ai referenti locali della sinistra cosiddetta radicale, ovvero ai segretari provinciali dei Verdi Matteo Orlandi e del PDCI Andrea Fellini e alla giovane dirigenza di Rifondazione comunista, da Filippo Carraro e Andrea Davolo ai ragazzi dei Giovani Comunisti, mi sorreggono e mi confermano in questa decisione per me rivoluzionaria.Andrea Marsiletti