Creato da: passandodiquipercaso il 19/03/2006
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Post N° 255

Post n°255 pubblicato il 04 Novembre 2007 da passandodiquipercaso
 

 

So che non leggerai ciò che sto scrivendo e, forse, anche per questo, lo sto scrivendo.
Avrei potuto…innamorarmi di te.
Si, avrei potuto. Bastava poco.
Vi sono sensazioni, emozioni che, a volte, ristagnano dentro per anni senza per nulla perdere la loro autenticità, la loro freschezza, sospese e fluttuanti, salvo, poi, riemergere all’improvviso, nei momenti piu’ imprevisti.
In uno di quei momenti, hai catturato la mia mente. L’hai attirata nei meandri sconosciuti della tua.
Ti sei dipinto come un essere imprevedibile, inaffidabile, inafferrabile, distruttivo. Ti ho spiegato che queste dichiarazioni, e i loro significati, piu’ o meno reconditi, non hanno alcun valore per me.
Il mio fine è nutrire la mente.
Questa tua personalità racchiusa in un’aura di mistero, restìa a mostrare qualsiasi sfaccettatura ma, allo stesso tempo, istintivamente interessata a tutta la mia persona, tesa a voler bere, come da una fonte, ogni minimo mio dettaglio, mi aveva abbagliato come un gioco di sole e specchi.
Poi, all’improvviso, ecco che…la tua ecletticità è riuscita a sorprendermi di nuovo.
Peccato!
Hai mostrato a tutti i miei sensi all’erta, e non solo ai miei, un aspetto mondano e frivolo.
Ebbene si, anche tu mio probabile, problematico, antipatico aspirante idolo, sai essere banale, ordinario, grossolano, stereotipato.
Forse vi è, nell’animo umano, l’urgente necessità di compiacere e compiacersi. Nulla di male o di incomprensibile. Ma, allora mi chiedo: ero io, e solo io, l’eletta depositaria di tanta problematicità? La tua mise è durata quanto un castello di sabbia costruito sulla battigia con un mare in tempesta.
 
Il sottile gioco è finito, risprofondo nella nebbia lattiginosa della mia indifferenza.
 

 
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Post N° 254

Post n°254 pubblicato il 29 Ottobre 2007 da passandodiquipercaso
 

Chissà perchè non riesco a provare neanche un briciolo di nostalgia o di rimpianto  trovandomi davanti a lui.

Quanti mesi, quanti anni sono passati? Due, si due.

No, non mi sento nuda come i suoi occhi vogliono dipingermi. I suoi occhi, l'unico elemento vivo nella sua persona.
E’ vero, abbiamo mischiato i nostri respiri, i nostri gesti, la nostra pelle. Le nostre membra, spossate e paghe, sono rimaste adagiate a lungo mentre i nostri occhi socchiusi inseguivano le ombre che il sole, filtrato dalle persiane, disegnava sul soffitto.
Quando un uomo ti ha avuto, poco interessandogli se ci sia riuscito per noia, per curiosità o per amore, o cosa passasse per la tua mente prima, durante e dopo, mantiene in memoria per sempre il ricordo. Non il ricordo dei gesti, di ciò che ha dato e ricevuto, ma il ricordo della conquista, della presunta profonda conoscenza del tuo essere. Del tuo essere nuda fisicamente, nient’altro di piu’.
Non riesco a rimpiangere quei momenti.
Riesco solo a sorridere ricordando la metodicità dei suoi gesti, come quelli di chi è riuscito a trovare la strada piu’ breve, ben asfaltata e priva di semafori per raggiungere la meta e percorre, giorno dopo giorno, sempre quella.
Ci siamo allontanati in silenzio. Non servivano parole, è bastato un muto bilaterale assenso.
Non servono neanche oggi.
Mi sono sorpresa piu’ d’una volta a pensarmi in una vita accanto a lui. Avrei occupato il mio tempo a dissezionare il cadavere di ciò che insieme eravamo.
 

 
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Post N° 253

Post n°253 pubblicato il 09 Settembre 2007 da passandodiquipercaso

"Siamo i figli di mezzo della storia, senza scopo nè posto. Non abbiamo la grande guerra nè la grande depressione. La nostra grande guerra è spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita."

da "Fight Club"

 
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Le parole

Post n°252 pubblicato il 08 Settembre 2007 da passandodiquipercaso
 
Tag: Poesie


Le parole
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta
di Fabriano, l'inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto;

le parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto,
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto;

le parole
non chiedono di meglio
che l'imbroglio dei tasti
nell'Olivetti portatile,
che il buio dei taschini
del panciotto, che il fondo
del cestino, ridottevi
in pallottole;

le parole
non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambracche e accolte
con furore di plausi
e disonore;

le parole
preferiscono il sonno
nella bottiglia al ludibrio
di essere lette, vendute,
imbalsamate, ibernate;

le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c'è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;

le parole
dopo un'eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire
con chi le ha possedute.


(Eugenio Montale)

 
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Post N° 251

Post n°251 pubblicato il 05 Settembre 2007 da passandodiquipercaso
Foto di passandodiquipercaso

Anche per quest’anno le vacanze sono finite.

Quando si parla di vacanze si vola, con il pensiero,  verso spiagge incontaminate, megadrinks all’ombra di palme gravide di noci di cocco, abbronzature integrali, buone letture. Per me sono qualcosa di diverso, qualcosa di piu’: un tuffo nel passato. 

Anno dopo anno, rivivo sempre piu’ vividi i ricordi della fanciullezza passata in quei luoghi che, all’occhio superficiale ed un po’ egoista del turista, sono  di relax e divertimento e che, per me, rappresentano il modo di vivere, l’atmosfera e uno scorrere diverso del tempo.

Lì, dove sono nata e cresciuta, riesco a riprendere i fili della mia caotica esistenza. Riesco a gustare i sapori di una volta a lungo accantonati ma mai del tutto dimenticati. In quella casa, in quelle stanze oggi piene di ragazzini pestiferi riecheggiano frasi e discorsi persi nella notte dei tempi. Antiche paure di notti insonni passate ad ascoltare il rumore delle onde di un mare in tempesta infrangersi sugli scogli che i racconti della nonna rendevano ancor piu’ terrificanti agli occhi di noi bambini.

Riecheggiano discorsi di adulti, rimproveri e pianti ma anche ritornelli di vecchie canzoni canticchiate da mia madre mentre riordinava la casa. In quei luoghi mi riapproprio del ruolo di madre amorevole che, nei bei tempi passati, divideva equamente il suo tempo ai figli, alla casa, a cucinare piatti prelibati per la famiglia.

Nonostante viva in ambiente diverso per buona parte dell’anno, rimane in me la consapevolezza di appartenere irrimediabilmente e definitivamente a quei luoghi. Lì riesco a ritrovare ciò che sono nel profondo. C’è una canzone di Battiato che nel ritornello recita : “Cerco un centro di gravità permanente che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose, sulla gente….”.

Ecco, il centro di gravità permanente funziona a meraviglia proprio lì, nel luogo dove tutto è cominciato…

 
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